Gli effetti della pandemia sull’industria italiana
L’industria italiana nel corso dell’ultimo anno e mezzo ha risentito in misura significativa delle conseguenze negative della pandemia da coronavirus. I numeri sono negativi, per quanto nel corso degli ultimi mesi si sia assistito a una ripresa della produzione: è stato forte, in particolare, l’impatto del lockdown, che ha determinato una considerevole battuta di arresto per effetto della quale in tante aziende i macchinari sono stati spenti. Il calo del fatturato (solo per l’industria meccanica si parla di oltre 4 miliardi e mezzo di euro in meno) viaggia in parallelo con la chiusura di tante fabbriche e, quindi, con la scomparsa di posti di lavoro.
I settori colpiti
Sarebbe davvero lunga la lista di settori colpiti e che, quindi, hanno dovuto fare i conti con numeri in calo: non solo quello più facilmente intuibile del turismo, ma anche l’agricoltura, il commercio, le fiere specializzate, lo spettacolo e l’intrattenimento, e così via. La flessione ha riguardato anche i servizi: a marzo e aprile del 2020 c’era stato un calo consistente che si è ripetuto, anche se in misura più leggera, nel mese di novembre. Non è difficile intuirne il motivo, se si pensa all’impatto sulla domanda che è derivato dalle restrizioni alla mobilità, senza sottovalutare le chiusure parziali di parecchi settori che hanno a che fare in maniera diretta o indiretta con il turismo.
Il calo dei consumi
Le tre ondate di coronavirus che ci sono state nel corso degli ultimi 18 mesi si sono tradotte in un aumento del risparmio o, da un altro punto di vista, in una riduzione dei consumi. Ogni peggioramento dell’epidemia ha comportato una limitazione degli spostamenti e, dunque, ha frenato i consumi. A fine del 2020 tutta l’economia dell’area euro era in recessione, vittima di un graduale deterioramento, con la contrazione del manifatturiero che si è affiancata a quella dei servizi.
Il comparto dell’energia
Gli effetti collaterali della pandemia si sono abbattuti, tra l’altro, sul settore della produzione di energia e dell’oil & gas: facile capire il perché, dal momento che il rallentamento o addirittura il blocco del lavoro e delle produzioni hanno comportato una richiesta più bassa di combustibili. Il rischio che la situazione peggiori almeno per il momento sembra essere scongiurato, ma una disamina dei numeri e dei dati di alcuni settori dimostra che i problemi non sono ancora alle spalle: è di quasi il 14%, per esempio, l’entità della frenata nel settore della logistica e della movimentazione.
Un’economia sempre più interconnessa
Il fatto è che i vari settori economici al giorno d’oggi sono sempre più interconnessi: non essendo compartimenti stagni, la crisi dell’uno determina quasi in automatico anche quella degli altri. Chi fa parte di una filiera che per colpa del coronavirus e delle restrizioni ha dovuto fare i conti con perdite molto consistenti, così, si è ritrovato proprio malgrado coinvolto nella crisi. Gli esempi sono tanti, dal settore della ristorazione a quello più ampio del mondo Horeca.
Il mondo dell’automotive
Se è vero che il settore automotive è sempre stato uno dei più importanti per l’economia del nostro Paese, non è difficile immaginare quali possano essere state le conseguenze dello scoppio della pandemia: il crollo della produzione dei primi dieci mesi dello scorso anno ha portato a una riduzione superiore al 26%, con i danni più gravi che sono stati patiti dal settore della componentistica. Ovviamente in tutti gli ambiti economici il danno più grave è stato quello dei mesi di marzo e aprile, fermo restando che la produzione nazionale è sempre correlata a quella dei Paesi partner commerciali, a cominciare dalla Germania.
Quanti soldi sono stati persi per colpa della pandemia da coronavirus
È stato calcolato che solo la prima ondata di pandemia, conclusasi nell’estate del 2020, abbia determinato una perdita di ricavi nell’ordine dei 50 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti circa 18 miliardi di euro di utili: se si considera che la seconda e la terza ondata hanno causato limitazioni e chiusure altrettanto consistenti, è facile stilare una stima del danno economico. E non va dimenticata la perdita del valore di Borsa, calcolata in oltre 40 miliardi di euro solo per i primi sei mesi dello scorso anno.
Ricavare un’opportunità dai problemi: l’esempio di Unigasket
Va detto, d’altro canto, che molte aziende italiane si sono date da fare, per esempio riconvertendo almeno in parte la produzione, per trasformare i problemi causati dal Covid in opportunità. È il caso di aziende come Unigasket, che pur occupandosi principalmente di materiali polimerici e tubi in ptfe ha scelto, a partire dalla scorsa estate, di avviare una produzione di mascherine. Una soluzione che è stata adottata per garantire il proprio contributo a fronte dell’emergenza in corso: l’offerta è stata ampliata con nuovi prodotti anche per dimostrare come un’azienda flessibile sia in grado di rispondere a nuove esigenze.