Storie di coraggio: Davide, affetto da autismo

Storie di coraggio: Davide, affetto da autismo
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Un percorso difficile, fatto di incomprensioni, fragilità, errori. «A volte le istituzioni attraverso la burocrazia o inadeguati professionisti riescono a complicarti la vita».
Questa è la storia di Davide Pinardi, un ragazzone di 24 anni affetto da una forma di autismo che ogni giorno affronta la sua vita con il suo papà, Fabio Pinardi, sempre al suo fianco.
Davide nasce ad Asola il 29 novembre del 1993. «Al momento della nascita sembrava essere perfetto - ci racconta Fabio - sia sul piano cognitivo che fisico. Davide è nato puntuale, nulla avrebbe mai fatto pensare a complicazioni.
All’età di un anno e mezzo Davide subisce un duro colpo: probabilmente giocando infila l’avambraccio nella fessura della porta che si forma sul lato di aggancio; richiudendosi questa ha causato una frattura scomposta. «I problemi sono nati nella fase di riabilitazione: non essendosi unito perfettamente l’avambraccio è stato nuovamente rotto e ingessato. Da quel momento mi sono accorto che Davide, probabilmente per il trauma, non sopportava la sola visione di un camice bianco, nemmeno quello del salumiere. Si agitava, era terrorizzato, si attaccava a me».
A scuola Davide fa fatica a relazionarsi, si isola completamente in se stesso e si chiude nel suo mondo. Riconosciuto il disagio gli viene affiancata un’assistenza ad personam.
«Nel percorso scolastico abbiamo trovato figure incompetenti - continua Fabio, il papà -. Dispiace dirlo ma alcune figure istituzionali non sono per niente pronte ad affrontare un problema come quello di Davide. A volte facevamo notare alcune situazioni migliorabili, senza imporre niente a nessuno. Qualcuno ci ascoltava, qualcuno non capiva ma c’era anche chi, inspiegabilmente, alzava muri colmi di arroganza ed ignoranza».
Nel suo percorso Davide ha così dovuto rimbalzare tra Desenzano e Lonato, i genitori sono arrivati al punto di sentirsi dire che «la scuola non è un ospedale».
In quarta elementare Davide incontra un’insegnante che ci teneva alla sua riabilitazione, forse in maniera troppo tenace: «Ha fatto mesi a stare male dal lunedì al venerdì, non ci spiegavamo perché questo non accadesse il sabato. Poi abbiamo capito che coincideva con il giorno in cui l’insegnante di sostegno non c’era. Questi ragazzi - continua Fabio - sono come delle spugne: assorbono tutto ciò che accade loro intorno ma non sono capaci di comunicarlo al mondo esterno, non sono in grado di farsi sentire. Serve molto tatto, molta capacità di adattamento ma quando entri nelle cerchia delle persone di cui ci si può fidare sono capaci di trasmettere amore e gioia infinita anche solo con uno sguardo».
I problemi per il nostro Davide iniziano alla fine del liceo: «Mi sono accorto che dopo la scuola - spiega Fabio - per chi è affetto da autismo c’è il nulla. Non esagero, nulla. Il percorso scolastico, con tutte le sue peripezie porta qualcosa ma alla fine del liceo mi son chiesto cosa ci restasse da fare».

Ciò che colpisce di questo «super-papà» è la tenacia e il coraggio che ogni giorno mette in campo per il suo Davide: «Abbiamo provato ad iscriverlo all’università ma non è stato accettato così ho messo in atto il piano b: insieme ad altre persone abbiamo progettato un sistema privato, un sistema che non pesasse sulla casse dello Stato, che potesse riunire le famiglie di ragazzi e bambini autistici in una “squadra”, costruendo un percors o sia formativo che sportivo capace di alleggerire i nuclei e, contemporaneamente, dare qualcosa di concreto a chi come Davide ha una prospettiva di vita sterile se non seguito».
Anche in questo caso il progetto di Davide deve fermarsi, incagliato ancora una volta nelle strette maglie dei regolamenti sanitari: «Purtroppo non è stato possibile mettere in piedi questo, principalmente per norme relative alla privacy, che impediscono i contatti fra famiglie».
Fabio non si arrende ma il percorso sembra essere sempre più in salita: «L’unica via rimasta per Davide, in quanto adulto e formato, erano i centri disabili. Purtroppo quelle strutture sono contenitori di diverse patologie, l’autismo ha una sua natura a sé e vedevo Davide spento, non contento. Inizialmente ho lottato per avere un part time - l’unica formula accettata per ospitare Davide era il full time - ma poi ho preso la non facile decisione di tenerlo al mio fianco. Sono aiutato da un assistente quattro ore alla settimana, il resto del tempo lo impiego per lavorare e per stare al fianco di mio figlio». Una scelta difficile che Fabio non rinnega: «Lo accompagno in tutte le sue attività, lo porto con me a fare la spesa o a passeggiare. Vederlo sereno, vederlo poter essere se stesso e vederlo sorridere è la csa che mi rende più felice di questo mondo».
Per chi volesse aiutare Davide e la sua famiglia è stata fondata una Onlus, Amaarti. Il sito è www.amaarti.org , all’inerno del quale potrete trovare la storia completa vista e scritta attraverso gli occhi e la penna del papà e una sezione dedicata ai quadri di Davide, una passione e un talento emersi durante gli anni della scuola e che ancora oggi rappresenta uno dei canali preferiti per esprimersi di questo ragazzone speciale.


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