Economia

Proteggere il nostro meglio, copiare le buone prassi degli altri: la ricetta di Coldiretti

Intervista al presidente nazionale Ettore Prandini, all'indomani della visita a Roma con il presidente Sergio Mattarella

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Proteggere il nostro meglio e "copiare" le buone prassi degli altri. Sia in agricoltura,  che nella gestione del territorio e nella pianificazione urbanistica ed economica del Paese. All'indomani dell'incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione degli 80 anni di Coldiretti, il presidente nazionale Ettore Prandini parla a braccio, ma "tutto si tiene" nelle sue argomentazioni.  Spazia dai più piccoli problemi dell'agricoltura bresciana (che da bresciano ben conosce), sino ai massimi sistemi della le produzioni agroalimentari italiane.

 

Le sfide dell'agricoltura, partendo da Brescia

Venerdì, durante un incontro organizzato a Brescia cui ha partecipato anche la presidente della locale Coldiretti Laura Facchetti, Prandini ha preso le mosse dalla fine di un'estate calda sul fronte della biosicurezza. Emergenze sinora sotto controllo, ma che Coldiretti ha comunque portato sui tavoli nazionali ed europei insieme ad altre decine e decine di dossier, certi che, come ha spiegato Prandini, il futuro del settore primario locale ma anche nazionale dipenderà dalla capacità dei suoi rappresentanti di fare sistema. La posta in gioco, del resto, è il futuro di uno dei settori più strategici dell'economia nazionale.

L'agroalimentare italiano: un tesoro che vale 70 miliardi all'anno

Partiamo dai numeri. L'agroalimentare italiano oggi vale per l'export 70 miliardi di euro all'anno , un dato in continua crescita ma che nasconde un potenziale ancora pesantemente inespresso. Specie se si considera che l'Italian sounding (prodotti che sembrano italiani, ma sono prodotti e venduti altrove) nel mondo vale da solo 120 miliardi. A strozzarne lo sviluppo, ha argomentato Prandini, è soprattutto l'atavica mancanza di politiche di ampio respiro a livello nazionale, ed europeo.

Il cibo come strumento geopolitico

Copiare dall'estero, in questo caso, può essere utile, tanto più in un momento di fortissime tensioni internazionali. L'agricoltura è anche infatti, ha proseguito il presidente, uno strumento per la costruzione della stabilità internazionale.

"L'Europa deve cambiare pelle - argomenta Prandini - Cina e Stati Uniti ritengono la produzione di cibo un elemento strategico per la tenuta sociale, oltre che economica, interne. La Cina è diventato il primo produttore di grano a livello mondiale e detiene più del 50 percento degli stock di grano al mondo, utilizzando peraltro per scopi geopolitici. Allo stesso modo, è l'Europa che dovrebbe intervenire con piani analoghi".

Ad esempio per strappare alla Cina il controllo dell'Africa.

"L'Europa dovrebbe immaginare un intervento, non in forma coloniale, ma in una chiave simile a quella che aveva animato in Pianura padana la riforma agraria nel secolo scorso, quando migliaia di mezzadri diventarono lentamente piccoli imprenditori".

Una strategia che avrebbe anche riflessi sul tema dell'immigrazione verso l'Europa, a beneficio di centinaia di migliaia di uomini e donne che "attraversano un dramma personale e umano, perché non hanno possibilità di sviluppo stando dove stanno".

Sovranità e sovranismo: falsi sinonimi

Prandini ha poi parlato della necessità di distribuire ancora in modo più massiccio l'agroalimentare italiano sui mercati europei, sposando in questo senso le tesi di Mario Draghi su un concetto europeo di sovranità alimentare.

"Sovranità non è sovranismo. La sovranità a livello europeo è la capacità di crescita interna per essere più competitivi e autosufficienti. Per conquistare sempre di più mercati internazionali con i nostri prodotti. Lo si fa investendo i fondi della Pac su chi produce e investendo in ricerca e formazione".

L'Intelligenza artificiale, l'acqua e l'agricoltura

In questo senso si dovrebbe innestare però anche una maggiore attenzione allo sviluppo e alla manutenzione delle reti. Non solo quelle digitali (anche se pure la sfida dell'infrastrutturazione per i dati sarà centrale per contrastare lo spopolamento delle aree interne) ma anche quelle - molto più fisiche - delle acque. Due infrastrutture che si intrecciano in modo forse inatteso, ma aprendo un tema del tutto nuovo.

"Nella gestione delle reti idriche anche a Brescia ci sono inefficienze esponenziali, ed è paradossale nel 2024. Non solo nel Meridione ma anche da noi". Contemporaneamente, lo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale implicherà in futuro anche la necessità di importanti volumi di acqua per il raffreddamento dei data center. "Settemila litri a persona al giorno" spiega Prandini.

