Rovato

Tutti i bresciani sono un po’ bergamaschi: la rivelazione delle ricerche di Fossadri

Non è una provocazione, e neppure una strana fantasia: semplicemente, dagli studi effettuati dal rovatese Alberto Fossadri.

Tutti i bresciani sono un po’ bergamaschi: la rivelazione delle ricerche di Fossadri
Pubblicato:
Aggiornato:

di Stefania Vezzoli

Storicamente rivali nel calcio, le province di Brescia e Bergamo sono state indissolubilmente unite prima durante la feroce ondata del Covid nel 2020, poi quest’anno nella capitale della cultura 2023. Ma se si scoprisse che quasi tutti i bresciani, sotto sotto, sono un po’ bergamaschi?

Tutti i bresciani sono un po’ bergamaschi: la rivelazione delle ricerche di Fossadri

Non è una provocazione, e neppure una strana fantasia: semplicemente, dagli studi effettuati dal rovatese Alberto Fossadri, autore del libro «Origine delle famiglie e dei cognomi bresciani», emerge che il 70% dei cognomi bresciani trova origine dalla provincia di Bergamo. Dopo la peste del Trecento, buona parte della popolazione delle valli bergamasche decise di trasferirsi in territorio bresciano: si trattava innanzitutto di notai (all’epoca non esisteva una scrittura privata libera e visto che il commercio nella nostra provincia era fiorente, c’erano maggiori opportunità), ma anche commercianti, contadini e cittadini intraprendenti che avevano risorse da investire. Furono migrazioni numerose, che proseguirono nei secoli anche per altre cause (nel Settecento dalle vallate alpine si spostarono intere famiglie per scappare dall’ondata di freddo). Il mercato di Rovato, storicamente fiorente, attirò popoli anche da altre Regioni, in particolare dalla Liguria.

La pubblicazione, edita Gam e data alle stampe nell’anno della cultura, è il frutto di un lavoro instancabile ed è stata presentata giovedì scorso nella sala del pianoforte del Municipio, alla presenza dell’autore, del sindaco Tiziano Belotti, dell’assessore Valentina Bergo, di don Gianni Donni, presidente dell’Associazione per la storia della chiesa bresciana nonché ideatore e primo promotore del corso di avviamento alla ricerca storica frequentato da Fossadri, e di Michele Scalvenzi, segretario di Fondazione Cogeme.

«Alberto è un geometra, con una moglie e una figlia - ha esordito il sindaco Belotti - A 33 anni è già autore di due testi e questo è il terzo. Esce dalla scuola di don Donni e quando l’ho incontrato la prima volta, all’evento di fine corso, mi aveva impressionato, pensavo fosse un ricercatore universitario. Invece no: è una persona normale che trova il tempo di fare queste cose. Un ragazzo molto molto valido, penso che lo ritroveremo ancora con altre pubblicazioni. Questa è un’opera veramente impegnativa che ha richiesto tre anni di lavoro fatto con grande passione».
L’assessore Bergo ha elogiato l’attività della scuola fondata da don Donni: «Studiare il passato locale è un modo per dimostrarne l’interesse. Vivere in luoghi dove si respira la storia aiuta a trovare un terreno fertile e queste sollecitazioni dal territorio rendono la popolazione più curiosa».

Don Donni ha portato l’attenzione sul metodo di lavoro, molto serio, adottato da Fossadri: «Nel libro ci sono due pagine di elenchi dei materiali archivistici che ha consultato con i numeri e la collocazione».

Rispondendo alle domande poste da Michele Scalvenzi, l’autore ha spiegato che il criterio di selezione è stato sostanzialmente legato alla documentazione rinvenuta:

«Ho scelto quelli che mi si sono parati davanti, se l’origine non era chiara ho dovuto lasciar perdere. E’ più facile trovare l’origine di un cognome raro che di uno più diffuso. Uno degli ultimi che ho inserito, Scutra, diffuso soprattutto a Castelcovati e Roccafranca, deriva da un milite albanese di Scutari che all’epoca prestava servizio a Urago e che ne è il capostipite».

