Riscoperta la storia del partigiano Battista Bortolo Piantoni che diede rifugio alla 54esima Brigata Garibaldi
Svelato un altro tassello di storia gabianese grazie alle ricerche di Andrea Andrico
La storia gabianese si arricchisce. L’Anpi ha celebrato domenica 22 dicembre alla Casa del Popolo di Borgo San Giacomo, il partigiano Battista Bortolo Piantoni di Farfengo con il diploma ad Honorem.
Battista Bortolo Piantoni, il partigiano che diede rifugio alla 54esima Brigata Garibaldi
Riscoperta la storia del partigiano Battista Bortolo Piantoni che diede rifugio alla nota 54esima Brigata Garibaldi
La sua storia è stata portata alla luce grazie alla dedizione e all’impegno dello storico Andrea Andrico. «Lavoriamo a stretto contatto con l’Anpi di Borgo San Giacomo – ha raccontato il sindaco Davide Pellini – e godiamo delle ricerche che fa Andrea indispensabili per non dimenticare. Dobbiamo ricordarci da dove veniamo perché il nostro futuro si basa sul passato e abbiamo storie come questa che ce lo ricordano».
Si aggiunge un altro tassello alla grande storia italiana. «E’ un compito difficile trasmettere la memoria – ha aggiunto il presidente provinciale dell’Anpi Lucio Pedroni – non dimentichiamoci di ciò che è stata la nostra storia e non dimentichiamoci dei partigiani e delle partigiane che hanno permesso la nascita di uno stato nuovo, repubblicano, costituzionale, profondamente democratico. E’ evidente che i lavori di Andrea permettono di ricostruire la nostra storia fatta di fatti incontrovertibili, e di uomini e donne ci prepariamo a festeggiare gli ottant’anni della liberazione, della guerra di resistenza, della costituzione del nostro Paese e della nostra società».
La Storia
Battista Bortolo Piantoni (18.04.1903- 20.02.1970) a dicembre del 1944 a Farfengo è uno degli antifascisti che danno rifugio alla 54esima Brigata Garibaldi.
Nello stesso periodo insieme al socialista Federico Meneghini offre rifugio ai fratelli antifascisti Paride e Bruno Bonomelli catturati dai nazifascisti e scappati dal carcere di Verona. La sua figura è legata anche ai Comandanti Luigi Romelli e Leonida Bogarelli ai quali fornisce dei mezzi di trasporto.
Non passa molto tempo e come succede in queste occasioni il rifugio è in pericolo e Piantoni e Meneghini trasferiscono il comando della 54esima Brigata prima nel cascinale Isola di Quinzano D’Oglio e poi ad Asola. Il 26 dicembre 1944 Piantoni viene fermato dai repubblichini di Salo’, incarcerato e rilasciato dopo 12 giorni di prigionia. Nonostante questo, il suo impegno nella resistenza continua e il 24 settembre 1946 viene riconosciuto dal Comando generale del CVL, benemerito della resistenza. Lascia così un’eredità inestimabile per chi resta.
«Mio nonno aveva tre figli – ha raccontato la nipote Catia Piantoni, visibilmente emozionata – quando mio papà muore, poco dopo muore anche mio nonno. Mia madre e mia nonna, che vivevano insieme, non ci raccontavano nulla, il dolore della perdita era talmente forte da farle chiudere in se stesse e noi eravamo troppo piccoli per chiedere».
Rimangono comunque ricordi indelebili.
«Quando mio nonno è tornato dalla Russia, aveva un problema alla gamba, zoppicava a seguito di un congelamento che lo aveva costretto a camminare col bastone. Lo accompagnavamo a fare le sabbiature, ma non parlava mai della guerra e della sua attività di partigiano. Circolava la leggenda che lui fosse tornato dalla Russia con un cavallo, cosa che credevamo fosse impossibile. Credevamo l’avesse trovata per strada. La cavalla, che abbiamo conosciuto attraverso le fotografie, si chiamava Libera. Ci siamo sempre chiesti del perché di quel nome poco comune per un cavallo all’epoca. Ora ha un senso. La cosa più bella era che tutti dicevano che il diavolo avesse sposato l’acqua santa. Una diceria a cui non riuscivamo a dare un senso, e invece probabilmente nel paese questo lavoro fatto a fianco dei partigiani era etichettato, mentre mia nonna era religiosissima una donna di chiesa». Non solo: «Ciò che conforta moltissimo è che in qualche modo abbiamo ricevuto la conferma che abbiamo nel nostro dna i valori di vicinanza alle persone, dell’accoglienza, dell’incontro con il diverso considerato fonte di ricchezza, del sostegno e dell’aiuto. Valori che stiamo portando ancora avanti».