Brescia

"A cena per due", taglio del nastro a Palazzo Facchi

La mostra sarà visitabile fino a sabato 4 giugno.

"A cena per due", taglio del nastro a Palazzo Facchi
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La mostra di Antonella Gandini è ospitata in Palazzo Facchi, dimora storica costruita nel XVIII secolo nel cuore della città di Brescia. L'inaugurazione della mostra curata da Annalisa Ghirardi è in programma per giovedì 5 maggio alle 18. La stessa sarà visitabile fino a sabato 4 giugno: il giovedì, venerdì e sabato dalle 16 alle 19. Ingresso libero.

Comunicazione tra luogo ed artista

Non si tratta semplicemente di un’ambientazione, ma di un luogo con il quale l’artista tesse un dialogo, aprendo una conversazione con lo spazio e con il tempo. In una meditazione che attraversa le epoche, giungendo all’attualità. L’artista presenta una trentina di opere, tra fotografie, installazioni, foto-oggetto, video, realizzate nel corso degli ultimi dieci anni.
Sin dalla prima saletta, la Sala Verde, tra i disegni del mobilio della casa realizzati di Antonio Tagliaferri, affiorano comparse femminili, in un gioco creato da Gandini, di presenze ed assenze, tra metamorfosi e sensualità. Il ricordo, che pervade la dimora e le esistenze che qui transitano, viene evocato, con un filo sottile che collega tutte le stanze, da immagini muliebri, spesso fuggevoli, parziali e ricomposte, in un’idea di sovrapposizioni di entità, di luoghi e di narrazioni.

Un'esperienza

Le opere sono come scatole cinesi, che mostrano “cose che stanno dentro le cose”, come l’artista afferma. Nel Salone d’Onore ci attende una tavola inusualmente imbandita: a capotavola sono posizionati due piatti, posti su superfici specchianti ed accompagnati da aguzze forchette, costruite per cibare l’altro più che sé, mentre un bucranio fa da centrotavola. Certo è, che non si tratta di un invito a cena meramente romantico, la mise en place, per restare in tema, coniuga infatti bellezza, provocazione, ironia e ribaltamento di pensie- ro. Chiunque si appresti ad essere ospite di questa installazione potrà visualizzare la presenza del doppio, del sé e dell’alterità, come l’ambivalenza delle tematiche: amore e potere, nutrimento e antropofagia, con- fronto e combattimento, in una sorta di danza macabra, ricordata anche dai rayogrammi (Memento mori) esposti a mo’ di fotografie familiari.

Molteplici significati

Questa installazione, nello scenario mondiale attuale, acquisisce altresì un significato politico e sociale che non ha certamente come sfondo il cielo terso della Gloria e della Fama di Gaetano Cresseri nell’ingresso del palazzo. Ad altri contesti, enigmatici e intimisti, ci conduce il video Figlia del vento proiettato nel camino cinquecen- tesco, le cui immagini scorrono come fiamme guizzanti che si sovrappongono alla decorazione marmorea, in uno scenario di immaginazione trasportato sulle note di Maria Callas. La voce della celebre cantante avvolge in un tepore familiare la casa, in cui la musica quotidianamente aleggia, grazie al cantante lirico Stefano Cianci Magaldi che ivi risiede; sua nonna Maria Panciera di Zoppola era erede della famiglia Facchi, antica famiglia bresciana e dei Panciera di Zoppola, nobile famiglia friulana.

L'incontro

Antonella Gandini presta particolare attenzione, come già si è accennato, al dialogo con le presenze fem- minili del palazzo. Inserisce infatti, tra i numerosi ritratti familiari distribuiti nelle stanze di Palazzo Facchi, altri volti di donna. I volti dell’artista sono spesso creati da sovrapposizioni di immagini che, non solo dan- no vita ad un’ambiguità sull’identità, sul sé e l’altro da sé, ma creano anche una situazione ambivalente nell’ambito temporale: da un lato attestano lo scorrere del tempo, dall’altro, incontrandosi, creano un nuo- vo tempo, un nuovo luogo, quello della memoria, in cui la persistenza dell’immagine assume nuova forma, dipendente ed autonoma -nello stesso tempo- dalla realtà. L’immagine fotografica tra l’altro vede l’incontro della memoria individuale e quella collettiva.

I volti

I volti della Gandini sono quindi immagini fluttuanti, sospese tra varie epoche e turbate da interferenze che svelano e nascondono simultaneamente. Tema caro all’artista è infatti quello della maschera e del visard, una sorta di mascherina ovale che indossavano le donne nel XVI secolo, non senza rimando alla condizione restrittiva vissuta in varie epoche, in varie forme, non ultima quella attualmente esperita per questioni sa- nitarie. Alcuni volti sono infatti in parte nascosti, un riferimento che non solo rimanda all’identità celata, ma anche al desiderio di ciò che è escluso dalla vista, alla seduzione e alla sessualità.
Nell’ultima sala, la Sala da pranzo, troviamo un paravento in seta, ricordo del viaggio in Giappone che Gae- tano Facchi fece con Pompeo Mazzocchi alla ricerca del seme-bachi resistente alle malattie che colpivano la gelsibachicoltura italiana. La suggestione dell’Oriente, caro per vicende umane ed artistiche, è per l’artista un percorso più volte in- trapreso, dall’esplorazione della gestualità dei rituali all’iconografia. In questa sala presenta una serie di opere dedicate alla natura, indiscussa protagonista dell’arte giapponese, e alla metamorfosi, attraverso l’u- so, come è sua prassi, di plurime tecniche artistiche congiunte, in particolare fotografia, disegno e pittura. Nella sala attira l’attenzione l’opera Omaggio a Majakovskij; il rimando al “poeta della Rivoluzione”, evi- dente nei versi estrapolati dalla poesia La Blusa del bellimbusto (1914), si aggiunge al riferimento, evocato nel megafono, all’artista Aleksandr Rodčenko, autore del celebre manifesto Libri (per favore)! In Tutti i rami della conoscenza (1924). Curioso è sapere che per quel manifesto l’artista russo avesse usato proprio il volto della compagna di Majakovskij, Lilya Brik, attivista a capo del LEF, Fronte di Sinistra delle arti. È come se un cerchio nell’opera si chiudesse, sono infatti ricordati tre protagonisti della vita culturale e politica della Russia del primo Novecento, tre artisti che -attraverso la poesia e l’arte- hanno dato voce ai loro ideali.

Il messaggio

L’invito a cena di Gandini è una sorta di invito a nutrirsi di arte, come possibilità di conoscenza. In un’epoca in cui gli artisti hanno perso valore sociale, c’è ancora la speranza che un megafono muto abbia parole da far sentire, i libri aforismi da svelare, i volti enigmi da raccontare.

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