Fossadri ha precisato che non esiste una regola su come si forma un soprannome e che i cognomi possono derivare da caratteristiche fisiche, elementi legati alla posizione sociale della famiglia, mestieri, territorio di provenienza (Mantegari dall’appennino parmigiano posto nella valle del Taro, sul confine con la Liguria, Lagorio da un nucleo proveniente da Montemoggio, in provincia di Genova) ma nell’80% dei casi sono patronimici, ossia identificano le persone come figli del capostipite. «Da Giovanni, ad esempio, deriva Zani, ma anche Svanera (da Zuanera, che identificava sempre Giovanni), da Giacomo scaturisce Cominelli», ha spiegato.

Oltre agli archivi e agli estimi (Rovato ne ha conservati tantissimi), Alberto Fossadri ha consultato molte pubblicazioni già edite sul tema, cercando di vagliarle con senso critico e senza pretese di assolutezza. «La ricerca proseguirà negli anni a venire - ha precisato - L’obiettivo del libro era allargare l’indagine all’intera provincia facendo un sunto delle ricerche sul tema. Certamente sarò incappato in qualche errore, ma da qualche parte bisogna pur cominciare e io spero di andare avanti».

Singh e Kaur i più diffusi, terzo Vezzoli

Se nel libro di Alberto Fossadri, che indaga l’origine di oltre 700 cognomi bresciani, sono elencati i più diffusi nel Comune di Brescia nel 2021 (sul podio, dal primo al terzo, Singh, Ferrari e Kaur, ma nella top ten figurano anche Rossi, Lombardi, Romano, Alberti, Hu, Filippini e Savoldi), il sindaco Tiziano Belotti ha svelato quelli più ricorrenti a Rovato. In vetta alla classifica c’è, anche qui, Singh, seguito da Kaur e Vezzoli; al quarto posto Lazzaroni, seguito da Lancini, Zani, Gatti, Gashi, Venturi e Buffoli nella top ten. «Belotti è “solo” al 74esimo posto», ha aggiunto il primo cittadino, esprimendo l’auspicio che nella prossima pubblicazione possa trovare spazio anche l’origine del suo cognome.

Il sindaco ha sottolineato che Rovato ha maggior percentuale di cittadini stranieri. In effetti, in base ai dati Istat riferiti al 2023, i residenti a Rovato sono 19.277, di cui 3.706 stranieri (il 19,25%); a Brescia città la percentuale scende al 18,96%; a Chiari, comune dalle dimensioni simili a Rovato (i residenti sono 19.164), i cittadini stranieri rappresentano il 17,35% della popolazione.

L'autore

Classe 1989 (compirà 34 anni a dicembre), residente nella frazione Duomo, Alberto Fossadri è appassionato di storia fin da piccolo.
Già a sei anni, infatti, la studiava per conto suo, ma è stato intorno ai vent’anni che ha iniziato a fare delle ricerche per approfondire l’origine del suo cognome e della sua famiglia. Fondamentale si è rivelato l’incontro con i corsi di ricerca storica promossi da don Giovanni Donni, archivista, presidente di Brixia Sacra e autore di numerose opere di saggistica legate al territorio bresciano. «La scuola di don Gianni mi ha dato un metodo che avrei faticato ad affinare da solo», ha spiegato.

Oltre ad articoli su giornali e riviste e a numerose interessanti pubblicazioni sui social, Alberto Fossadri ha già pubblicato alcuni volumi. Nel 2014 il libro «100 anni di asilo con le suore Adoratrici», realizzato per celebrare il secolo di presenza delle suore Adoratrici nella comunità di Duomo; in tempi più recenti, nel 2020, in piena pandemia, è uscito il suo primo romanzo, intitolato «Congiure in Franciacorta». Ambientato nella Brescia Malatestiana del Quattrocento, ripercorre le vicende che hanno sconvolto la Lombardia orientale fino all’arrivo della Serenissima, seguendo le vicissitudini di personaggi realmente esistiti.

Seguici sui nostri canali