banchi deserti

La denatalità colpisce la scuola bresciana: «persi» 744 remigini

Un fenomeno, quello che emerge dai dati Istat, che va ben oltre la semplice diminuzione del numero di studenti e rischia di compromettere il futuro dell'istruzione nel nostro Paese.

La denatalità colpisce  la scuola bresciana: «persi» 744 remigini
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Un'ombra lunga e preoccupante si aggira nei corridoi delle scuole italiane: il calo demografico, con la sua inesorabile spirale di «culle vuote», sta lasciando un'impronta indelebile sul sistema scolastico. Un fenomeno che va ben oltre la semplice diminuzione del numero di studenti e rischia di compromettere il futuro dell'istruzione nel nostro Paese. I dati «Istat» pubblicati pochi giorni fa relativi al 2024 fotografano un numero di nascite che ha raggiunto un nuovo minimo storico con una media di 1,18 figli per donna. Con le famiglie che si riducono (la media è di 2,2 componenti) e un’emigrazione in aumento con un incremento, nell’ultimo anno, del 20,5%.

Il calo demografico è ormai un’emergenza

L’«inverno demografico» è una tendenza che l’Istituto di statistica ha definito «inesorabile». La forbice fra decessi e nascite è impossibile da invertire. Secondo gli ultimi dati elaborati da «Openpolis», il numero di ragazzi sotto i 18 anni è sceso drasticamente nell’ultimo quinquennio. Nel 2019, i minorenni si attestavano a quasi 9,6 milioni di individui mentre nel 2024, il numero dei minori ha toccato il minimo di 8,9 milioni con una diminuzione di quasi il 7% rispetto a cinque anni prima. Brescia, con circa 8300 nati lo scorso anno, ha raggiunto il record negativo di nascite dell’ultimo decennio.

Un’emorragia che parte dalla scuola elementare

L’analisi dei dati relativi alle iscrizioni scolastiche nell’ultimo triennio, rivela una tendenza comune: la diminuzione del numero di studenti sia nella scuola primaria che nella secondaria di primo grado. Nel 2022 infatti erano 10514 i bambini e le bambine che frequentavano il primo anno della scuola elementare mentre oggi siamo a 9770. Un fenomeno che si manifesta in tutte le diverse zone della provincia. I numeri stilati dall’Ufficio scolastico regionale, evidenziano un inesorabile segno meno nelle scuole della città (erano 3367 tre anni fa e oggi sono scesi a 3090) e pure nell’Ovest (meno duecento) e nella «Bassa» con oltre 194 bambini in meno in aula. Nonostante questa diminuzione, le scuole statali continuano a essere la scelta predominante per le famiglie con una percentuale di iscrizioni significativamente più alta rispetto alle scuole paritarie. Non solo: il tempo pieno (40 ore settimanali) è sempre più richiesto dalle famiglie. E se a livello nazionale il 51,2% ha scelto questa opzione, la Lombardia mostra una percentuale ancora più alta che raggiunge il 61,4% delle famiglie.

Alla scuola media si sono persi più di mille studenti

Non fa eccezione neppure la scuola media che, nell’onda lunga del declino, registra anch’essa un calo degli iscritti. A partire dal 2022, nelle aule degli istituti comprensivi di città e provincia, si sono persi 1034 studenti. Anche per le medie: le aree di Brescia e della Valtrompia registrano la perdita più consistente: si passa da 4092 alunni registrati tre anni ai 3742 con un calo di circa 350 studenti. L'Ovest Bresciano registra una perdita di 211 alunni (da 2514 a 2303) come succede negli istituti della «bassa» con un calo di circa 200 alunni.

Le ragioni e le sfide del futuro

Le ragioni della flessione sono molteplici e interconnesse. A pesare è la denatalità e il progressivo invecchiamento della popolazione. Le «culle vuote» si traducono inevitabilmente in «banchi vuoti». La diminuzione infatti porterà di conseguenza alla chiusura di istituti soprattutto nelle aree più periferiche, mettendo a rischio il posto di lavoro del personale della scuola. Un campanello d'allarme che richiede un ripensamento profondo delle strategie future. Il primo passo è certamente un monitoraggio costante e un’analisi dettagliata delle tendenze che possano orientare le scelte politiche. E' evidente la necessità di politiche di sostegno alla natalità che favoriscano la conciliazione tra vita familiare e lavorativa. Ad ogni modo, il calo degli iscritti può trasformarsi in un'opportunità per investire maggiori risorse nella qualità dell'istruzione e verso una maggiore attenzione alla formazione dei docenti.

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