Economia

Dazi al 15%, gli effetti su Brescia. Confindustria: “Contrazione stimata in 339 milioni”

Il commento di Confindustria Brescia e di Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti

Dazi al 15%, gli effetti su Brescia. Confindustria: “Contrazione stimata in 339 milioni”

Poteva andare certamente peggio (poteva piovere, dicono i maligni), ma l’accordo tra Usa e Ue sui dazi statunitensi al 15% non può non preoccupare anche l’economia locale. Per quanto sia stata dimezzata l’aliquota mostruosa minacciata inizialmente da Donald Trump, sia la manifattura che l’agroalimentare risentiranno in modo importante della nuova politica commerciale atlantica, come dimostrano le prime stime (provvisorie) sull’export.

Streparava: “Profonda incertezza”

Paolo Streparava

Tra i primi a manifestare disagio, il neo presidente di Confindustria Brescia Paolo Streparava.

“L’introduzione dei dazi statunitensi al 15% rappresenta un fattore di profonda incertezza per l’economia italiana e per l’intero comparto manifatturiero europeo. Si tratta di una decisione che colpisce un sistema già provato da una domanda globale in rallentamento, e che rischia di compromettere ulteriormente le nostre capacità di penetrazione su un mercato strategico come quello americano” spiega. “Non dimentichiamo che, in questo contesto, la Germania – da sempre il nostro principale partner commerciale – non ha ancora mostrato segnali concreti di ripresa – prosegue il presidente degli industriali bresciani – Questa stagnazione pesa inevitabilmente anche sulla nostra economia, che si troverà ora ad affrontare una duplice sfida: la debolezza del mercato europeo e le nuove barriere imposte oltre Atlantico.”

Gli effetti per Brescia: l’industria stima contrazione dell’export da 339 milioni

“Sebbene le prime stime sull’impatto dei dazi sul PIL nazionale appaiano contenute, sappiamo bene che le misure commerciali di questo tipo hanno tuttavia effetti strutturali e difficilmente quantificabili nel breve periodo – prosegue il numero uno degli industria bresciani – Anche una soglia decisamente inferiore sarebbe potuta diventare altamente penalizzante, se considerata nel quadro attuale e alla luce dell’andamento del cambio euro-dollaro, che ne amplifica gli effetti negativi. Per quanto riguarda Brescia, la più recente simulazione effettuata dal Centro Studi (dazi al 15% + svalutazione del dollaro da gennaio ad oggi), in analogia con il ragionamento proposto da Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, comporta una contrazione dell’export di ben 339 milioni, poco meno del 2% sulle esportazioni complessive della provincia. Sono comunque numeri che, verosimilmente, sottostimano il fenomeno: infatti, tali simulazioni non considerano gli effetti indiretti dei dazi, quali la perdita di fatturato a carico delle imprese bresciane, derivante dalla minore domanda da parte di clienti italiani ed europei, a loro volta esportatori verso il mercato nordamericano. In ogni caso stiamo lavorando in questi giorni a una survey che coinvolge oltre 200 associate per raccogliere valutazioni sulle strategie di reazione messe in atto. Va infine sottolineato come persistano ancora significative zone d’ombra sulla portata effettiva della tassazione, soprattutto in relazione a specifici prodotti. La mancanza di chiarezza normativa rende difficile per le imprese pianificare le proprie strategie industriali e commerciali”.

Il settore Primario: l’allarme di Coldiretti

Ettore Prandini

Anche il settore Primario non la vede particolarmente rosea, come dimostra una nota dell’ufficio stampa nazionale di Coldiretti (il presidente, come noto, è il bresciano Ettore Prandini).

“L’accordo con tariffe al 15% è sicuramente migliorativo rispetto all’ipotesi iniziale del 30% che avrebbe causato danni fino a 2,3 miliardi di euro per i consumatori americani e per il Made in Italy agroalimentare. Tuttavia, il nuovo assetto tariffario, avrà impatti differenziati tra i settori e deve essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro. Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato” commenta.

No a concessioni sulla qualità delle importazioni

Coldiretti tiene in particolare a ribadire come non possano essere ammessi in Italia “prodotti agroalimentari che non rispettano gli stessi standard sanitari, ambientali e sociali imposti alle imprese europee”. E che quindi il mercato europeo ed italiano resti protetto, da questo punto di vista, da possibili inondazioni di agroalimentare americano di qualità inferiore. “È fondamentale che l’Unione Europea continui a difendere con fermezza il sistema delle Indicazioni Geografiche, che rappresentano una garanzia di qualità e origine, e un presidio culturale ed economico del nostro cibo” continua l’associazione.

Gli Usa un mercato fondamentale, già minacciato dall’italian sounding

“Abbiamo sempre spinto per un accordo e per superare l’incertezza che stava creando danni seri alle nostre imprese. Gli Stati Uniti restano un mercato fondamentale, dove dobbiamo proteggere i consumatori dalle imitazioni del falso made in Italy – dichiara il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo – In un mercato già invaso da prodotti come il parmesan o il romano cheese made in USA, dobbiamo portare avanti un’azione strutturale per promuovere il Made in Italy autentico e contrastare l’italian sounding, che negli Stati Uniti provoca ogni anno perdite stimate in oltre 40 miliardi di euro”.