Le idee brillanti in grado di rivoluzionare il mondo nascono spesso per caso, grazie alle assurde quanto fortunate coincidenze della vita e si evolvono come una creatura dotata di vita autonoma da quella dei suoi ideatori, prendendo corpo e consistenza.
Così è stato anche per un nuovo importante progetto, «Droni nord», portato avanti con entusiasmo negli ultimi tre anni dal carpenedolese Enrico Golini, 39enne già titolare di un’impresa edile e dal milanese Salvatore La Ciura, 45enne, architetto per lo studio «SiProgetti», che si propongono di portare avanti una vera e propria lotta biologica utilizzando la tecnologia in modo non invasivo per mezzo di droni. «All’inizio pensavamo entrambi ad un impiego nel nostro settore, quindi nel mondo dell’edilizia – ha raccontato Enrico – ma ben presto ci siamo resi conto che le potenzialità sono davvero immense, quindi non avremmo dovuto metterci limiti in questo senso».
Infatti oltre al proprio ambito d’origine i due patiti di modellismo hanno iniziato ad applicare la nuova tecnologia all’ambito delle riprese video per pubblicità per conto di aziende agricole del territorio. E’ proprio interagendo a stretto contatto con le aziende che hanno compreso tutta una serie di esigenze che grazie alla tecnlogia dei droni sarebbero facilmente soddisfatte.
Dopo alcune iniziali prove tecniche con droni in commercio decidono di costruirne alcuni modelli in completa autonomia, tra i primi nel panorama nazionale. «Abbiamo acquistato una stampante in 3D e da qualche anno ci siamo buttati anima e corpo in un progetto di lotta biologia alla Piralide del mais, nato e perfezionato dopo l’incontro con Francesco Alessandrini che già da anni sosteneva la necessità di modernizzare questi trattamenti naturali per migliorarne l’efficacia».
Francesco, infatti già nel periodo tra il 2008 e il 2013 aveva presentato in via sperimentale un progetto per contrastare una delle problematiche più importanti con cui si stanno scontrando in questi anni i coltivatori di mais: il proliferare incontrastato della Piralide, un lepidottero diffuso su tutto il territorio nazionale che mina dall’interno le coltivazioni facendo perdere anche il 30% della resa. L’idea brillante è presto servita. All’interno di piccole palline di cellulosa di un grammo con quattro piccoli fori vengono letteralmente «sparate» nel campo fino a 380mila Trichogramma brassicae, un piccolissimo vespoide in grado di distruggere le ovoteche della Piralide. Le palline vengono sganciate dal drone in un sitema a reticolo ben congegnato per rilasciarle solo ad una distanza stabilita di circa una decina di metri in modo tale da coprire per intero l’area. Grazie allo stretto monitoraggio attraverso il pc si può seguire il drone passo passo nella sua missione, accertandosi che copra in modo omogeneo tutta l’area richiesta lanciando l’insetto antagonista nei punti prefissati (circa 100 palline ad ettaro).
«La tempistica è essenziale, quindi prima vanno fatte tutta una serie di rilevazioni sulle piante per verificare l’entità del danno, che noi eseguiamo sempre tramite il drone: l’apparecchio sorvola il campo scattando delle foto per zona e ad ogni pixel viene assegnata una coordinata gps. In questo modo riusciamo a isolare solo l’area che effettivamente necessita dell’intervento e ottimizzare al massimo tempo di volo e intervento». Il progetto ha riscosso molto interesse all’89esima fiera agricola zootecnica al centro fiera questo inverno e proprio questa settimana ha portato a compimento la sua prima missione in un campo carpenedolese di circa 40 ettari.
«E’ un trattamento equivalente ed equipollente ad un trattamento chimico ma senza le abituali controindicazioni: non provoca lo schiacciamento del mais come attraverso il trampolo, non tocca il terreno che solitamente viene compattato dai macchinari utilizzati per la distribuzione del trattamento chimico e soprattutto non lascia alcun residuo nocivo».