Il segreto del luccio alla Gonzaga

Il segreto del luccio alla Gonzaga
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«Il luccio alla Gonzaga, per tre quarti è la ricetta dei Gonzaga e per un quarto è mia» ha spiegato Giulio Azzi chef e propietario del «Porticciolo» un elegante ristorante di pesce situato a Lazise, sul lungolago Marconi.

Il luccio alla Gonzaga viene accuratamente bollito, spolpato e posizionato su un vassoio dove, Giulio aggiunge sale, pepe, succo e bucce di limone, olio e noce moscata. Ma il segreto sembra essere il tempo di riposo: dodici ore prima di essere servito.

Questo piatto viene accompagnato dalla polenta fatta di farina di riso, molto delicata e che si trova in ristoranti che propongono pesce di lago, perché si sposa bene solo con certi accostamenti. Come tutti gli chef, Giulio, racconta la sua ricetta perché è sicuro che non sia replicabile, altrimenti qualcuno si sarebbe messo in concorrenza, eppure lui rimane uno dei pochissimi chef che cucinano il pesce di lago in queste zone. Giulio è uno chef del 1945, anni in cui si iniziava presto a lavorare e a fare la gavetta per imparare un mestiere. «La passione – ha raccontato Azzi – nacque perché giocavo con le bambine a preparare da mangiare e tra il 1959 e il 1960 andai a lavorare come aiuto pizzaiolo a Mantova».

A Mantova perché Giulio è un mantovano di adozione lacisiense. La carriera di Giulio continuò in un altro ristorante dove lo impiegarono come «tuttofare», una figura ancora esistente e vitale nelle cucine, un grande aiuto agli chef e a tutto il personale di cucina. Erano tempi diversi, non c’era la possibilità di diventare chef come oggi. Scuole, corsi, stage e tirocini non erano la strada da percorrere. Lo si capisce da come parla Giulio, con una tale naturalezza e fierezza che fa capire perché dopo tutti questi anni, lui ami ancora il suo lavoro, perché l’ha voluto dal profondo di sé stesso. Uno chef, come qualsiasi altro artigiano, ha dei ricordi legati a un qualcosa di particolare che ha prodotto o un cliente in particolare che ha richiesto qualcosa. Il ricordo da chef che Giulio conserva ancora, lo commuove: «Ricordo di aver parlato con un uomo che era stato in Friuli e mi aveva raccontato di aver mangiato delle tagliatelle alle erbe molto buone. Passai diversi momenti liberi nell’arco di due mesi a provare e riprovare una salsa alle erbe perfetta per quelle tagliatelle. All’improvviso ce la feci ma non le cucinai più, non so perché».

Un po’ come tutti gli chef che si portano dentro ricette che non propongono nei menù, che sono motivo di orgoglio anche solo perché sono riusciti a superare il proprio talento. E di talento Giulio ne ha molto. Sono trent’anni che insieme alla moglie Loredana e al figlio Alessandro manda avanti il «Porticciolo», che è molto elegante, con un gioco di tonalità chiaro-scure tra il marrone delle sedie e il bianco delle tovaglie. Cosa spinge a diventare imprenditori in questo settore lo ha spiegato lui stesso: «Forse è il sogno di tutti i cuochi poter aprire un ristorante. Quando lavoravo al Miralago si presentò l’occasione e con Loredana ne approfittammo». La cucina sia elitaria e non per tutti. Solitamente in una zona che vive di turismo, ciò che va per la maggiore sono i cibi internazionalmente riconosciuti e lo sa bene Loredana che al marito dice spesso: «Se avessimo scelto di cucinare pizze e pasta alle vongole, saremmo diventati ricchi». Giulio però, da buon chef, ha pensato a cosa la terra dove vive offre. Alla domanda «Perché proprio il pesce di lago?», con una grande felicità ha indicato il lago, che si vede dal suo locale, vista l’enorme vicinanza e sorridendo ha risposto: «Cos’altro avrei potuto fare?».

 

DA GARDAWEEK DEL 7 APRILE


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