doccia gelata

Combustibili da rifiuti nel cementificio di Tavernola: bocciato il ricorso

Il Comune sta valutando di ricorrere al Consiglio di Stato

Combustibili da rifiuti nel cementificio di Tavernola: bocciato il ricorso
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Il cementificio di Tavernola può bruciare i combustibili derivati dai rifiuti. Dopo la Provincia di Bergamo, a dare all'azienda che sorge sulle rive del Sebino un nuovo via libera sui Combustibili solidi secondari (Css) derivati da plastiche, gomme, farine animali, fanghi e altri rifiuti indifferenziati sono stati i giudici del Tribunale amministrativo di Brescia, che hanno respinto il ricorso contro l’autorizzazione provinciale presentato nel 2018 dal Comune, condannato a pagare 16mila euro di spese legali.

Combustibili da rifiuti nel cementificio di Tavernola: bocciato il ricorso

Dopo la norma approvata dal governo con il decreto Energia, che autorizza i cementifici ad aumentare i quantitativi di rifiuti bruciati per risparmiare in bolletta, è arrivata l’ennesima doccia gelata per Amministrazione, ambientalisti, cittadini e Comuni del lago.

Visto anche il pericolo causato dalla frana del monte Saresano, Tavernola e il G16 avevano chiesto la possibilità di dismettere quello che è un impianto obsoleto, ad elevato impatto ambientale e paesaggistico che compromette lo sviluppo turistico del Sebino. Il tema è arrivato anche in Regione, che si è fatta carico tramite due mozioni approvate in sede del Consiglio regionale di valutare delocalizzazione e dismissione dell’impianto.

Al momento la sperimentazione con i combustibili alternativi non è ancora iniziata, ma i giudici sono stati chiari: "Anche se derivati dai rifiuti, i Css per la norma non sono più considerati rifiuti, ma combustibili, e le conclusioni sull’impatto sanitario del progetto appaiono ragionevoli".

Il Comune valuta di ricorrere al Consiglio di Stato

Il Comune sta ora valutando di ricorrere al Consiglio di Stato.

“Questa Amministrazione non può stare a guardare – sono le parole del sindaco, Joris pezzotti - E' una sentenza che rispettiamo ma non condividiamo. Ci auguriamo che l’azienda rispetti le promesse fatte quando dichiarava che non avrebbe avviato questa pratica senza il consenso locale, che non c’è mai stato”.

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