TESTIMONIANZA

Partorire ai tempi del coronavirus: la testimonianza di Elisa

Come si affronta un parto ai tempi di un'emergenza sanitaria? L'abbiamo chiesto a una neo-mamma.

Partorire ai tempi del coronavirus: la testimonianza di Elisa

Partorire ai tempi del coronavirus: la testimonianza di Elisa. Il suo secondogenito, Tommaso, è venuto alla luce lo scorso 4 aprile in piena emergenza sanitaria.

Partorire ai tempi del coronavirus: la testimonianza di Elisa

Consulenze a distanza, dimissioni anticipate e isolamento forzato lontano dagli affetti più cari: è la situazione che gestanti e puerpere stanno vivendo in questo momento di emergenza sanitaria. Ma cosa significa, davvero, portare avanti una gravidanza e partorire ai tempi del covid? L’abbiamo chiesto ad alcune donne,  tra cui Elisa Belleri (29 anni) che ha condiviso le sua esperienza.

I test prima del triage

“Tommaso è nato il 4 aprile scorso agli Spedali Civili di Brescia – ha commentato la puerpera – È il secondo figlio e questo per me è stato un ‘aiuto’ rispetto al periodo, in quanto non è stata un’assoluta novità e sapevo cosa mi aspettava”.
Ma qualcosa di diverso c’è stato, rispetto a una canonica esperienza di parto. Anche se, si sa, ogni situazione è assolutamente soggettiva.
“All’arrivo in Pronto Soccorso ginecologico è stata provata la febbre sia a me sia a mio marito – ha proseguito Belleri – Ci sono state fatte diverse domande, ad esempio se avessimo avuto contatti con positivi o se avvertissimo sintomi. Entrambi stavamo bene, così, da sola, sono entrata per triage, visita e monitoraggio. Mio marito, nel frattempo era in sala d’attesa esterna.
Conclusi questi controlli sono stata trasferita in sala parto e lì mio marito è potuto entrare. Tutto si è svolto come un ‘normale’ parto dall’inizio alla fine”.
La neomamma Elisa Belleri durante la gravidanza (foto: Francesca Reali)

La nascita e la degenza

“Una volta nato Tommaso siamo rimasti insieme in sala parto per 2 ore, come di consueto – ha spiegato la ragazza – L’unica differenza è che tutti, me inclusa, eravamo con la mascherina”.
Anche la degenza, di questi tempi, ha subito variazioni rispetto alla normale gestione del reparto.
“Sono stata trasferita in ginecologia al 4°piano e il bambino al nido, al 6° – ha proseguito – Normalmente si va, mamma e bambino, al sesto piano mettendo in atto il ‘rooming in’ ma in molti casi, come nel mio, le mamme sono state divise dai bambini e destinate a posto letto in altri reparti ginecologici, perché il reparto di ostetricia era pieno”.
Qui, infatti, la metà dei letti è stata destinata alle partorienti positive al covid. Per loro l’Asst Spedali Civili ha attivato un protocollo su misura per gestire tutte le fasi della gravidanza, del parto e del ritorno a casa.
Il Civile è, tra l’altro, l’unica struttura insieme ad altri 5 ospedali lombardi a essere un hub per le gravide covid: sono stati messi a disposizione specialisti come anestesisti, ginecologi e ostetriche altamente formati e in costante aggiornamento.

Dimissioni anticipate

“Tutto il personale, ci tengo a precisare, è stato molto cortese e disponibile nei nostri confronti nonostante il caos generale – ha sottolineato Elisa – I posti letto erano pochi e il numero di nascite di quei giorni davvero alto. Sono riuscita a essere trasferita al 6°piano, alla fine, così ho mi sono goduta il bambino in stanza e anche mio marito è potuto stare in camera con noi, come avviene normalmente. Ma sempre con la mascherina”.
Per le mamme – e i neonati – in buone condizioni di salute è stato attivato un nuovo percorso nascita, chiamato #distantimavicine, che implica le dimissioni anticipate e la continuità assistenziale sul territorio per contrastare le infezioni da Covid-19 e per ridurre la permanenza in ospedale della coppia mamma-neonato.
Videochiamate, sportelli telefonici, corsi online e visite a domicilio sono alcune tra le iniziative messe a disposizione dall’Asst per essere vicino alle mamme sia durante la gravidanza sia immediatamente dopo il parto.
“Sì, il giorno successivo al rientro a casa delle ostetriche del territorio sono venute a casa nostra per effettuare test di Guthrie al bimbo che, normalmente, viene effettuato a 49h dalla nascita e a verificare il nostro stato di salute generale – ha evidenziato Belleri – In questa occasione ci sono stati lasciati i contatti telefonici e mail proprio per avere un contatto diretto in caso di necessità”.

 

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