Villa romana: tra storia e misteri
L’artista e il poeta intrecciano immagini, imitano, divagano. La società romana aveva un culto della vista. Pensiamo alla morte, negli spettacoli, l’ossessione visiva era tale che Nerone usava controfigure per le scene cruente nelle rappresentazioni delle tragedie di quello stesso Seneca che predicava di evitare i ludi dei gladiatori. Gli oltre 240 mq di mosaici della villa romana di Desenzano sono una selva, un labirinto di immagini di quel gusto tardo antico (dal III al IV sec. d.c.) che, alle parole di S. Taylor Coleridge, anticipava il Gotico. Una selva popolata di belve che cacciano, menadi e satiri che prendono parte a scene di vita rustica e agreste, amorini che corrono su carri, vendemmiano, pescano su barche in mezzo al lago. Le immagini descritte dai poeti ci sono tutte, non direttamente il Virgilio delle Georgiche, non l’Ovidio degli Halieutica, semmai nei loro revival decadenti e irrazionalistici dei Cynegetica o dei poemetti sulla pesca di Olimpio Nemesiano.
Immagini che generano labirinti e selve della mente; le pescagioni riportano al carpione, salmonide endemico benacense apprezzato dall’imperatore Tiberio, leggendario pesce che si nutre d’oro il cui mito metamorfico deriva dalla punizione che Ercole di ritorno dal giardino delle Esperidi con i pomi d’oro (i limoni), o Saturno reduce dalle nozze tra il fiume Sarca e la ninfa Garda, inflissero al brigante Carpo.
Il Cinquecento del Voltolina, del Fracastoro, o di Giorgio Iodoco ne trarrà numerosi poemi. La vendemmia invece, attesta la probabile presenza di vitigni (il trebbiano/turbiana è quello autoctono) sul Garda dall’età romana. Qualunque fosse il possessor della villa – si è ipotizzato un «eponimo» Flavio Magno Decentio, «Cesare» dell’usurpatore Magnezio sconfitto nel 353 a Monte Seleuco in Francia da Costanzo II – situata in prossimità della via Gallica che collegava Bergamo, Brescia e Verona, e i cui massi riaffiorano ancora oggi nel lago dinnanzi a Rivoltella, egli ci ha lasciato il più importante esempio di villa tardo antica dell’Italia settentrionale. Testimonianza che dal 1921, data della scoperta si è ampliata (e forse si amplierà?) sino ai 4 attuali settori. Nell’antiquarium d’ingresso è collocato un museo composto da tre sale che espone materiali ritrovati negli scavi, tra i quali resti di statue e ritratti, e un frantoio per la spremitura di uva o di olive. Da un pozzetto è possibile vedere un ipocausto, ovvero una camera calorifera sotterranea.
Il settore A, risalente al 300-330 d.C., è quello più “famoso” grazie alla presenza dei mosaici sopracitati. In esso si trovano il vestibolo ottagonale che dava accesso alla spiaggia e il peristilio, un cortile interno circondato da portici su tutti i lati ornato di statue, dal quale si accede all'atrio a forcipe e al triclinium, ovvero la stanza di rappresentanza triabsidata. Al peristilio fa da contrappunto il viridarium, un giardino appartato arricchito dalla fontana con nicchie decorative del ninfeo. I settori C e D, scoperti negli anni ‘70, portano una riflessione di grande attualità, a distanza di secoli. Ci troviamo infatti con buona probabilità dinnanzi a locali con funzione termale. Al presente che propone un termalismo a Desenzano, suona ironico sapere che forse le terme c’erano già 1700 anni prima. Visitare la villa romana significa ripercorrere i sentieri un tempo battuti e che riemergono dell’antico. Testimonianze poco lontane creano una rete di siti e centri di grande interesse museale e archeologico che arricchiscono culturalmente lo splendido territorio gardesano, dalle celebri Grotte di Catullo a Sirmione, alla fornace di Lonato, al sarcofago di Atilia Urbica (II-III sec d.c.) conservato a Desenzano nel chiostro del museo Rambotti e al quale Girolamo Bagatta, fondatore del Ginnasio, dedicò uno studio. Pochi alberi, vestigia della selva Lugana, richiamano alla memoria il luogo ove nel 268 d.c. le legioni di Claudio II e l’esercito dei Goti Alamanni e Luthungi frastagliarono il cielo di lance. Labirinti romani sul Garda.