BAGNOLO MELLA

La Tesi di Valentina connessa al tema del maltrattamento

La giovane, premiata tra gli studenti bagnolesi, ha affrontato un tema molto delicato e anche, purtroppo, molto attuale.

La Tesi di Valentina connessa al tema del maltrattamento
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Premiati gli studenti. Tra questi anche Valentina che ha fatto una tesi connessa al tema del maltrattamento.

Valentina e la tesi sul maltrattamento

Ha conseguito una laurea triennale in scienze tecniche psicologiche; si è specializzata in psicologia dello sviluppo e dei processi di tutela all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (specialistica di stampo giuridico che punta a comprendere la persona rispetto le relazioni che instaura nel contesto in cui vive): Valentina Bonatti, la giovane bagnolese premiata ci spiega la sua scelta di sviluppare la tesi sull’Intimate Partner Violence connesso al maltrattamento dell’infanzia.

Il suo percorso

«Il mio percorso si è concentrato su quelle che sono le tematiche giuridico forensi – ci ha spiegato con la luce negli occhi ed un sorriso contagioso - ho avuto la possibilità di partecipare a diverse giornate formative, “esperienze professionalizzanti” al carcere di Milano Bollate». Così seguita dal dott. Paolo Giulini, noto criminologo, ha partecipato a gruppi di trattamento per autori di reati sessuali e al gruppo di prevenzione alle recidive al CIPM di Milano. «Volevamo comprendere le persone che operano delle condotte maltrattanti perché è fondamentale partire anche da questo per contrastare il fenomeno di violenza contro le donne. Nasce da quì il mio interesse nell’ambito penitenziario e la decisione di sviluppare la mia tesi su questo argomento. Il mio punto di partenza è stato comprendere quanto le mamme che hanno subito intimate partner violence, vittime di violenza subita dal proprio partner o ex, erano maggiormente portate successivamente ad attuare nella relazione con i loro figli dei comportamenti o degli agiti maltrattanti, come ad esempio violenza fisica, psicologica, punizioni corporali. Tutti atteggiamenti che vanno ad intaccare la diade madre-figlio». Il risultato? «E’ stata confermata l’intergenerazionalità della violenza. Nell’80 percento dei casi difatti, le donne traumatizzate ripercuotevano i loro traumi anche sulle relazioni mamma-bambino. Il mio intento era capire e trovare le possibili strategie positive per il contrastare la violenza di genere». Come? «Credo che sia importante interrompere il circolo vizioso cogliendo i campanelli d’allarme. Queste donne vanno aiutate a comprendere che la violenza non è solo quella fisica che lascia i segni, l’importanza di affidarsi ai centri antiviolenza presenti sul territorio, che rappresentano un appoggio che le aiuta a non sentirsi sole ed di affrontare un percorso psicoterapeutico con un professionista che sappia accogliere i loro vissuti traumatici e quelli dei loro bambini». Ma esiste un altro lavoro da fare “Quello con i maltrattanti: gli uomini autori di queste violenze intrafamiliare che cercano di andare incontro ad un cambiamento. E’ una parte che secondo me non va dimenticata. Mi è stato chiesto spesso perché queste donne non interrompono la relazione violenta ma rimangono col carnefice. La prima risposta è che molte di loro possono aver vissuto nella loro infanzia una relazione di violenza con il loro padre. E quando da piccoli sentiamo di non valere, di non essere amati dall’altro andiamo a ricercare una relazione che ci dia conferma di questo». Ecco dove si annida la difficoltò di interrompere questo circolo. «L’altra è come se queste donne si sentissero intrappolate in una ragnatela. La relazione è quella che le tiene attaccate al maltrattante. Dichiarare che quella persona che mi dovrebbe volere bene è la stessa che mi fa del male, è molto difficile e complesso perché devo mettere in discussione la mia scelta e la relazione con la persona che in teoria mi dovrebbe proteggere. Se insieme riusciamo a riconoscere i segnali, e abbiamo la forza di chiedere aiuto e nn isolarci sicuramente è un grande passo avanti».

Una passione coltivata fin da piccola

«Mi sono sempre posta molte domande e ho sempre cercato le risposte. Sono molto curiosa” ammette. E lo prova la sua volontà di intraprendere il percorso di criminologia e sicurezza, il Master all’università Nicolò Cusano di Roma in cui ha concluso il percorso con una tesi sulla psicologia giuridica applicata al minore testimone vulnerabile, focalizzata sull’ascolto del minore vittima di abuso sessuale. “Spero che questo sia solo l’inizio». Ora sta facendo il tirocionio al Centro Tiama (Traumi dell'Infanzia e dell'Adolescenza, Maltrattamenti e Abusi) di Milano servizio specialistico di diagnosi e cura rivolto ai minori e agli adulti che presentano una sofferenza post-traumatica.

 

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