Il prato dello Stalù eletto dagli ambientalisti come simbolo del «no» all’agrobusiness
Continua la protesta contro la decisione di trasformare l'area in un vigneto
In queste settimane il mondo dell’agricoltura è in subbuglio, tra proteste e rivendicazioni. Una vicenda complessa che coinvolge l’Europa intera e che il gruppo Ecosebino, intervenendo a sostegno del neonato comitato «Boschi e vigneti Franciacorta», ha voluto richiamare eleggendo a simbolo lo Stalù, una zona al centro delle polemiche ambientaliste per l’ormai imminente riconversione del prato in vigneto.
Il grido degli ambientalisti: «no» all’agrobusiness
«Siamo saliti sul Monte Alto, nel cuore della Franciacorta, in occasione delle giornate di mobilitazione del settore agricolo che ha visto scendere nelle strade d’Europa migliaia di trattori - hanno spiegato - Un settore, quello legato alla terra e all’agricoltura, tra i più esposti nei confronti di un mondo che cambia, tra crisi climatica, crisi economica e guerre. Siccità, dissesto idrogeologico, innalzamento delle temperature ma anche aumento dei costi di produzione, strozzinaggio da parte della grande distribuzione e mancanza di equità nell’assegnazione di fondi e incentivi che finiscono sempre nelle mani dei soliti noti. Sono solo alcune delle rivendicazioni portate in strada dai contadini europei. Rivendicazioni che noi sosteniamo, così come sosteniamo che la necessaria lotta al cambiamento climatico e i costi della transizione verde non possano essere scaricati interamente sulle piccole realtà agricole che rappresentano l’ossatura alimentare di questo paese. Realtà famigliari, diffuse e radicate sui territori che molto spesso nascono con una visione produttiva in simbiosi con il contesto ambientale, sociale e di salute pubblica, ma che sono lasciate sole ad affrontare le sfide globali che si trovano davanti».
Secondo Ecosebino, la recente decisione delle istituzioni europee di sospendere l’attuazione delle politiche di eliminazione di fitofarmaci tossici per ambiente e salute è stata presa «sotto pressione di un mondo che la terra non la lavora ma la sfrutta, quello dell’agrobusiness, che ha cavalcato le proteste degli agricoltori e ha creato una contrapposizione che in realtà non esiste, quella tra produzione agricola e ambiente.
Un mondo fatto di poche grandi aziende che si intascano la maggior parte degli incentivi europei, lasciando le tasche vuote a tanti piccoli produttori. Lo stesso che si regge su una produzione che devasta territori, ambiente e salute, che non ha prospettiva di fronte alle sfide climatiche in corso, ma che mantiene il potere e il bisogno di alimentarsi a colpi di chimica».
Da prato a vigneto: la polemica dello Stalù
Ed è qui che entra in scena lo Stalù. «Se siamo saliti oggi sul Monte Alto è per denunciare l’ennesimo scempio ambientale da parte di una delle più grandi realtà dell’agrobusiness Franciacortino, giustificato dalla necessità di portare la viticoltura ad altitudini maggiori in risposta al cambiamento climatico ma che nei fatti rappresenta solo un’operazione di marketing aziendale - hanno lamentato gli attivisti - In sfregio alla collettività che chiede che quella collina resti integra e protetta dalle mani di chi, in altura, più che la viticoltura vuole portarci la speculazione».
Portando uno striscione in vetta, gli attivisti vogliono «dire basta a un modello di devastazione dei territori in nome del profitto di pochi», ma anche dare un «sostegno ai contadini che la terra la lavorano col sudore delle mani e della fronte, che la lavorano con una visione di futuro, di speranza e di qualità. Contadini e vignaioli che stanno portando avanti un’idea diversa di viticoltura. Questa è la Franciacorta che ci piace. Questa è la Franciacorta che vogliamo bere». Un grido di protesta che si condensa in uno slogan: «Dignità ai contadini, no all’agrobusiness».