Si è spenta a 99 anni Irene Bicelli, l'ultima "zia" di Bredazzane
Con la sua scomparsa si chiude una pagina di storia della città caratterizzata dall’amore per il lavoro e per la famiglia, da una diffusa sapienza contadina, ma anche dalla voglia di riscatto e di emancipazione femminile.
Dici «Houston» e subito ai più vengono in mente «le zie» di Bredazzane, figure caratteristiche di una Montichiari che non c’è più.
Con lei se ne va un pezzo di storia
Con la scomparsa a 99 anni di Irene Bicelli si chiude una pagina di storia della città caratterizzata dall’amore per il lavoro e per la famiglia, da una diffusa sapienza contadina, ma anche dalla voglia di riscatto e di emancipazione femminile. Nata nel lontano 1922 (il 3 giugno, ma il 4 per l’anagrafe), col papà Pancrazio insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto, Irene cresce con gli altri 6 fratelli (3 femmine e 3 maschi) al «Borgo» della frazione Bredazzane. È qui che già alla fine della Grande Guerra sorgeva un’osteria in seguito gestita da un cugino Bicelli e poi dall’intera famiglia, nel 1948 inizialmente come Enal per diventare successivamente Acli e «dalle zie» o «Houston», nome che gli sarebbe stato affibbiato da un cliente (o forse da un soldato americano, chissà) che, vissuto parecchi anni negli Stati Uniti, al suo ritorno l’avrebbe ribattezzata così ma c’è anche chi, come Virgilio Tisi, sostiene la tesi per cui i vini serviti ai clienti erano talmente buoni che mandavano…in orbita.
Da operaia a direttrice delle poste
Sta di fatto che qui vi venivano servite delle prelibatezze apprezzate dai tanti clienti succedutisi negli anni. Irene in questo mondo è presente però solo in parte: a differenza di tutti i suoi fratelli aveva ambizioni e obiettivi più grandi: si mette d’impegno, studia, trova un’iniziale occupazione come operaia presso la fabbrica di giocattoli Poli dove si dimostra attenta e affamata di conoscenza. Segue anche la contabilità e così la titolare dell’industria la sostiene economicamente permettendole di continuare la scuola. Termina l’avviamento e ottiene un importante incarico presso gli uffici del Ministero del Tesoro che allora avevano sede a Brescia, ma il vero successo arriva con il concorso vinto alle poste quando in pochi anni riesce ad arrivare alla direzione dell’ufficio di Montichiari, fino al 1995 ubicato dove oggi ha sede la Galleria civica in via Trieste.
Siamo intorno al 1975 e tra le impiegate dell’epoca c’è Elisabetta Mancini che conserva un ricordo indelebile di lei:
«Era una donna premurosa, capace, sensibile, di polso. Quando venni assunta alla guida c’era Nelly Teotti, ma in realtà era Irene a fare tutto e a dirigere la trentina di persone tra portalettere, addette all’ufficio e fattorino. Tra i primi c’era anche il fratello Ettore».
Una donna all'avanguardia
Il lavoro rappresentava la sua vera ragione di vita: era la prima a iniziare la mattina e l’ultima a staccare la sera e capitava spesso che saltasse pure il pranzo, come confermano alcune delle sue colleghe. A inizio anni Ottanta ottiene il trasferimento all’ufficio postale di Ghedi e quindi a Orzinuovi. Da donna istruita e colta stimolava i nipoti a non smettere mai di studiare, ma era anche un’appassionata di viaggi fin dai tempi della Topolino verde con cui trasportava i parenti al mare o ai monti. Automunita fin dagli anni Sessanta (quasi un’eccezione allora per una donna), possedeva anche una Vespa che curava di tutto punto.
L'articolo completo in edicola con Montichiariweek da venerdì 12 novembre.