I cattivi della sostenibilità non sono gli agricoltori

Tra le sfide in agenda, al tempo dei social, c'è tuttavia anche quella - centrale - della comunicazione. Il mondo agricolo, responsabile complessivamente di non più del 7 percento delle emissioni climalteranti, è molto spesso ferocemente indicato come una sciagura ambientale, e gli allevatori spesso accostati ad accaniti e impenitenti inquinatori industriali. Intere praterie sui social network sono popolate da hater professionisti che vedono nell'allevamento e nell'agricoltura intensiva, pilastri dell'economia anche bresciana, vedono il Diavolo in persona. Campagne, in molti casi, organizzate ad arte. Prandini, come se le spiega?

"Certo ci sono dietro interessi di carattere economico. Se punti l'attenzione su un settore, la sposti da altri settori che magari di responsabilità ne hanno di più. Per fare un esempio, penso che oggi l'Europa discute di scrivere "Nuoce gravemente alla salute" sulle bottiglie di vino, mentre non c'è il minimo problema sulle bevande energetiche, che sono considerate veleno puro da qualunque medico e pediatra". Le contromisure? Ribattere sugli stessi canali, comunicando verità scientifiche in modo chiaro ma anche emozionale. "L'ingresso di ragazzi di nuove generazioni ci aiuterà tantissimo in questo senso" spiega.

Sempre a proposito di comunicazione, tecnologia e falsi miti, un altro dibattito riguarda le Tecnologie per l'evoluzione assistita. Si tratta di techiche per modificare il patrimonio genetico delle piante in modo mirato, per rendere le varietà vegetali più resistenti ai parassiti. Eppure, al pari degli Ogm, spesso molto avversati. "Strumenti straordinari per ridurre l'utilizzo di agrofarmaci, e al tempo stesso per guardare al mercato globale - spiega Prandini - L'abbiamo visto con la Xilella in Puglia e con la cimice asiatica in Emilia Romagna. Arrivano insetti che non hanno antagonista in natura. E si riproduce a tal punto da diventare un problema enorme".

L'autonomia territoriale non fa bene all'internazionalizzazione?

"Qualche politico si arrabbierà" premette Prandini. Ma anche sulla gestione della logistica c'è da lavorare. Sia a livello nazionale che locale.

"Le nostre vere autostrade devono essere le vie di mare e le rotaie - ha spiegato - Parlando di prodotti deperibili, ci consentirebbe di arrivare prima degli spagnoli nei mercati del Nord Europa. La Spagna si muove come sistema nazionale e in questo senso ha vinto sui tempi di trasporto del prodotto ortofrutticolo. Parliamo di autonomie territoriali. Va benissimo per i servizi alla persona. Ma pensare di delegare alle Regioni la pianificazione delle infrastrutture, al commercio estero e all'internazionalizzazione, significa non conoscere assolutamente il mercato internazionale".

Mentre dalla Bergamasca si sposta verso est "l'invasione delle micro logistiche" attorno a Brebemi, bruciando ettari ed ettari di campi, c'è da sperare in un'inversione di marcia a 360 gradi che parta dal principio per cui su gomma le merci debbano percorrere solo l' "ultimo miglio".

Fossimo stati lungimiranti avremmo un solo hub logistico bresciano, a Montichiari

La pianificazione urbanistica non potrà insomma più prescindere dalle esigenze dell'agricoltura e le esigenze di piccole e disarticolate logistiche locali non potranno più consumare suolo fertile.

"Se la nostra provincia fosse stata lungimirante, avrebbe dovuto individuare un solo hub logistico nella zona di Montichiari - ha spiegato - da lì doveva passare la linea ferroviaria dell'alta capacità, formando uno snodo centrale per la Pianura padana e rilanciando l'aeroporto".

Il governo del territorio, l'agricoltura, l'invasione delle micro-logistiche

Di nuovo: "Anche qualche sindaco si arrabbierà" è la premessa. Ma "abbiamo costruito centri logistici in zone che non hanno viabilità, con carichi di traffico pesante che andrà ad incidere sull'intera collettività". Serve, continua, un cambio di prospettiva.

"L'assenza della politica ha fatto prevalere l'egoismo e l'interesse di pochi, portando a deturpare l'ambiente in cui viviamo. La logistica vera è quella che vediamo in paesi come la Spagna, in cui si decide a livello nazionale dove devono essere costruiti gli hub. E li costruisce dove ci sono le infrastrutture necessarie".

Insistere sul solo trasporto su gomma, con costi ambientali ed economici decisamente superiori, è la strada sbagliata.

"I piani di governo del territorio? Andrebbero decisi in Regione, non nei singoli Comuni, che dovrebbero gestire il solo aspetto residenziale. Abbiamo zone produttive, nei nostri comuni, che vedono insieme artigianato, logistica e industria, tre realtà che hanno esigenze completamente diverse" conclude il presidente.

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