Comunità Fraternità: 30 anni di solidarietà a fianco degli ultimi e degli esclusi
Nata nel 1993 come "costola" di Fraternità, la cooperativa gestisce servizi nel settore della salute mentale, delle dipendenze e dei net disorder, dell’azzardo, della fragilità sociale e dell’accoglienza
Quella di Comunità Fraternità è una storia che affonda le radici non solo nel passato, ma soprattutto, nella solidarietà. Nelle braccia aperte che Giovanni Borghetti e Giuseppe Bergamini, due giovani che gravitavano attorno all’oratorio, sposando appieno il messaggio cristiano avevano aperto per gli ultimi, gli esclusi e gli emarginati dando loro un sostegno, una casa, un lavoro e soprattutto, cosa per nulla scontata, una possibilità. Una vocazione all’accoglienza che da 30 anni accompagna l’azione della cooperativa sociale che sabato, in occasione dell’inaugurazione del Festival Rinascimento Culturale con Maria Pia Veladiano, è stata celebrata alla presenza del presidente Alberto Festa e dei soci, del sindaco di Ospitaletto Giovanni Battista Sarnico e del collega di Castegnato Gianluca Cominassi, del parroco don Adriano Bianchi, del vicario del vescovo monsignor Gaetano Fontana e dal prefetto Maria Rosaria Laganà.
Comunità Fraternità: trent'anni di solidarietà
Per raccontare la storia della Comunità, però, si deve andare molto più indietro, nell’epoca del movimento sessantottino, quando nei giovani inizia a germogliare il seme del cambiamento, in una società dove la disabilità era uno stigma, la dipendenza e la diversità motivi per allontanare invece che per aiutare. In questo contesto parte l’azione di Borghetti e Bergamini, che con spirito solidaristico si fanno faro per gli ultimi, gli emarginati e per chiunque si trovava in difficoltà (accogliendoli dapprima nella cascina Bergamini), che nel 1977 è valsa loro il premio Bulloni. Nel 1978, con l’appoggio di don Corrado Fioravanti e di Antonio, fratello di Giuseppe, a Brescia nasce la Fraternità, il primo servizio di accoglienza. «Un piatto di minestra, un letto, un lavoro, così è nato tutto all’inizio», ha raccontato Festa: dall‘impegno di un gruppo di amici che navigavano a vista in un mare non ancora esplorato, o meglio normato «dove le cooperative sociali così come le conosciamo ancora non esistevano: erano cooperative normali, a cui si aggiungeva un addizionale di solidarietà sociale». Poi Fraternità si è strutturata sempre di più a livello di competenze, professionalità, progettualità, rispondendo ai bisogni crescenti della società e dando vita anche a idee pionieristiche fino all’inizio degli anni Novanta, quando dalla sua costola è nata Comunità Fraternità. «La legge 381 ha normato le Cooperative di tipo A (socio-sanitarie, formative e di educazione permanente) o B (per l’inserimento lavorativo), costringendo a fare una scelta: così la comunità è diventata Comunità Fraternità, mentre le attività lavorative sono rimaste in capo a Fraternità».
I progetti e i servizi
Oggi la cooperativa conta 96 soci, di cui 82 dipendenti, e 25 collaboratori che gestiscono servizi sanitari, socio sanitari/assistenziali/culturali/educativi nel settore della salute mentale, delle dipendenze e dei net disorder, dell’azzardo, della fragilità sociale e dell’accoglienza con empatia, umanità e sensibilità all’accoglienza che hanno sempre caratterizzato la mission di Fraternità (una vocazione, come sottolineata dal sindaco Sarnico «intrinseca nel nome stesso di Ospitaletto»), e una precisa strategia: analizzare la realtà per capire i problemi, trovare un modo per risolverli e anche prevenirli, avviando progettualità ad hoc come Spazio Off e Toc Tok, due dei quattro centri diurni della Cooperativa specializzati nelle dipendenze da social network e nella (ri)educazione dei minori che hanno commesso reati, il laboratorio Tecnica 38 (per insegnare competenze e regole in prospettiva dell’inserimento lavorativo) e la microaccoglienza Cas e Sai, fra i tanti attivi. Quanto ai numeri, snocciolati nell’ultimo report, nel 2022 sono state accolte 596 persone, il 36% in più rispetto all’anno precedente e oltre il doppio rispetto al 2017: un sintomo sia della sempre maggiore attenzione ai disagio e alle necessità delle persone «che la nostra Cooperativa è sempre stata in grado di intercettare, ma anche dei nuovi bisogni nati dopo il periodo della pandemia».