Marco Sguaitzer è «Senza Limite Alcuno»

Marco Sguaitzer è «Senza Limite Alcuno»
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Questa settimana vogliamo parlarvi di un personaggio forte, che sta scrivendo pagine di storia grazie alla sua tempra e alla sua voglia di rimettersi in discussione dopo la malattia: Marco Sguaitzer. Uomo dall’ironia dirompente e dalla battuta sempre pronta, Marco ha mostrato al mondo come poter andare «oltre i limiti» che la vita ci impone scrivendo un libro nonostante la Sla, sclerosi laterale amiotrofica, abbia bussato alla sua porta circa 9 anni fa, costringendolo ad un graduale ma inesorabile restringimento delle sue facoltà motorie.

Oggi Marco, a 57 anni, vive grazie ad alcuni macchinari che gli permettono di mangiare e respirare mentre per comunicare utilizza un puntatore oculare che mira verso una tastiera. Il libro, non a caso, si intitola «Senza Limite Alcuno», un acronimo che punta a sfidare questa infame malattia e che è già stato presentato in molti Comuni mantovani tra cui Castiglione delle Stiviere e Castel Goffredo.

Marco, quando e come ti è venuto in mente di scrivere questo libro?
«Nel 2015 abbiamo notato che il mio blog personale era molto seguito e così vari amici mi hanno spinto a raccontare la mia esperienza mettendola nero su bianco. Il testo parla sì degli inizi della malattia e delle mie sensazioni a riguardo, ma ha anche molti spunti brillanti e simpatici perché volevo che mi rappresentasse. Da qui è nato “Senza Limite Alcuno”. Da allora col mio “team” abbiamo fatto presentazioni in una ventina di Comuni della Provincia di Mantova, a Villafranca, all’università degli studi di Verona (incontro divenuto poi testo universitario), ad Alessandria, a Torino e prossimamente a Cesena: non ci vogliamo fermare. Come tutti i libri si trova in libreria o su Amazon e c’è anche l’edizione in inglese dal titolo “Always Live Smiling”. Molti personaggi famosi,tra cui Luciano Ligabue e Claudio Marchisio per fare degli esempi, si sono mobilitati per farsi una foto col mio libro e questo mi fa molto piacere».

Hai parlato di un tuo «team». Da chi è formato?
«La “SguGang” è nata dall’esigenza delle presentazioni del libro. Inizialmente pensava a tutto Manuela Pasquali, mia “voce” ufficiale, nonchè amica da oltre quarant’anni. Si aggregò di lì a poco il giornalista Matteo Bursi, subito diventato cardine della Gang. Per le assemblee di istituto delle scuole superiori si è aggiunto l’amico ed ex arbitro di serie A Massimiliano Saccani, che non ha più smesso di seguirci. Qualche calciatore/amico ci supporta spesso. SguGang deriva dal fatto che ci si muove in pulmino, immancabilmente condotto da Gianluigi Castagna, amico/autista/factotum. Vi garantisco che, nel corso dei tragitti per raggiungere le location, diciamo un’indicibile serie di idiozie… Poi, tutti seri e professionali sul palco! Ah, scordavo, le nostre presentazioni sono sì serie, ma si ride pure tanto!»

Quando ti sei reso conto che la «Stronza», come la definisci tu, ti aveva colpito? Quali sono stati i primi pensieri e soprattutto cosa è cambiato nella tua vita?
«La Sla è arrivata alla fine del 2008 ma i primi sintomi li ho avuti nell’estate dello stesso anno quando determinati movimenti mi costavano molta più fatica del solito e alcune volte perdevo il controllo motorio del mio corpo. Il primo pensiero è stato quello di essere proprio io il “fortunato” su 50.000 persone (statistica di incidenza di casi di Sla n.d.r), ma subito dopo l’idea è stata quella di non mollare. Anzi. Cos’è cambiato nella mia vita? Semplicemente tutto. Lentamente, giorno dopo giorno, i vari muscoli motori ti abbandonano. Smetti di parlare, poi le dita, le braccia, le gambe ti abbandonano. Non deglutisci più, non puoi più mangiare. Allora ti installano un tubo in pancia, la PEG, e ti nutri tramite quello, con una brodaglia apposita. “Dulcis in fundo”, ti mollano i muscoli respiratori, per cui devi decidere: vivere, mettendoti un tubo in gola (tracheotomia), o lasciarti andare. E io ho deciso di lottare».

Chi ti ha dato tutta questa forza per combattere contro la malattia?
«La mia forza si chiama Aiste, punto. Senza di lei non sarei qui».
Poco più di un anno fa tu e Aiste siete diventati marito e moglie e la gente stravede per voi: una compagna di vita eccezionale. Com’è iniziata la vostra storia d’amore?

«Come ho accennato sopra, Aiste significa tutto per me. Mi ha conosciuto quando ero ancora sano, per caso, mentre mi stavo organizzando per andare a Vilnius, in Lituania nella sua terra d’origine, e le chiesi informazioni su dove andare: oggi siamo coniugi e io sono un uomo fortunato. Lei ha mollato patria, famiglia, lavoro ed amici per starmi accanto in questa vita che è più infernale per lei che per me. Mi sostiene, mi bacchetta, ci capiamo soltanto guardandoci. La mia donna ed Angelo in una persona. E’ poco?»

Sei sempre stato e sei tuttora una persona di sport, quanto è importante per te?
«Il giusto. Da sportivo del passato conosco certi valori. Forse la società attuale amplifica troppo certe situazioni, esasperandole. Direi di darci tutti una calmata, i veri problemi sono ben altri»

Se Marco Sguaitzer dovesse lanciare un messaggio ai nostri lettori, quale sarebbe?
«Il mio motto è #MaiMolàr. Di conseguenza, è questo il messaggio: essere perseveranti, non dare nulla per scontato e soprattutto godere delle “immense piccolezze della Vita”».


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