L’estate è finita.. e i Festival musicali?

L’estate è finita.. e i Festival musicali?
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La distesa salata del Deserto Black Rock, nello Stato del Nevada, negli Stati Uniti, per 357 giorni all’anno ha una popolazione pari a zero, nemmeno una persona vive nella zona, tranne per il periodo del Burning Man, gli otto giorni del festival della follia che dal 1991 attira tante, tantissime persone. Nell’edizione del 2017, conclusasi ieri con il Labor Day, ha visto la partecipazione di oltre 70mila persone. Potremmo citarne altri, simili, più o meno conosciuti, sempre made in Usa, come la Coachella, per esempio. Pullula di eventi musicali anche il Regno Unito. Inutile citare la fama di Glastombury o del Reading, Leeds, Wireless, Isle of Wight Festival e V Festival. Famoso anche il Tomorrowland messo in moto a Boom in Belgio. Questi solo per citarne alcuni, i più famosi, perchè tutti gli stati europei, in realtà, ne realizzano molti.

A Settembre, come sempre e come in tutti i campi, prima di rimettersi alla scrivania e aspettare l’arrivo dell’inverno, si tirano le somme di quella che è stata l’estate e a noi, italiani amanti della musica, rimane sempre quell’amaro in bocca che ci fa chiedere: perché in Italia non si riesce a organizzare eventi come quelli che ogni anno attirano centinaia di migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo?

Il problema di fondo è che per realizzare un evento di questa portata si dovrebbe, almeno per qualche volta, andare oltre il mito del “fare all’italiana” e focalizzarsi su tre punti fondamentali: la prima è l’organizzazione. Idee, capacità organizzative e grandi spazi, in Italia, non ci sono mai mancati, il problema, da noi, è mettere in pratica quello che abbiamo in mente. Non ci devono essere ritardi e il tutto deve essere organizzato alla perfezione perchè, si può immaginare, gli imprevisti sarebbero sempre dietro l’angolo. La seconda è la paura del flop di un evento di grandi dimensioni e la necessità di sponsor forti che aiutino nell’impresa. E’ naturale che più l’evento attira, più il giro d’affari aumenta. Il terzo, invece, è la burocrazia. Come succede troppo anche in altre occasioni, documenti, firme, e intralci vari tipici del Bel Paese fanno perdere la pazienza anche a chi potrebbe esser deciso a investire tempo e denaro per la realizzazione di un Festival.

In Italia siamo forti sui concerti dei singoli cantanti. Basti pensare al concerto che Vasco Rossi ha tenuto al Modena Park lo scorso giugno davanti a oltre 220mila persone. Numeri impressionanti. Nel 2011 era toccato a Luciano Ligabue, con “Campovolo” dove più di 120mila persone avevano affollato l’aeroporto di Reggio Emilia pronti per ascoltare le musiche del loro idolo.

Per quanto riguarda i Festival, quelli che ricalcano il vero e proprio sogno americano di molti teenagers italiani, da noi, sono arrivati tardi. Ci aveva già provato il cantautore di Correggio, esattamente un anno dopo il concertone, con un evento realizzato il 22 settembre 2012 per raccogliere risorse economiche da destinare alle popolazioni terremotate dell’Emilia Romagna. Risultato? 150mila presenze, circa 30mila in più dell’anno precedente. E i numeri, almeno in fatto di talento, c’erano tutti: Biagio Antonacci, Claudio Baglioni, Elisa, Tiziano Ferro, Giorgia, Jovanotti, Litfiba, Fiorella Mannoia, Negramaro, Nomadi, Renato Zero e Zucchero.

C’è comuqnue chi, con il passare degli anni, non demorde, davvero! Basta dare uno sguardo veloce sui Social Network per capire quanti, giovani e meno giovani, quest’estate abbiano partecipato a concerti emozionanti messi in atto su tutto il suolo italiano. Volete qualche dato? L’Home Festival di Treviso ha chiuso a quota 90.000 presenze, il Nameless Music Festival di Lecco a 25.000, il Pistoia Blues a 46.000, il Postepay Rock in Roma da quando esiste, nel 2017 ha spento otto candeline, ha ospitato più di un milione e mezzo di persone, l’I days Festival a Monza ha visto la partecipazione di 80.000 persone. Non mancano certo altri nomi come: Spring Attitude, Mi Ami, Sherwood Festival, Terraforma, Lucca Summer Festival.

Secondo i dati quindi, anche l’Italia sembra avere le carte in regola per realizzare qualcosa di veramente unico senza sentire la necessità di invitare top model, star dello spettacolo o centiania di ettari di terreno a disposizione.


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