La forza di Sara, scrittrice ipovedente

La forza di Sara, scrittrice ipovedente
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Peschiera del garda (oao)  «Basta vittimismo e cercare di impietosire, c’è chi ci marcia sopra ai propri deficit» ha esclamato Sara Rapa, brillante donna arilicense. Sara ha 34 anni, scrive libri, ha due lauree conseguite con una votazione di centodieci e lode, un dottorato di ricerca in Filosofia e diverse esperienze lavorative e formative. Sara ha anche un deficit della vista, ma il suo modo di vivere non ha nulla a che vedere con questo. Figlia di due non vedenti Sara ritiene noioso l’interesse delle persone su questa cosa, lei stessa dice: «Ho sempre vissuto la cosa come un dato di fatto, io non sono abituata a essere considerata per questo, non conta nulla e le persone tendono a dimenticarsene. Per me è come dire che una persona ha i capelli biondi o castani. Io non vivo in funzione di questo». Un singolare modo di pensare a sé stessa, forse perché lei si sente altro da questo e ha fatto tutto nonostante il deficit visivo. Per Sara non sono questi i problemi della vita, pensa che questo sia molto meglio rispetto alla condizione di chi non può camminare o chi ha deficit anche psicologici che costringono a rinunciare a vivere dignitosamente, anche perché per lei e per chi le sta intorno, ha le sue capacità, come tutti. Con la sua tenacia e la sua fermezza dichiara di fare tutto ciò che vuole, per lei non si tratta di qualcosa che non ha, ma di «un pezzo del puzzle e non di certo la cornice». Sorridendo ha raccontato della sua vita, del suo imparare a leggere con le dita e di come si senta fortunata: «Io ho avuto in anticipo quello che per la gente oggi è un qualcosa di comodo: i libri in formato digitale. Alle scuole elementari anche i miei compagni hanno imparato qualcosa del Braille. Forse l’unica cosa che non ho potuto fare è stata quella di diventare una pallavolista professionista alla “Mila Hazuki”, ma ho fatto quello che volevo». Sara sta anche frequentando i corsi per diventare insegnante di yoga e raccontando i primi momenti in cui doveva imparare le posizioni di questa disciplina, afferma che la sua insegnante Paola Polli ha solo iniziato a parlare di più durante le lezioni, «Niente di eccezionale», lo definirebbe lei. Sara come passatempo si documenta e sperimenta sulle amiche tipologie di massaggi, nonostante molti siano attaccati alla credenza comune che senza un senso, gli altri si acutizzino. Lei dichiara che non è vero e lo spiega dicendo che nonostante lei usi indice e anulare per leggere, il dito con maggiore sensibilità è il pollice. Non crede quindi alla concezione del «Tolto uno, gli altri migliorano», ma più nelle doti di una persona, nelle sue qualità. Nonostante per lei sia noioso, questo tipo di pensiero è affascinante, perché spiega come il sentirsi bene con sé stessi e non in funzione di qualcosa, rovesci completamente il quadro. Non è una questione di avere qualcosa in più o in meno di un’altra persona, ma accettare la vita senza le sovrastrutture mentali, che Sara dichiara di non aver costruito anche grazie ai suoi genitori, che l’hanno lasciata libera di essere e muoversi nel mondo. Per diverso tempo uno dei suoi sogni era quello di insegnare all’università e nonostante ne avesse le competenze, quel sogno non si è mai realizzato e oggi, ripensandoci, non lo vedo come un qualcosa che non ha potuto fare, ma pensa che sia stato meglio così. Infatti per lei si sono aperte strade che le interessano molto e viene ancora chiamata dall’università per tener conferenze, lasciandole comunque la libertà di occuparsi di tutte le sue passioni. Sara ha poi concluso: «Quando ero piccola dicevo sempre “Mi piace scrivere, da grande farò la scrittrice” e così è stato. Bisogna chiamare le cose con il proprio nome, senza vittimizzare o utilizzare un deficit come pretesto per avere agevolazioni. Non ho vissuto come un extra terrestre. Ognuno di noi ha un destino e si può scegliere il grado di dignità con cui viverlo. Ci sono cose peggiori al mondo. Io ho vissuto bene, non ho avuto alcun tipo di trauma. Se si vive in funzione di un problema, è quello che modifica la qualità della vita, non il deficit in sé».
Oriana Adele Orlando 

Da Gardaweek del 24 febbraio 

 


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