«Salviamo l’antico arco medievale dal degrado?»

«Il nostro arco è in totale stato di abbandono, i restauri che risalgono a circa 30 anni fa ma si tratta di lavori pessimi e imprecisi».
Questa è la triste constatazione di Ermanno Maccione, un attento cittadino che vuole mettere le sue conoscenze come geometra a disposizione della collettività. Al centro dell’attenzione, in questo caso, è la porta turrita che fa da ingresso alla piazza Bonsignori, l’unico elemento che resta di un antico castello che probabilmente occupava l’intera piazza, sino al famoso campanile turrito.
Nonostante lo stile modernista dell’orologio la porta rimane un elemento storico degno di nota che dona una vaga aura medievale al paese, culla della «Cultura di Remedello» grazie alla sua necropoli di epoca eneolitica. «Remedello ha pochi monumenti di valore - ha constatato l’ex operaio specializzato della Provincia di Brescia, carabiniere e vigile urbano, ora assistente amministrativo al Bonsignori - tra cui questo a cui tengo molto. Mi affeziono alle cose, sennò sarei rimasto indifferente passandoci davanti tutti i giorni».
Tutti i giorni osserva con disaccordo quella macchia di malta vicino al dipinto che ritrae la Madonna: «Qui dovevano lasciare i mattoni a vista e non è stato fatto», fa notare. Poi il suo sguardo si sposta sui tanti fori usati per le impalcature e poi lasciati così, le lacune di quei mattoni aggiunti in un secondo momento, che si differenziano per il colore rosso, tipico della terracotta, rispetto a quelli di lunghezza predefinita, gialli in argilla che sapienti mani avevano posato in origine. Il pensiero non può che essere quello: «Se i mattoni originali resistono da centinaia di anni, come è possibile che quelli posti con l’ultimo restauro siano già malandati? Chi ha costruito nel Medioevo sapeva bene che era necessaria l’argilla perché la terracotta si sfalda nel tempo. Gli stessi muratori che hanno eseguito, queste cose non le sanno e chi ha dato loro le direttive è ancora peggiore. I mattoni devono essere incastrati in profondità e avere la stessa lunghezza degli originali, tra uno e l’altro serve la malta che invece manca. Chi si è occupato della manutenzione non aveva alcuna competenza, un macellaio avrebbe fatto di meglio. E’ stato lasciato anche un buco prima coperto da un cestino».
Nell’attesa che i buchi, le lacune e ogni fessura tra i mattoni vengano coperti gli incivili hanno ben pensato di riempirli di immondizia. L’importante è che non venga lasciato quel cemento così scuro come è stato fatto in alcuni punti dove ricopre il mattone.
«La staticità dell’edificio è intatta - ha specificato l’appassionato - ma c’è un problema di igiene urbana: è stata messa una rete a protezione interna ma essendoci dei buchi anche in quella i piccioni ci entrano e muoiono lì dentro, andando in decomposizione sulle nostre teste, per non parlare delle deiezioni che si trovano per terra. Oltretutto in alcuni punti appartati gli incivili ci fanno i propri bisogni, c’è un cartello ormai scolorito che indica il divieto ma sarebbe il caso di renderlo leggibile».
Maccione è quindi pronto a collaborare: «E’ necessario studiare un intervento di restauro atto a ripristinare al meglio l’arco come era in origine. Andrebbe eliminata la bacheca dei cacciatori, il cemento e i mattoni aggiunti e sostituiti con quelli di dimensioni e materiale degli originali, che possono essere acquistati o fatti fare ad hoc».