«L’uomo del trolley» che corre con i sandali tra la neve

«L’uomo del trolley» che corre con i sandali tra la neve
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C’è chi potrà trovarlo delirante, chi piacevolmente curioso, certo è che «L’uomo del trolley» a Castenedolo, e nell’intero hinterland è un personaggio, ai limiti del leggendario, che fa parlare di sè.

Il corridore che non rinuncia mai al suo fido bagaglio e all’abbigliamento estivo, a prescindere dalle condizioni climatiche, si chiama Stefano Corda, ha 54 anni e vive in via Corsica a Brescia, punto di partenza delle sue lunghe avventure quotidiane. Solitamente cammina e corre «solo quando ce n’è bisogno» cioè dove non c’è il sole. Solo tre anni fa, nel 2014, la scelta di mantenere la tenuta estiva, rigorosamente doppia canottiera, shorts e sandali a fettuccia sottile, anche d’inverno: «Ho resistito fino ad ottobre - ha spiegato- con i vestiti fradici di sudore e poi ho detto basta. Gli ambienti riscaldati erano per me diventati dei forni con l'aria sporca, e poi anche fuori, sudavo portando peso o correndo».

D’altronde al freddo è abituato anche a casa, dove d’inverno la temperatura in camera da letto si aggira sui sei gradi, mentre generalmente negli altri ambienti usa quello che lui chiama «trucco del phon», insuffla aria calda all’interno degli abiti. Ma ne è convinto «ancora più della temperatura dell’ambiente, conta lo stato fisico», quando ha ben mangiato infatti i sei gradi per lui sono uno scherzetto. Tale è per lui il beneficio del sole che gli scalda la pelle che sfida anche neve e ghiaccio per poterlo sentire.

«Il sole scalda come una stufa radiante da migliaia di watt. Se ho addosso l'abbigliamento invernale non lo sento - ha spiegato con una spontaneità quasi imbarazzante - lo sente solo la faccia ma non basta. Devo spogliarmi, per sentirlo. L'aria rimane fredda, ma i corpi solidi vengono riscaldati, e quindi anche la pelle esposta viene riscaldata. Sono cose che fanno bene, sia all'animo che al fisico. Trasmettono piacere, gioia e benessere, sicuramente c’è anche una componente di meditazione. Per me è una necessità. Alcuni lo troveranno un delirio, invece per alcuni altri sarà tutto sacrosanto, mentre tutti gli altri la maggior parte, spazieranno tra varie visioni, ognuno la sua». Svelato anche il mistero del trolley: «Vado in giro col trolley per potermi portar dietro la roba che mi serve, così come lo fa chi va in auto. Non potrei portarla a braccia».

Oltre al cambio nel trolley porta con sè anche la sua storia: fogli e fogli da dare a chi lo ferma con i racconti delle sue avventure che descrive con meticolosità, link di ciò che pubblica sul web e qr-code . Stefano si muove infatti solo con i mezzi pubblici, metro e autobus. Raggiunge una meta ben precisa, che lui stesso si è prefissato, e inizia a camminare alla ricerca del sole. Castenedolo, Capodimonte, Macina, e ancora Sant’Eufemia, Rezzato, Castelmella, Flero, Roncadelle, Buffalora, queste le sue mete. Ma ci tiene a precisarlo, non è di certo un barbone e non vaga allo sbando: «Semplicemente sono partito da un certo punto per arrivare a un altro punto, di un itinerario che faccio per star meglio e tenermi in forma, così come lo fa chi corre senza roba appresso o chi corre in bici. I miei giri nella stagione fredda li faccio quasi sempre col sole, mentre nella stagione calda va bene anche il nuvolo o la sera. Potete cominciare a farlo anche voi, spegnendo il riscaldamento e arieggiando, e facendo sentire almeno ogni tanto alla pelle che situazione c'è là fuori. Oppure, potete continuare tutti quanti come avete fatto fino ad oggi, e farmi sentire ogni volta una mosca bianca». Come accade quando si ferma per raccogliere i piccoli rifiuti buttati per terra da altri, in strada tanto quanto sui mezzi. In tanti gli scattano foto o girano brevi filmati di nascosto, quando invece sarebbe molto più appagante per tutti fermarsi e, semplicemente parlare.

«Centinaia di episodi - ha spiegato - mi ci son voluti, per anni, prima di capire che io e gli altri eravamo diventati quasi sempre incompatibili, estranei, alieni». Certo non ha abbandonato la speranza di poter trovare una compagna di vita. Una presenza così sui generis ha destato la curiosità anche delle Forze dell’ordine, ma solo in minima parte: «Nei primi due anni e mezzo, dal 2014 al 2017, le pattuglie di polizia o carabinieri che hanno deciso di fermarmi per controllarmi, ogni volta inutilmente, sono state una decina su centinaia di pattuglie in giro. Una piccola minoranza di gente è contenta di vedermi, un'altra no, ma complessivamente sembra un po' di più la prima, quella contenta. La stragrande maggioranza invece si mostra indifferente o quasi». In realtà non è proprio così: intorno alla sua figura c’è davvero molta curiosità, bloccata però da una sorta di paura di chiedere mista al male comune del pregiudizio nei confronti di chi non si conforma a ciò che la società impone. «Una volta nel 2006 ero rimasto davvero nel bisogno, la sera tardi, ad alcuni chilometri da casa, con una ruota rotta e niente carrellino di riserva come oggi, e con trenta chili di acquisti, e gli zingari che mi avevano fregato soldi e cellulare. Chiedevo aiuto ma gli automobilisti erano terrorizzati e non si fermavano, si blindavano dentro, mi spingevano via col muso dell'auto. Finalmente un camion dei vigili del fuoco si è fermato, mi hanno chiamato la polizia. I due poliziotti arrivano, gli spiego la situazione, stavano per andarsene via e lasciarmi di nuovo lì. Ho dovuto fargli notare io l'assurdità della cosa, e convincerli a chiamarmi un taxi che ho poi pagato una volta arrivato a casa».

A questo punto verrebbe spontaneo chiedersi dove stia la verità, chi abbia una visione distorta della realtà, se chi preferisce proseguire dritto sulla propria strada fossilizzato sulle proprie convinzioni o chi prova anche a porsi delle domande.


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