Economia

Se un green deal "talebano" rischia di affossare l'agricoltura bresciana

Senza correttivi, le conseguenze del green deal per l'economia bresciana potrebbero essere gravi. Eppure, un problema c'è, ed è enorme...

Se un green deal "talebano" rischia di affossare l'agricoltura bresciana
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Finora per l'agricoltura italiana (e bresciana in particolare) è andata bene: la cosiddetta legge «ammazza-stalle» proposta dalla Commissione europea nell'ottica i limitare le emissioni in atmosfera di inquinanti da parte degli allevamenti intensivi è stata bocciata dallo stesso Parlamento europeo, grazie all'opposizione di una maggioranza trasversale. Con le elezioni europee alle porte, tuttavia, il pericolo uscito dalla porta potrebbe rientrare dalla finestra. E sarebbe un colpo micidiale specie per Brescia che - prima provincia agricola d'Italia - ha un settore primario che si basa da decenni su grandi allevamenti intensivi.

La legge ammazza-stalle e Brescia

Ma di cosa si tratta? Andiamo con ordine. Dello spauracchio dell'«ammazza-stalle» si è parlato a lungo nei giorni scorsi a Castrezzato, durante un convegno organizzato dall'europarlamentare e presidente del gruppo europeo Identità e Democrazia Marco Zanni. Con lui al tavolo - per una volta insieme e quasi d'accordo tra di loro - c'erano anche i vicepresidenti di Coldiretti Brescia e di Confagricoltura Brescia, Giovanni Martinelli e Oscar Scalmana. A moderare, il giornalista Pietro Gorlani (Corsera Bs). La proposta di legge della Commissione europea mirava a «equiparare» anche gli allevamenti medio-piccoli, con più di 150 capi, agli impianti industriali che emettono grandi quantità di anidride carbonica in atmosfera, sottoponendoli quindi all'obbligo di presentare periodicamente l'Autorizzazione integrata ambientale per proseguire la propria attività. Al momento, invece, l'«Aia» è necessaria soltanto per gli allevamenti molto, molto grandi, oltre i duemila capi. La proposta della Commissione europea dell'ex vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans è stata però prima modificata e poi bloccata dal Parlamento, scongiurando quindi quello che sarebbe stato un micidiale e costoso aggravio burocratico a carico degli agricoltori.

Zanni, Martinelli e Scalmana non sono andati leggeri sul tema, e in generale sulle potenzialmente gravi ricadute che la politica europea per la limitazione «forzata» delle emissioni in atmosfera potrebbe avere per l'Agricoltura bresciana. Tutti d'accordo infatti sulla necessità di combattere il global warming, ma nella declinazione concreta del «Green deal» europeo sia il centrodestra di Zanni (leghista) che le due associazioni di categoria bresciane hanno chiesto più pragmatismo e meno vincoli calati dall'alto.
«Così viene meno il principio della neutralità tecnologica, per il quale dati degli obiettivi dovrebbero essere i governi a decidere come raggiungerli - spiega Zanni - La realtà è che Timmermans ha avuto un approccio talebano, che parte dalla follia di pensare che gli agricoltori siano delinquenti interessati a distruggere l'ambiente. Quando invece è vero il contrario».

La legge ribattezzata «ammazza-stalle» preoccupa molto anche Coldiretti. «A Brescia si allevano 400mila bovini e un milione di suini - aggiunge Martinelli (Coldiretti) - L'Aia per le aziende più piccole comporterebbe un esborso sconsiderato di denaro, in un momento in cui già le imprese sono in difficoltà per l'aumento dei prezzi dell'energia. La verità è che il settore ha già investito molto in sostenibilità, come per gli impianti fotovoltaici, per la tecnologia di recupero del calore del latte e per l'energia da biogas».

Più caustico ancora Scalmana, secondo il quale «più che ideologia, dietro alla proposta (di Timmermans, ndr) c'è dell'altro: Bruxelles attacca l'agricoltura intensiva perché in Italia produciamo con qualità molto alta, pur mantenendo livelli alti di sostenibilità e di benessere animale».

Eppure il global warming è davvero un problema: che fare?

Ma come agire, quindi, per contrastare il riscaldamento globale che pure, senza troppi dubbi, sta sconvolgendo anche il clima locale, con le conseguenze che conosciamo.  Ed è un problema enorme, l'elefante nella stanza di ogni discorso su sviluppo e rilancio economico.  Quali soluzioni?

«Un esempio è la cosiddetta strategia della carbon capture, la cattura dell'anidride carbonica in atmosfera al posto della limitazione forzosa delle emissioni - spiega Zanni - Invece la Commissione sta puntando tutto sulla sola transizione elettrica, che richiede investimenti enormi e non ha ancora la tecnologia necessaria alle spalle. Quando le emissioni agricole pesano peraltro minimamente sul totale, inoltre, e comunque il grosso degli inquinatori sono fuori dall'UE».

«L’impatto del Green Deal sull’agricoltura bresciana, una delle province più produttive in Italia e in Europa, rischia di essere devastante portando alla chiusura di molte stalle e di ridurre in modo significativo le superfici coltivabili, aumentando di conseguenza la nostra dipendenza dai prodotti esteri, che spesso vengono realizzati utilizzando sostanze molto più nocive e non sottoposte a controlli» ha concluso l’europarlamentare bergamasco.

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