Luis, torturato in Argentina ora accoglie i profughi

Luis, torturato in Argentina ora accoglie i profughi
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Il rumore del motore era inconfondibile. Luis Allega aveva già capito. Lo caricarono su una Ford Falcon e tanti saluti: da quel momento era un desaparecidos. Era la notte del 13 giugno 1977. Dopo 40 anni il presidente della cooperativa «Milonga», che lavora anche a Pastrengo, racconta quei momenti.

E la sua voglia di aiutare chi soffre. «Sono stato sequestrato a Buenos Aires, avevo quasi 25 anni. La settimana precedente avevano sequestrato mio fratello. Ho vissuto un incubo in un centro chiamato “El Atletico”, torturato quasi ogni giorno con scosse elettriche e violenze di qualsiasi tipo, anche e soprattutto psicologiche».

La dittatura di Jorge Rafael Videla si era insediata l’anno prima «e la cosa sorprendente era la quantità di campi di concentramento: ce n’erano 400 sparsi per il Paese e solo un paio erano di grandi dimensioni, gli altri “ospitavano” 50-100 persone, molti nascosti in seminterrati, nelle questure, nei campi militari. Dopo un anno la maggior parte di noi supponeva ci fosse qualcosa di strano, perché spariva la gente ma non si sapeva dove finisse.

Abitavo a Buenos Aires e mi hanno portato in una palazzina in centro città, con celle di 2x1. Lo chiamavano “El Atletico” per prenderci in giro, perché dicevano che si facesse una vita sana, lì dentro. In realtà ho subìto di tutto. Sempre legato, mani e piedi. Sempre bendato. Vietato parlare. Il nostro nome era un numero.

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