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Fuga dall’inferno della guerra: la testimonianza dell'allenatore dei portieri dello Shakhtar Donetsk

Il clarense Giorgio Bianchi era in Ucraina con l'allenatore De Zerbi e la squadra. Sono stati svegliati dai primi bombardamenti.

Fuga dall’inferno della guerra: la testimonianza dell'allenatore dei portieri dello Shakhtar Donetsk
Pubblicato:

di Simone Bracchi e Federica Gisonna

Ha risposto alle nostre domande quando era già a casa, al sicuro, insieme alla sua famiglia, dopo aver affrontato un viaggio lungo e concitato.  Lontano dall’incubo della guerra, dal tremendo suono delle esplosioni che giovedì scorso lo avevano svegliato all’alba. Un’esperienza "assurda", che il clarense Giorgio Bianchi, allenatore dei portieri della squadra di calcio dello Shakhtar Donetsk, ha vissuto direttamente insieme ai colleghi che fanno parte dello staff di Roberto De Zerbi, mister della squadra ucraina attualmente prima in campionato.

La testimonianza dell'allenatore dei portieri dello Shakhtar Donetsk

Per uomini di sport come loro, che fino a qualche mese fa dovevano pensare a come preparare le sfide di Champions contro Real Madrid e Inter, quello che sta succedendo non ha proprio senso. E, ovviamente, dopo essere stati insieme ai numerosi giocatori brasiliani dello Shakhtar fino alla fine, ora il loro pensiero va ai calciatori ucraini rimasti nel loro Paese, nelle loro case.

L’Ucraina non si aspettava questa guerra, perché la città di Kiev anche mercoledì sera era viva come sempre, sembrava tutto normale. Ovviamente la tensione era già molto alta, ma noi come staff avevamo comunicato che saremmo rimasti con la squadra fino alla sospensione del campionato. La Federazione il giorno prima si era riunita per esprimersi in merito a questo punto, ma avevano deciso di continuare.

Dunque Bianchi, in Ucraina da solo e senza famiglia, era tornato nei propri alloggi.

La normalità è sparita attorno alle 5 con le prime esplosioni: è così che ci siamo svegliati giovedì. Ci siamo sentiti e noi italiani e i giocatori stranieri, tutti brasiliani, ci siamo dati appuntamento nell’albergo in centro, punto di ritrovo per il club durante le partite casalinghe. L’obiettivo era organizzare un pullman, visto che eravamo più di 50 persone tra cui diversi bambini. Le notizie dalla frontiera non erano buone e non ce la siamo sentita di affrontare un viaggio simile, con il forte rischio di passare giorni sul pullman, soprattutto con dei bimbi. Senza contare il fatto che avremmo potuto imbatterci in scenari ancora più drammatici e pericolosi.

L’odissea

Quando però i brasiliani sono riusciti a partire, per gli italiani è stato più facile organizzare il viaggio verso casa.

Le notizie si alternavano: alcune buone, altre pessime. Organizzare un piano di fuga non è stato facile. Anche perché a Kiev avevano messo il coprifuoco fino a lunedì mattina. Per noi diventava veramente rischioso, perché se ti beccavano per strada c’era il pericolo che ti sparassero. Ma domenica abbiamo deciso di partire. Siamo stati scortati dalla Polizia fino alla stazione ferroviaria: abbiamo preso un treno in direzione di Leopoli; avremmo dovuto impiegarci sei ore, ma ce ne abbiamo messe nove per delle modifiche al percorso a causa di episodi di guerra. A Leopoli abbiamo preso un pulmino che ci ha portati alla frontiera ungherese: siamo passati più o meno attorno alle 7 di lunedì. Il grosso era fatto: da lì abbiamo preso un altro pullman in direzione dell’aeroporto di Budapest. Siamo arrivati a Orio nel pomeriggio. Un viaggio di circa 25 ore. In questi giorni siamo stati in contatto con la Figc e il presidente Gabriele Gravina. Il ritorno a casa è stato organizzato dal presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin, che ringraziamo.

Ha continuato Bianchi, che nella sua carriera da allenatore è stato al Brescia, al Milan e al Sassuolo.

Un incubo che alcuni hanno già vissuto

Siamo in contatto con gli ucraini e ovviamente stanno vivendo momenti di paura e angoscia. Ma fortunatamente stanno bene. Speriamo che questa cosa assurda finisca presto, perché nel 2022 la guerra non può esistere.

Lo Shakhtar è una squadra del Donbas ma, dopo la guerra in quella regione, dal 2020 il club si è trasferito a Kiev.

Tante persone che lavoravano nel mondo Shakhtar è la seconda volta che vivono questa assurdità. Noi siamo salvi, ma il nostro pensiero va ai calciatori, ai tifosi e a tutto il popolo ucraino.

Le parole di De Zerbi

Noi siamo quasi tornati a casa e siamo contenti perché torniamo nel nostro Paese a riabbracciare le nostre famiglie. Ma non saremo mai felici fino a quando i nostri giocatori ucraini, i nostri amici ucraini e il grande e orgoglioso popolo ucraino sarà libero come noi. Stop alla guerra subito.

Queste le parole di mister De Zerbi, pronunciate in un video sulla via di casa circondato dal proprio staff, tra cui il clarense Giorgio Bianchi.

Perché le bombe sono cadute all’alba, anche se il suono è più simile a quello del tramonto della civiltà.

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