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Trentacinque tappeti della collezione Zaleski raccontano l’Asia centrale

I nodi di queste vere e proprie opere d’arte tessile dialogheranno con installazioni contemporanee al Castello di Brescia

Trentacinque tappeti della collezione Zaleski raccontano l’Asia centrale
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Fare cultura attraverso l’antica arte dei tappeti e della tessitura raccontando di terre lontane e popoli antichi tramite il confronto con il contemporaneo. La mostra "I nodi dei giardini del Paradiso", co-prodotta da fondazione Brescia musei e Fondazione Tassara per Bergamo Brescia Capitali della cultura 2023, rappresenta una novità assoluta nel panorama delle esposizioni storico-artistiche. Ma cosa si potrà ammirare nella mostra che verrà inaugurata il primo di aprile al Grande miglio, nel cuore del Castello di Brescia?

Trentacinque tappeti della collezione Zaleski raccontano l’Asia centrale

"Innanzitutto chi arriverà in questo luogo potrà vedere uno straordinario spazio monumentale, che è stato riaperto proprio in occasione di questa mostra e per celebrare questa prima esposizione dei tappeti della collezione Zaleski di Fondazione Tassara, che ha sede a Breno, in Vallecamonica, ma che vede Brescia come sua città di riferimento - ha spiegato Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei - E si deve ricordare che sempre quest’anno verrà aperta la nuova sede del centro di conservazione e documentazione della stessa Fondazione, dove l’intera raccolta di tappeti verrà ospitata, studiata e progressivamente presentata al pubblico, facendo da fulcro per una serie di iniziative dedicate al tessile e alle culture extra-europee".

Degli oltre 1.300 tappeti provenienti da ogni angolo del mondo donati da Romain Zaleski alla fondazione Tassara di Breno ne sono stati selezionati 35.

"All’interno di questa collezione vastissima abbiamo scelto una zona, quella del Turkestan, cioè dell’Asia centrale tra il Mar Caspio e la Cina – ha dichiarato Giovanni Valagussa, co-curatore della mostra – Un’area immensa, dalla quale vengono tappeti di vario tipo, ma che è un’area particolarmente affascinante perché era il percorso centrale della via della seta. L’idea è anche di ragionare su un’area particolarmente interessante oggi dal punto di vista politico, dove si trova per esempio l’Afghanistan".

Una mostra per ricordare il millenario legame tra oriente e occidente, quindi, per ricordare la cultura dei nomadi, ma anche per ricordare le donne che oggi combattono per la dignità e per una parità che viene loro negata.

"Attraverso questo lavoro ciò che mi sta molto a cuore è il fatto di poter vedere dietro i manufatti, che sono molto belli, sono opere d’arte, ma dietro c’è un popolo con la sua cultura e le sue idee - ha spiegato Zaleski - Questo popolo ha inventato queste opere, le ha immaginate e le ha realizzate".

Dei tappeti esposti sarà possibile vedere letteralmente i nodi, nodi che compongono giardini colorati, terreni magici, morbide oasi nel deserto.

 

"Sono un’idea stilizzata di un suolo intimo, sacro, recintato, una sorta di giardino portatile che i popoli nomadi portavano con loro lungo le traversate nel deserto – ha proseguito Valagussa – Ci sono tipologie di tappeti diversi: i più grandi costituivano il suolo delle tende o delle abitazioni. In questo caso abbiamo degli esemplari bellissimi di tappeti a melograni rossi su un fondo blu, che danno l’idea della prosperità e di un suolo fertile. Ma in mostra ci saranno anche altre tipologie di tappeti, come gli esemplari delle coperture che si mettevano ai lati della sella per il corteo nuziale a forma trapezoidale con decorazioni geometriche, o ancora delle sacche o dei tappeti da preghiera".

L’antico dei tappeti dialogherà con opere tessili di arte contemporanea inserite in un’installazione di Letizia Cariello, che introdurrà il visitatore nel concetto di spazio morbido insieme al multimediale realizzato ad hoc dal videoartist Wladimir Zaleski.

"L’intera installazione diventa un’unica opera di arte contemporanea che include i tappeti e alcuni pezzi di arte tessile contemporanea – ha concluso il curatore – Avremo pezzi di Alighiero Boetti, di Herta Ottolenghi Wedekind, di William Kentridge, importanti di artisti che hanno usato il tessile nell’arte del Novecento".

Le presenze contemporanee diventano l’omaggio a un mezzo espressivo che non smette di ispirare e catturare ancora oggi col suo fascino sottile e delicato.

"Non è più neanche un allestimento, diventa un’opera d’arte la concezione integrata dello spazio, dei tappeti che in essa sono contenuti con questo filo rosso (uno dei caratteri tipici della Cariello) che lega tutto in una visione unitaria – ha sottolineato la Bazoli - Il contemporaneo risemantizza l’antico e l’antico dà luce al contemporaneo. Questo dialogo tra antico e contemporaneo diventa un’opera d’arte in sé. Credo che l’impatto dell’insieme sia profondo e commovente come le grandi opere d’arte sanno esserlo".

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