Carpenedolo e il terremoto in Friuli del '76
Quel maledetto 6 maggio 1976, quando il sisma di magnitudo 6.4 della scala Richter sconvolse il Friuli Venezia Giulia. I morti furono 990, gli sfollati più di centomila, le case distrutte 18 mila e 45 i comuni rasi al suolo, come Gemona e Venzone. Una delle pagine più tristi della storia contemporanea d’Italia. Un momento in cui il Friuli crollò, nel senso letterale del termine, ma riuscì a risollevarsi con la tenacia e la speranza. Case, aziende e chiese erano state inghiottite dalla forza della natura. Quella forza, però, presente anche nell’uomo che ha ricostruito tutto in breve tempo. Sta di fatto che quella tremenda scossa era stata avvertita fino a Carpenedolo. Lo ricorda bene l’ex sindaco Pierluigi Zaniboni: «Stavamo festeggiando una scuola di disegno che aveva tenuto dei corsi e ci trovavamo al primo piano di Palazzo Laffranchi, quando abbiamo sentito la scossa e siamo usciti di corso dall’edificio». Erano gli anni nei quali Pierluigi Zaniboni era primo cittadino di Carpenedolo. Una carica che ha ricoperto per due mandati consecutivi dal 1970 al 1980 e poi, quando è stata introdotta l’elezione diretta del sindaco, dal 1995 al 1999. Ed è stato proprio durante il decennio da sindaco che Zaniboni ha vissuto il terremoto del Friuli, quella profonda ferita che ancora l’Italia si trascina dietro come ha ricordato qualche giorno fa, per celebrare i 40 anni dal terremoto, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «È stato un dolore che non potrà mai essere colmato.
Ma dopo quel dolore indimenticabile le popolazioni del Friuli diedero una lezione fondamentale: rialzarsi e ripartire. […] In quei giorni - ha aggiunto - e nei successivi mesi a tutta l'Italia è stato chiaro che la determinazione nell'affrontare i problemi gravi della ricostruzione, sono stati frutto della cultura e della mentalità dei friulani. Una grande testimonianza - ha proseguito - e intorno a loro si sono stretti tanti italiani ma anche diversi stranieri». Già, una ripartenza che è avvenuta, seppur per una minima parte, anche grazie alla solidarietà e alla generosità mostrata da Carpenedolo. In quell’occasione, dal paese della bassa bresciana, partirono alla volta del Friuli tre uomini: Pierluigi Zaniboni, Enrico Zanotti e Giuseppe Gigli. Quei giorni, quei momenti, sono impressi nella mente di Pierluigi Zaniboni: «In quell’occasione tragica anche Carpenedolo si è mobilitata. Era stata fatta una sottoscrizione e in breve tempo erano stati raccolti oltre 16 milioni di vecchie lire. Erano stati interpellati i responsabili del gruppo Alpini di Brescia per avere un parere sull’acquisto di travi e coppi per rifare i tetti crollati. Dopo abbiamo deciso di acquistarli e siamo partiti da Carpenedolo ad agosto. Il materiale, racconta Pierluigi Zaniboni, era stato scaricato al campo organizzato dalla sezione Alpini di Brescia e anche i volontari hanno partecipato a quell’operazione che è durata 15 giorni». Tra l’altro, prosegue Zaniboni, «al campo degli Alpini è stato fatto arrivare il pulmino del comune di Carpenedolo che nei mesi scolastici trasportava gli alunni, ma in quell’occasione poteva avere un’altra funzione. E infatti il pulmino è servito a trasportare ogni mattina i volontari a lavoro fino al mese di settembre».
I tre volontari di Carpenedolo, proprio come gli altri, si recavano a Venzone e in altri centri dopo aver fatto colazione. Rientravano solo per il pranzo e per la cena. In tutto ciò non può essere dimenticata l’azione degli Alpini di Brescia, che sono accorsi per aiutare i “fratelli friulani”. È stato un atto di generosità, di fratellanza. Un gesto che non è stato dimenticato, anche se a causa delle nuove scosse dell’11 e del 15 settembre erano stati distrutti tutti i lavori che erano stati realizzati fino a quel momento. Con grande amarezza, quindi, i volontari avevano dovuto ricominciare da zero. Quella dei tre volontari partiti da Carpenedolo e arrivati in Friuli, in particolar modo nel paese di Venzone il 18 agosto 1976, è una storia di umanità. Pierluigi Zaniboni, Enrico Zanotti e Giuseppe Gigli hanno scritto un piccolo paragrafo della storia della cittadina della bassa bresciana. Volontari con il desiderio di tendere la mano verso l’altro, nei confronti di chi, in quel drammatico momento, stava attraversando una tragedia senza precedenti. Sono questi, in fin dei conti, i momenti che si ricordano con il trascorrere degli anni.
Valerio Morabito