Per fuggire dal caldo afoso si è tuffato nell’Oglio ed è annegato. Ancora una tragedia estiva sulle sponde del fiume, nel pomeriggio di ieri martedì 10 giugno 2025. La vittima è un 45enne residente a Chiari, di nazionalità cingalese.
Si tuffa nell’Oglio e muore annegato
L’allarme è scattato quando attorno alle 17.30 un testimone ha notato l’uomo tuffarsi nelle fredde e turbolente acque dell’Oglio, all’altezza di località Paladù: una zona molto frequentata durante l’estate da comitive di ragazzi che cercano un po’ di refrigerio sulle sponde del fiume, nonostante il perenne divieto di balneazione. La corrente ha fatto il resto: l’uomo è stato inghiottito dal fiume ed è scomparso.
Due ore di ricerche
Immediato l’intervento dei soccorritori. Sul posto sono arrivati i Vigili del fuoco di Chiari, i sanitari della Rovato soccorso e due pattuglie dell’Arma, oltre all’elisoccorso del 118. Per un paio di ore, insieme ai volontari della Protezione civile del paese, hanno cercato l’uomo nella speranza che fosse riuscito a mettersi in salvo un po’ più a valle. Anche un elicottero dei carabinieri ha contribuito a perlustrare la zona di via Brede e della campagna tra Urago, Calcio, Roccafranca e Torre Pallavicina dall’alto. Inutilmente, purtroppo. Le ricerche si sono concluse nel peggiore dei modi. Il cadavere di Rodrigo Warnakulasuriya Priyanda Madukumar è stato recuperato un paio di ore più tardi.
La “consueta” strage estiva
Una strage. Non c’è altra parola per raccontare lo stillicidio estivo lungo le sponde dell’Oglio e del lago d’Iseo. Annegamenti che coinvolgono spesso giovani, morti per sfuggire al caldo e per essersi fidati di un ambiente, il fiume, di cui non ci si dovrebbe mai fidare.
Soltanto sabato l’ennesima tragedia sfiorata: a Villachiara cinque persone sono rimaste bloccate su un isolotto nel fiume Oglio, a causa del repentino innalzamento del livello dell’acqua. Sono stati salvati da tre squadre di Vigili del fuoco specializzate, supportate da un elicottero del Reparto Volo Lombardia con a bordo i sommozzatori.
Le vittime quasi sempre straniere e le “protezioni culturali” assente
C’è poi un altro particolare che non può non saltare all’occhio quando si parla di annegamenti. Gli incidenti più gravi, e quelli mortali, riguardano per la stragrande maggioranza delle volte bagnanti stranieri, che spesso vivono lontano dal fiume o che sono in Italia da poco tempo.
«Oggettivamente a frequentare i fiumi sono soprattutto non italiani – aveva spiegato nei mesi scorsi Giacomo Passera, già presidente dei Sommozzatori del nucleo di Treviglio, uno dei più attivi in Lombardia tra laghi e fiumi della media pianura – E quindi sono anche con maggior probabilità loro ad essere vittime di incidenti. Gli italiani vanno in piscina, se vogliono sfuggire al caldo facendo un bagno».
E questo probabilmente proprio perché a «proteggere» i bagnanti della zona c’è una fortissima memoria storica legata alle tragedie che si sono verificate negli anni. Padri, madri, nonni ci hanno ripetuto allo sfinimento, da bambini, che un tuffo può essere letale, anche se si pensa di saper nuotare bene. Specialmente in zone non attrezzate alla balneazione o in cui questa è addirittura vietata. Mentre per chi vi si avvicina per la prima volta, complice il caldo, la tentazione di infrangere i divieti sopravvalutando le proprie capacità fisiche è più forte. E allora, basta un minuto.