Oggi è il Tartaday

Oggi, domenica 6 agosto, è il Tartaday, la giornata dedicata alla salvaguardia delle tartarughe marine e del loro habitat. Tantissimi centri di cura e recupero di questi splendidi animali aprono le porte ai visitatori per illustrare il loro lavoro e far conoscere da vicino le tartarughe marine ancora ricoverate.
Alle Egadi e precisamente sull’isola di Marettimo, alle 18 verrà liberata la tartaruga Vega curata presso il Centro di primo soccorso dell’Area Marina Protetta.
Domani la Fondazione Cetacea di Riccione, invece, rilascerà un esemplare a Numana, presso la spiaggia delle Due sorelle, con imbarco alle ore 16.00 sulle motonavi dei traghettatori del Conero.
Sempre nella giornata di oggi una tartaruga curata presso il Centro di recupero di Cattolica Eraclea verrà rimessa in libertà a San Leone, Lido di Agrigento, mentre altri due esemplari curati presso il Centro di Recupero Animali Marini dell'Asinara, verranno rilasciati (h. 17.00) nelle acque dell’Area Marina Protetta ma in mare aperto per evitare le reti da pesca disposte lungo le coste dell’Asinara.
Tartaday è una delle iniziative organizzate nell’ambito del progetto finanziato dalla Commissione europea TartaLife, che in tre anni ha permesso di curare presso i centri che aderiscono al progetto e restituire al mare circa 900 tartarughe.
Un numero che è in netto aumento rispetto a cinque anni fa, segno evidente che l’intensa opera di formazione e sensibilizzazione dei pescatori italiani coinvolti nel progetto TartaLife sta dando buoni frutti.
L’attività condotta durante TartaLife ha permesso di stimare che, solo in Italia, ogni anno circa 50mila tartarughe marine Caretta caretta sono vittime di catture accidentali, con la possibilità di circa 10mila decessi; le reti a strascico e le reti da posta, con oltre 20mila eventi di cattura stimati e i palangari, con oltre 8mila costituiscono le principali minacce alla conservazione della specie.
E se le catture accidentali possono essere diminuite grazie alla collaborazione dei pescatori professionisti disposti a sostituire gli ami dei palangari e le reti tradizionali con strumenti a più basso impatto, molto rimane da fare per salvare le tartarughe dai pericoli legati all’ingestione di plastiche e rifiuti.L’Università di Siena ha trovato rifiuti di plastica nel tratto gastrointestinale del 71% delle tartarughe analizzate. Nella maggior parte dei casi si tratta di plastiche fluttuanti che le tartarughe scambiano per meduse ma da questi animali sono stati estratti anche cotton fioc, pezzi di rete, tappi e piccoli oggetti abbandonati in mare.
Lo scorso anno sulle nostre coste sono stati certificati 60 nidi (quindi si presume siano stati oltre un centinaio, considerando la difficoltà di censimento) di cui 41 sulle coste della Calabria, e quest’anno probabilmente i numeri saranno ancora più alti.