LA TESTIMONIANZA

Una calcinatese in Cina: «Coronavirus? Qui mi sento più sicura che in Italia»

"Una cosa che non mi piace dell’Italia è che in genere quando c’è un divieto a tantissimi vien voglia di raggirarlo".

Una calcinatese in Cina: «Coronavirus? Qui mi sento più sicura che in Italia»
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Partita per Sidney nel 2018, ha poi virato verso la Cina. La calcinatese Laura Mimini ha scelto la via internazionale per perseguire la carriera di designer industriale. Vive nel Guangdong, regione cinese fortemente interessata dai casi di Coronavirus.

Ma tutto sommato Laura non si dice preoccupata

«Sinceramente io non ho paura del virus – confida - Non è l’ebola, non è la malaria. Basta avere delle regole chiare, e prendere alcune precauzioni. Ad esempio, adesso qui in Cina nei taxi c’è una parete divisoria trasparente. In ascensore in genere tutti hanno la mascherina. Quando è scoppiata l’epidemia poi ho fatto 15 giorni di quarantena forzata».

Al lavoro, le mani si disinfettano prima di entrare, e le finestre sono spesso aperte. Si firma quando si entra e si firma quando si esce.

«In sostanza, vogliono sapere dove sei – continua Laura – sono tutte delle procedure richieste per tracciare i movimenti. Una cosa che non mi piace dell’Italia è che in genere quando c’è un divieto a tantissimi vien voglia di raggirarlo… Anche quando raccontavo questi fatti ai miei amici e alla mia famiglia, ci ho sempre tenuto a dirlo: non è che i cinesi siano pecore. Semplicemente, ci tengono a se stessi. Io personalmente non vedo limitata la mia libertà personale».

Le misure cinesi

La febbre, a differenza di quanto succede in Italia, viene provata a tutti: «Io vivo in un condominio, al cui interno c’è una sorta di corte. All’entrata fanno provare la febbre con un dispositivo nuovo, che si applica sul polso. Mi è anche capitato che una volta dopo avermela provata io risultassi con la febbre alta, ma in realtà non ce l’avevo… E me l’hanno dovuta riprovare!  Diciamo che c’è ancora strada da fare, ma sembra che stiamo migliorando».
Riguardo al contenimento dell’epidemia, Laura parla chiaro: «Qui in un mese i casi si sono fermati, e stiamo parlando di quasi un miliardo e mezzo di persone. È proprio diversa la mentalità. Io devo dirlo, a questo proposito mi sento molto più sicura in Cina, mentre in Italia avrei paura: nessuno ascolta le direttive, se anche ci sono, e l’impressione è che le cose vengano fatte random».

La vita in Cina

Laura affronta la sua permanenza in Cina con entusiasmo: «Qui in Cina mi sono trovata benissimo con i cinesi che ho conosciuto. Basta imparare qualche parola nella loro lingua o provare il loro cibo per renderli felicissimi. Una volta in un bar il gestore ha offerto una birra a me e a una mia amica, e poi ci ha chiesto cosa poteva fare per migliorare il suo bar. Mi hanno anche fermato per strada per dirmi che il mio zaino era aperto. O a volte degli sconosciuti mi sorridono e mi fanno dei complimenti… Lo so, non può essere tutto positivo, capita anche che ti guardino male. Però la società è molto più aperta di quello che mi aspettavo e davvero accogliente per chi come me è straniero». L'articolo completo su Montichiariweek in edicola da venerdì 6 marzo 2020

 

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