all'ospedale di chiari

Violenza sessuale contro un’infermiera e una dottoressa: a processo un primario dell'ospedale di Chiari

Le vittime, entrambe operative nel presidio all'epoca dei fatti, hanno rotto il silenzio e l'hanno denunciato. Il medico è stato rinviato a giudizio.

Violenza sessuale contro un’infermiera e una dottoressa: a processo un primario dell'ospedale di Chiari
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di Emma Crescenti

Molestie sessuali, sia fisiche che verbali, poi sfociate in conportamenti vessatori quando è diventato chiaro che le avances, insistenti e soprattutto non richieste, non sarebbero mai state accettate. Numerosi episodi che si sarebbero consumati nell’arco di un anno e mezzo dentro le mura dell’ospedale di Chiari, elencati nelle quattro pagine di denuncia raccolta dai Carabinieri e finiti anche nelle aule del Tribunale di Brescia. Nei panni della vittima, un’infermiera; in quelli del (presunto) aguzzino, niente meno che un primario tutt’ora operativo in uno dei reparti del presidio, rinviato a giudizio con l'accusa di violenza sessuale nei confronti della professionista e di un'altra donna, un medico, che tutt'ora lavora nella struttura.

La vicenda

La querela sporta dall'infermiera risale all’aprile del 2022, mentre i fatti in questione si sono verificati tra il novembre 2019 e l’aprile 2021. Perché ha aspettato così tanto a denunciare Francesca (il nome è di fantasia, ndr) lo spiega con voce rotta: la pandemia e tutte le problematiche annesse hanno giocato un ruolo importante, ma anche la paura e l’auto-colpevolizzazione che spesso grava sulle vittime di violenza: «Ho pensato “e se fosse stata colpa mia? Se me lo fossi cercata?” - ha detto - Poi però sono arrivata al limite. E non voglio che altre colleghe possano trovarsi nella mia stessa situazione». Una dinamica purtroppo molto diffusa, che la coscienza collettiva in materia di violenza e di consenso fatica ancora a scardinare.

In forza al presidio di Chiari dal 2005, agli inquirenti ha spiegato di aver ricevuto fin da subito «particolari attenzioni» da parte del medico, «continui apprezzamenti sul mio aspetto fisico e insinuazioni di natura sessuale» a cui inizialmente non aveva dato peso, pensando che ricambiando l’interesse con l’indifferenza tutto sarebbe finito nel nulla. E invece, man mano che il tempo passava, i comportamenti tenuti dal primario sarebbero diventati «sempre più insistenti e intolleranti», fino a superare ogni limite.

Le molestie, lo stalking e il trasferimento

E’ l’ottobre 2019. Arriva il primo invito a cena che l’infermiera, moglie e madre, rifiuta. Seguono illazioni sui presunti amanti della donna, richieste di trascorrere la serata con lui, telefonate «in cui mi diceva di essere particolarmente eccitato e di raggiungerlo in bagno per “dargli una mano”» e altri episodi di gelosia ingiustificata, come quando l’avrebbe rimproverata per aver festeggiato il suo compleanno assieme ai colleghi invece che solo con lui.

Le parole, poi, dal giugno 2020, sono diventate fatti. La violenza, fino ad ora solo verbale, si sarebbe tradotta in due tentativi di approccio fisico nei confronti della donna che, successivamente, ha ridotto al minimo le interazioni con il suo superiore.
Nel febbraio 2021 qualcosa è cambiato, ma non in meglio. Davanti ai continui rifiuti le avances del primario sarebbero cessate, solo per far posto a un atteggiamento «assolutamente denigratorio» nei confronti dell’infermiera che veniva rimproverata alla presenza dei colleghi per motivi «insussistenti o risibili», con pesanti ripercussioni sulla sua attività professionale.

Una situazione di cui lei aveva provato a mettere al corrente anche i dirigenti dell’epoca (nell’ultimo anno, infatti, ci sono stati numerosi cambiamenti ai vertici dell’Asst della Franciacorta, ndr), ma le segnalazioni non avevano avuto alcun seguito, almeno per il medico. Perché ad aprile 2022, proprio quando Francesca ha deciso di denunciare i fatti, sulla sua scrivania è arrivato l’ordine di trasferimento presso un altro presidio. «Guarda caso questo trasferimento, peraltro giustificato da motivazioni abbastanza deboli, è arrivato proprio quando io avevo fatto presente la questione - ha spiegato agli inquirenti - Da allora comunque non ci ho più parlato e non l’ho più incontrato se non in occasione di alcune riunioni». Oltre all’aspetto professionale («non posso dire di essere stata demansionata, ma il lavoro che svolgo ora non è lo stesso di prima, quando ero molto più a contatto con il paziente»), la vicenda ha influito pesantemente sulla salute psicofisica della donna, problemi che tuttora persistono.

Il processo

Nei mesi scorsi, gli inquirenti hanno ascoltato diversi testimoni (soprattutto colleghi e dirigenti dell’ospedale di Chiari) per verificare la versione della professionista. Al primario, a febbraio è stato notificato l’avviso di garanzia per metterlo a conoscenza delle accuse a suo carico e dell’indagine in corso, mentre ieri (venerdì) si è tenuta l'udienza preliminare del caso alla presenza dei legali del medico, dell'infermiera e della terza donna, una dottoressa.  L'indagato è stato rinviato a giudizio con l'accusa di violenza sessuale (come indicato nella richiesta) e il processo inizierà l'11 gennaio.

L’Asst della Franciacorta, che si è costituita parte civile nel processo, contattata dalla redazione di Chiariweek ha riferito «di essere a conoscenza della questione» e assicurato che «l’evolversi del procedimento penale verrà seguito con la massima attenzione», riservandosi di intervenire eventualmente nel rispetto delle persone coinvolte. Quanto a eventuali provvedimenti disciplinari nei confronti del medico indagato, per ora niente è stato disposto, così come è previsto dalla legge.

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