Economia

Caffè amaro a Coccaglio: la Bialetti diventa cinese

Un fondo lussemburghese, Nuo Capital, che fa capo al magnate cinese Stephen Cheng, ha comprato la Bialetti, storica azienda che ha inventato la moka

Caffè amaro a Coccaglio: la Bialetti diventa cinese
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L'uomo coi baffi, storica mascotte da "Carosello" delle caffettiere italiane Bialetti, non è più italiano, tantomeno bresciano, ma cinese. La storica azienda di Coccaglio, sinonimo in tutto il mondo della stessa parola "moka", è stata infatti acquistata per circa 49 milioni di euro da un fondo lussemburghese, Nuo Capital, che fa capo al magnate cinese Stephen Cheng. La compravendita riguardava il 78,567% delle azioni di Bialetti.

La principale azienda di Coccaglio diventa cinese

Fondata nel 1919 da Alfonso Bialetti in Piemonte, a Omegna (oggi nella provincia del Verbano Cusio Ossola), l'azienda ha oggi sede a Coccaglio, ed è una delle aziende più grandi del paese franciacortino. Legata a doppio filo alla storia della moka in alluminio, che ha di fatto inventato ed esportato in tutto il mondo, Bialetti è l'ennesimo simbolo del Made in Italy che lascia il Belpaese. "Ho acquistato questo meraviglioso marchio più di 30 anni fa. Bialetti oggi è una realtà internazionale con un grande potenziale" ha affermato all'Ansa Francesco Ranzoni, presidente di Bialetti Industria. L'operazione di acquisto da parte del magnate cinese "si snoda attraverso l'acquisto delle quote, il rifinanziamento dell'indebitamento della società e l'offerta pubblica di acquisto che porterà il delisting da Piazza Affari".

Se la storia è corsi e ricorsi, è curioso notare come già nel 2011 davanti all'azienda di Coccaglio comparve un cartello di protesta, affisso dai sindacati nel contesto di una vertenza, che raffigurava l'omino con i baffi, simbolo della Bialetti, come un cinese. Sullo sfondo, la bandiera della Repubblica popolare.
Se la storia è corsi e ricorsi, è curioso notare come già nel 2011 davanti all'azienda di Coccaglio comparve un cartello di protesta, affisso dai sindacati nel contesto di una vertenza, che raffigurava l'omino con i baffi, simbolo della Bialetti, come un cinese. Sullo sfondo, la bandiera della Repubblica popolare.

L'operazione finanziaria entro giugno

Collaterale alla vendita, infatti, è infatti la sparizione dell'azienda dalla principale piazza di borsa italiana, nella quale aveva fatto il suo debutto nel 2007. L'operazione complessiva messa in campo da Nuo Capital vale circa 49 milioni: Bialetti Investimenti e Bialetti Holding cedono il loro 59,002% per 47,3 milioni, mentre Sculptor Ristretto Investment, il 19,565% per 5,7 milioni. L'operazione dovrebbe concludersi entro la fine di giugno 2025. Poi sarà lanciata l'OPA (Offerta pubblica di acquisto) totalitaria, per il ritiro delle azioni sulla borsa italiana.

Nel frattempo, si apprende dall'Ansa che "il Cda di Bialetti si riunisce il 18 aprile al fine di effettuare eventuali ulteriori valutazioni in merito al presupposto della continuità aziendale inclusa nel progetto di bilancio d'esercizio e nel bilancio consolidato 2024, approvati dal board il 14 aprile".

La storia della Bialetti, dal Piemonte a Coccaglio alla Cina

È incredibile pensare come uno studio del 2010 ha calcolato che il 90% delle famiglie italiane possiede una caffettiera di produzione Bialetti. Con la morte del fondatore Alfonso Bialetti, nel 1970 l'azienda passò al figlio Renato. Nel 1986 l'azienda passò di mano (all'epoca aveva circa 200 dipendenti e un fatturato di 20 miliardi di lire), e cominciò a produrre anche piccoli elettrodomestici e macchine da caffè. Arrivò a Brescia nel 1993, grazie a Rondine Italia, azienda di Coccaglio della famiglia Ranzoni, che già pruduceva, dal 1947, strumenti per la cottura. Nel giro di pochi anni si arrivò alla fusione con la nuova proprietà. Nacque così Bialetti Industrie, il cui presidente è appunto Francesco Ranzoni.

Il nuovo patron sarà Stephen Cheng, magnate cinese nipote del fondatore della World-Wide Shipping, una delle più grandi compagnie di trasporto marittimo al mondo.  Cheng ha in passato già investito in brand storici del Made in Italy come Venchi, Bending Spoons, Slowear e Scarpa.

 

 

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