Restaurato il Compianto sul Cristo morto di Zenon Veronese: la presentazione
Interverranno Roberta D'Adda, conservatrice di Fondazione Brescia Musei, e Giovanni Cherubini, consigliere dei Giovani Imprenditori Confindustria Brescia e project leader del progetto “Dalla Fabbrica all’Arte”

Restaurato il Compianto sul Cristo morto di Zenon Veronese: la presentazione.
La presentazione del restaurato Compianto sul Cristo morto
Tale opera è firmata e datata “ZENON VERONENSI PINXIT, MDXVII”, fu commissionata all’autore dalla Scuola del Santissimo Sacramento per la pieve di San Pietro in Liano, frazione di Roè Volciano, e oggi torna all’antico splendore grazie alle corpose operazioni di restauro conservativo e pulitura sostenute dai Giovani Imprenditori Confindustria Brescia. È la cinquecentesca tavola raffigurante il Compianto sul Cristo morto di Zenone Veronese, di proprietà dei Civici Musei di Brescia e in deposito al Museo Diocesano di Brescia, dove si trova ora esposta nella Galleria I, all’inizio del percorso permanente del Museo. Il risultato dell’intervento, condotto dalla restauratrice Emanuela Montagnoli Vertua con la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, sarà presentato domani (mercoledì 16 aprile 2025), alle 18, al Museo Diocesano di Brescia (Via Gasparo da Salò, 13 ingresso gratuito).
Dopo la relazione di Montagnoli, che ripercorrerà le fasi plurime del lavoro che ha restituito splendore compositivo e cromatico all’opera, interverranno Roberta D'Adda, conservatrice di Fondazione Brescia Musei, e Giovanni Cherubini, consigliere dei Giovani Imprenditori Confindustria Brescia e project leader del progetto “Dalla Fabbrica all’Arte”.
Storia e vicende conservative
Fin dal 1890 si registra l’istanza della Prefettura di Brescia alla Fabbriceria e al sindaco di Volciano affinché il dipinto fosse depositato presso la Pinacoteca di Brescia per ragioni di sicurezza e valorizzazione. Pensando di poterla trasportare nella nuova parrocchiale, la Fabbriceria accondiscende all’operazione solo nel 1904. Nel 1907 a causa della “mancata coesione dell’imprimitura” la tavola viene trasportata su tela dal bergamasco Franco Steffanoni. Con il trasporto da tavola a tela andarono perdute le tracce della battuta della cornice. La tavola fu probabilmente ridotta durante il trasporto, forse a causa del cattivo stato di conservazione del legno, provato dai continui spostamenti e dal soggiorno in luoghi inappropriati. Ad avvallare l’ipotesi, è la parte bassa decurtata (il lenzuolo funebre finisce fuori campo in modo non consono), ma anche la parte superiore del paesaggio - in particolare le tre croci del Golgota – che sembra non trovare il giusto respiro all’interno della composizione. Documentata è inoltre una pulitura eseguita da G.B. Simoni nel 1976/77 pagata dal Comune di Brescia. Un aspetto particolare della tecnica pittorica di Zenone è la diffusa presenza di pentimenti rispetto al progetto iniziale.
L’operazione di restauro ha permesso di mettere in luce alcuni danni riportati dall’opera durante i vecchi restauri, come ad esempio una grossa ossidazione da scottatura sul manto della figura di sinistra, dovuta probabilmente alla temperatura alta dell’acqua durante la svelinatura o durante la stiratura. Infine varie ridipinture celavano porzioni di colore originale, specialmente nelle due zone marginali verdi ai lati del sudario.
Il restauro
Evoluto notevolmente nella ricerca dei materiali e dei supportanti, il restauro moderno consente operazioni allora impossibili. Procedendo per livelli e per campiture, sono stati rimossi ritocchi, vernici e sporco organico sedimentato. Prima del restauro il dipinto presentava vernice ispessita e ossidata in modo disomogeneo ed estesi ritocchi su più punti della superficie pittorica, di cui erano maggiormente evidenti quelli in corrispondenza alla congiuntura delle assi di supporto. L’alterazione dei ritocchi sugli incarnati, quelli sul corpo di Cristo in particolare, è indice di una diffusa abrasione. Tra le informazioni utili a delineare la situazione e delle traversie occorse all’opera, le indagini a raggi UV hanno evidenziato i ritocchi più recenti, sopra l’ultimo film di vernice, e quelli più vecchi, posti al di sotto e la disomogeneità del film stesso. La superficie del dipinto presentava anche diverse vescicole e slittamenti tipici del rigonfiamento del colore, provocato dall’umidità apportata in occasione del trasporto. La pellicola pittorica era coperta da una spessa vernice alterata e molto lucida, le cui zone ossidate appiattivano il rilievo, cosicché i volti, barbe e capelli sfumavano nel fondo in un unico piano.
Nonostante fosse stato oggetto di almeno due puliture, il dipinto risultava ancora molto sporco al di sotto della vernice e in maniera irregolare. L’aspetto più evidente e alterante era dato dai residui di sporco e vecchia vernice rimasti all’interno delle corpose pennellate di colore, modificando sostanzialmente la luminosità degli incarnati e dei panneggi più chiari. Un ultimo aspetto al quale è stata data grande attenzione durante la pulitura, riguarda la vernice originale stesa dall’artista sopra i verdi di rame o sui bruni nel fondo: trattandosi di un pigmento instabile doveva essere protetto da una vernice patinante, spesso virata nel bruno e in evidenti colature forse dovute alla posizione verticale della tavola durante la stesura. Altre numerose colature verticali riscontrabili sul sudario potrebbero essere ricondotte a cera o solvente. A quella conservativa, è seguita una fase di restauro estetico: procedendo a tratti sottili sempre più fitti, il ritocco completativo ha colmato le lacune amalgamandole col contesto circostante.