il caso

Entra per dei semplici calcoli alla cistifellea: a 42 anni esce invalido dopo 3 mesi di coma

Era il 2009 quando per un'operazione al cuore gli viene rilevata, durante gli accertamenti, la presenza di alcuni calcoli alla cistifellea

Entra per dei semplici calcoli alla cistifellea: a 42 anni esce invalido dopo 3 mesi di coma
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Era entrato per dei calcoli alla cistifellea, che avrebbero dovuto essere rimossi con una semplice operazione di colecistectomia, un intervento chirurgico che consiste nell’asportazione della colecisti. Ma ne è uscito devastato, nel fisico e nel morale.

Entra per dei calcoli e resta invalido

La vicenda di Renato Tonesi, idraulico originario di Calcinato ma da anni residente a Stintino in provincia di Sassari, parte da lontano. Era il 2009 quando per un'operazione al cuore gli viene rilevata, durante gli accertamenti, la presenza di alcuni calcoli alla cistifellea. Su consiglio dell'equipe medica, vista la dimensione minima dei calcoli, a Renato viene consigliato di aspettare, vista l'assenza di sintomi evidenti. Nell'agosto 2011 il primo malore che lo porta in pronto soccorso dove l'ecografo rileva un ingrossamento dei calcoli a cui viene consigliata una colecistectomia. Un trattamento della calcolosi biliare che può essere eseguito per via laparoscopica o laparotomica (con il taglio tradizionale). Rispetto alla chirurgia tradizionale, infatti, questa procedura permette, ormai ampiamente diffusa, un recupero più rapido delle condizioni, meno dolore post-operatorio, cicatrici più piccole, un minor rischio di infezioni e un’ospedalizzazione più breve.

Tre mesi di ricovero

Era il 21 settembre del 2011 quando Renato varca la soglia della sala operatoria dell'ospedale civile di Sassari, da cui uscirà solo 3 mesi dopo, il 21 dicembre del 2011.«Uscito dalla sala operatoria e affievolitosi l'effetto dell'anestesia, mio marito era disperato. Chiedeva di essere sottoposto a controlli in quanto il dolore era insopportabile. Io ero già fortemente preoccupata in quanto l'operazione che avrebbe dovuto durare un paio d'ore al massimo, si è protratta per oltre 5 ore. Io cercavo di tenere mio marito tranquillo, chiedendogli di resistere e portare pazienza, anche perché stando al parere medico, il decorso stava procedendo come da manuale»  - racconta Maria Luisa, che da 10 anni è la sua spalla. «L'intervento in laparoscopia è diventato laparotomico tradizionale, ma dopo due giorni il dolore era a suo dire insopportabile. Le sue urla erano disumane e non le dimenticherò mai. Dopo 3 giorni di agonia, ho minacciato il medico e finalmente hanno deciso di riportarlo in sala operatoria».

Da lì, la catastrofe.

L'equipe medica rileva una perdita di materiale dall'intestino che potrebbe essere stato perforato durante l'operazione alla cistifellea.
«L'operazione è durata una vita - confessa Maria, e quando è uscito mi hanno comunicato che mio marito era in coma, di chiamare i parenti più stretti perché le condizioni di Renato erano tragiche». Un pugno in pieno volto, uno sconforto difficile da placare quando ci si trova in situazioni di fragilità e confusione, quando ci si sente in pericolo, seppur in un luogo protetto come un ospedale. Era il 23 settembre quando a Maria comunicano che la situazione è grave. «Non eravamo nemmeno sposati, mancavano 8 mesi al matrimonio, e ci è caduto il mondo addosso». Il 25 settembre Renato viene sottoposto ad ulteriore intervento in quanto le condizioni erano rimaste gravi.

Le complicazioni a catena

Lo sversamento intestinale causato dalla perforazione, aveva coinvolto e interessato gli organi interni di Renato, tra cui lo stesso intestino. Era seguita la sepsi, e Renato era stato messo in coma farmacologico per preservare il salvabile.

«A quel punto un altro tassello doloroso che arriva con la necessità di inserire la stomia per consentire la fuoriuscita degli effluenti nel caso in cui sia stato necessario rimuovere un tratto di intestino. Ma durante il coma farmacologico, ha subito anche un'embolia cerebrale che ha preso un lato del corpo interessando fianco, piede e scroto. A quel punto mi sono sentita dire che forse era necessario procedere con l'amputazione di braccia e piedi. Io ero disperata. Nel frattempo aveva iniziato la terapia per la ricostruzione della pelle in quanto a seguito dell'embolia metà corpo risultava pesantemente ustionato. Non si ricorda nulla di quel periodo, perché era sempre sotto morfina e quando ripensa a quei giorni, ricorda di essere entrato il 21 settembre ma di non ricordare nient'altro. Per fortuna, aggiungo io».

La stomia con utilizzo tramite sacchettino per contenere le feci avrebbe dovuto essere provvisoria secondo i medici dell'equipe di chirurgia dell'Ospedale Civile di Sassari.

Nessuno ha pagato

A distanza di 10 anni dall'intervento Renato utilizza ancora la stomia, ma non solo, è invalido al 100% in quanto alle conseguenze dell'operazione ai calcoli si sono aggiunte a catena altre problematiche altrettanto serie, come l'insufficienza renale, la sindrome del malassorbimento, la sterilità, con problemi di glicemia e ai nervi e altri disturbi minori che contribuiscono ad inficiare l'umore di un uomo che nonostante la terribile vicenda, trova ancora il tempo di sorridere alla vita.
«Ci hanno distrutto la vita, e nessuno ha pagato. Abbiamo tentato le vie legali, ma nessuno si è preso la responsabilità di accertare che qualcuno ha sbagliato» commenta Maria, che come Renato ha una forza da leonessa. Oltre a non aver ricevuto il minimo risarcimento, per ora, non hanno nemmeno ricevuto delle scuse, che forse, era dovute. (mm)

 

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