Castiglione. I fratelli Tita e Gigi, morti per la Patria
Due uomini caduti durante la prima guerra mondiale. Due giovani. Due figli. Due fratelli. Giovanni Battista e Giovanni Luigi Lodrini. Tita e Gigi, per chi non ha mai smesso di amarli e ricordarli. Le storie del passato quando sono dense di dolore non si staccano mai facilmente dal ricordo. E per Sandra Finadri e sua madre Mariannina prima di lei, il ricordo di Tita e Gigi è sempre stato accompagnato da lacrime che rigano il volto. Lo spazio per i ricordi felici e spensierati di una gioventù andata non è possibile in chi, come Sandra ha perso un caro in guerra. Farsene una ragione, dirsi che la guerra è dolore, male, pensare che in guerra «le cose vanno così» risulta quasi inopportuno, dimenticare è un errore. Il 27 giugno del 1916 Giovanni Luigi, a 26 anni, viene trovato morto nella val d’Astico per ferite riportate durante il combattimento. Dopo appena 36 ore anche il fratello Giovanni Battista perde la vita sul monte San Michele, in seguito all’azione di gas asfissianti. La notizia arriva veloce a straziare il cuore della famiglia. I carabinieri bussano alla porta riportando per prima la perdita di Tita. Il giorno dopo, allo stesso portone, altri colpi di morte. L’uscio si schiude, la famiglia ancora in lacrime per la notizia del giorno precedente, incredula, si rivolge alle forze dell’ordine dicendo: «Perché siete qui? Siete già venuti ieri ad avvisarci della morte di nostro figlio». La risposta annientatrice si posa con delicatezza sulle labbra della guardia. È morto anche Gigi. Anche lui è stato portato via dalle tenebre. Il colpo è troppo forte. Gli unici figli maschi strappati alla vita in pochi minuti. Il papà, Antonio Lodrini, muore di crepacuore pochi anni dopo, a soli 58 anni. Non prima di aver fatto di tutto per ricordare i suoi ragazzi, per onorare la loro morte. Non prima di aver comprato una casa che gli permettesse di aprire le finestre e vedere da lontano, nel cimitero, la tomba dei suoi figli. A combattere con le unghie la forza della mamma di Sandra, Mariannina, sorella coraggiosa e forte, che non si è mai arresa allo sconforto. Quella stessa forza che si legge anche negli occhi di Sandra mentre racconta la storia dei due zii che non ha mai avuto la possibilità di conoscere. È ricordando la loro storia, mentre sfiora con le dita la loro foto, che spinge giù in gola quella voce che man mano si fa sempre più spezzata: «Questo volerli ricordare, non lo faccio per me. Lo faccio per la mia mamma. È un regalo che desidero fare soprattutto a lei. Spero che da lassù guardi giù e sia felice».
Nessun dolore forte può essere cancellato, ma forse l’amore e i piccoli gesti che si fanno per i propri cari possono essere balsamo a delle ferite troppo profonde. Semplici gesti come quello della Messa del 29 giugno, giorno della morte di Tita, dove nella chiesetta di San Pietro si sono voluti onorare e ricordare tutti i defunti castiglionesi della prima guerra mondiale. Padre Luigi Mostarda, inizia la celebrazione della messa dicendo: «Oggi siamo qui come una famiglia». Una famiglia riunita nella storia. «Il culto dei morti defunti è il segno della civiltà» inizia così la predica padre Mostarda. «Tutti i nostri cari defunti fanno parte di una schiera del passato che riviviamo nel presente. Cent’anni fa questi due ragazzi sono caduti in guerra. Sembrano ieri gli anni passati. I nostri cari che hanno vissuto quel tempo lì, non solo i caduti, ma le mamme, i fratelli che hanno vissuto tutta quella sofferenza, ricordiamo anche loro oggi. Noi facciamo parte di una storia e non possiamo dimenticare il passato, perché altrimenti usciamo dalla Storia, dai valori e dagli ideali che i nostri cari hanno vissuto». La celebrazione continua nel raccoglimento fino alla conclusione. Subito dopo, i rappresentanti dell’arma dei carabinieri, bersaglieri e alpini hanno portato una corona d’alloro vicino all’altare. Poi la lettura di tutti i caduti castiglionesi dal 1916, della prima guerra mondiale. La lista è lunghissima, i nomi si rincorrono, tra i tanti, Tita e Gigi, morti da fratelli fra fratelli, tutti figli di una patria che per la prima volta, proprio durante la prima guerra mondiale si è fatta Italia degli italiani. Italiani di ogni ceto, credo e provincia. La Storia è stata fatta dagli uomini, dalle storie degli uomini e dalle lacrime dei padri, delle madri, dei fratelli, delle sorelle che hanno combattuto il vuoto della scomparsa dei loro cari.
Miriam Favro