Il caso

Obiettivi di vendita e canoni capestro: da Brescia scatta la rivolta dei tabaccai

Il settore una volta considerato tra i più sicuri del piccolo commercio, è in crisi

Obiettivi di vendita e canoni capestro: da Brescia scatta la rivolta dei tabaccai
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Verso la la fine del dicembre 1847, in Lombardia scoppiò lo sciopero del tabacco: un movimento di popolo, che a pochi mesi dalle Cinque Giornate di Milano predicava l'astensione dal fumo e dal gioco del lotto, monopòli imperiali, con l'intento di boicottare l'Impero asburgico al governo. Poco ci manca, 178 anni più tardi, che potremmo arrivare allo sciopero dei tabaccai.

Dal porto sicuro alla crisi

È infatti apparentemente paradossale, ma il settore una volta considerato tra i più «sicuri» del piccolo commercio, è in crisi. Non soltanto perché si fuma di meno (il tabacco lavorato è passato da circa 120 milioni di chilogrammi commercializzati in Italia a poco più di 61 milioni, in 15 anni) ma anche e soprattutto perché il dietro le quinte di una tabaccheria media è stata recentemente popolata da un'inquietante matrioska legale di lacci e lacciuoli economici che legano gli esercenti ai distributori (privati, che lavorano in monopolio per conto dello Stato) del gioco legale. Gratta e vinci, in sostanza, ma anche lotterie online e tradizionali come il Lotto e il Superenalotto: per fornire questi servizi, gli esercenti sono sottoposti spesso a condizioni capestro, «obbligati» nei fatti a pagare canoni che sommati possono arrivare anche a 1300-1400 euro al mese. Oppure, a raggiungere e mantenere sempre più stringenti obiettivi di vendita, con il risultato da una parte di rendere insostenibili i bilanci e di acuire la già preoccupante china discendente del settore.

La rivolta che parte (anche) da Brescia

A Brescia, la riscossa è partita nei mesi scorsi da un tabaccaio di Sarezzo, Mauro Pasini, delegato regionale del sindacato UIT (Unione italiana tabaccai), seguito a ruota da alcune centinaia di esercenti molti dei quali nella Bassa. Tra loro c'è Raffaele Alfinito, che da più di trent’ anni ormai gestisce una tabaccheria-edicola di Pontoglio. La situazione ha un che di paradossale, spiega. «Da qualche anno a questa parte, per fornire diversi servizi (come Mooney, o le scommesse Sisal, ma anche i classici Gratta e vinci gestiti dalla concessionaria IGT Lottery, ndr) ci viene chiesto di pagare dei canoni mensili, formalmente non obbligatori - spiega - In realtà, il pagamento è di fatto un obbligo, perché l'alternativa è raggiungere obiettivi di vendita decisamente importanti, e sempre in crescita. Pena, lo scioglimento delle convenzioni e quindi la possibilità stessa di fornire quei servizi e lavorare».

Condizioni capestro sulle quali la stessa Federazione italiana tabaccai (Fit), secondo Alfinito, sta facendo poco o nulla, essendo a sua volta, in quanto associazione di categoria più rappresentativa d'Italia, legata dal punto di vista societario ad alcune delle stesse società di gestione dei giochi legali. Il risultato è chiaro: «Questo lavoro non vuole più farlo nessuno e le licenze sono diventate sostanzialmente invendibili» lamenta il commerciante pontogliese.

A rischio le politiche contro la ludopatia

Ma il paradosso è ancora più evidente se all'equazione si aggiunge l'assurda elusione alle politiche contro la ludopatia che lo stesso Stato impone agli stessi tabaccai, proprio mentre per il tramite delle concessionarie impone anche dei budget di vendita sui propri monopoli.

"Un esempio? Nelle scorse settimane ho dovuto frequentare un corso di formazione obbligatorio per la gestione dei clienti ludopatici - spiega Pasini - Da un lato la Federazione ci chiede di intervenire e di fermare le vendite compulsive, quando ci troviamo di fronte a persone in difficoltà con il vizio del gioco. Dovremmo parlare con il cliente, invitarlo a chiamare un numero verde anti-ludopatia, e cercare di coinvincerlo a tornare a casa. Dall'altro ci chiedono di vendere sempre più Gratta e vinci, altrimenti potrebbero tagliarci fuori e farli vendere ad altri esercenti".

Nelle scorse settimane, Pasini da Brescia ha mobilitato la politica locale con l'intenzione di portare la questione a Roma. Ad interessarsi della vicenda, nei giorni scorsi, è stato il deputato di FdI Marco Osnato, insieme al collega del Pd Gian Antonio Girelli (che ha presentato un'interrogazione parlamentare al Ministro dell'Economia). Sono stati inoltre presentati diversi esposti alla Procura di Brescia e di Milano, ed è stata scritta una lettera indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Al momento, ha fatto sapere Osnato ai tabaccai, è in corso a livello parlamentare un'indagine conoscitiva per far luce sul fenomeno e per, eventualmente, spezzare il circolo vizioso che sta logorando il settore.

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