il caso

Legionella e polmoniti atipiche: dopo 5 anni rimane il mistero

I fatti risalgono a fine agosto del 2018, ma le cause sono ancora sconosciute

Legionella e polmoniti atipiche: dopo 5 anni rimane il mistero
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A 5 anni dall'epidemia di legionella e polmoniti atipiche che colpì la bassa bresciana orientale e l'alto mantovano restano ancora un mistero le cause che la scatenarono. A fine agosto 2018 un forte temporale fece evaporizzare, a contatto con il suolo rovente dovuto al forte caldo e alla prolungata siccità una grande quantità di acqua mista a reflui inquinanti e alle secche del fiume Chiese. Questa nube carica di batteri di legionella sierotipi 1-2 e 14 contagiò oltre un migliaio di persone e causò una decina di decessi concentrati in un’area ben definita, di circa 60mila abitanti tra i comuni di Acquafredda, Visano, Remedello, Calvisano, Carpenedolo, Isorella e Montichiari. La relazione epidemiologica dell'Ats di Brescia a firma del dottor Sileo, del 6 marzo 2019 fece solo delle ipotesi sulle vere cause: gli imputati maggiori furono il fiume Chiese e le Torri di raffreddamento delle fabbriche.

Nessun risarcimento

Il «Comitato di Salute Pubblica – La corsa per la vita», con presidente l'ambientalista Carmine Piccolo, nacque proprio nell’ottobre dello stesso anno per chiedere un risarcimento per le vittime e per i contagiati. «Uno dei nostri primi obiettivi fu andare a fondo alle possibili cause per prevenire altre epidemie in seguito con una serie di controlli più mirati – ha commentato Piccolo – Come ad esempio prelievi mirati di acqua da diversi punti del Chiese e canali immissari, controllo della pulizia delle vasche delle torri di raffreddamento, analisi di fanghi e gessi da defecazione sparsi sui campi a ridosso del Chiese, controlli dei pozzi privati e soprattutto la richiesta di un deflusso ecologico funzionale di almeno 5-10 mc di acqua al secondo con divieto di prelievo di acqua per irrigare i campi in caso di siccità prolungata. Le richieste del comitato furono quasi tutte esaudite eccetto la richiesta di un risarcimento alle istituzioni a tutte le vittime innocenti e ai contagiati dell'epidemia».

Epidemie e depurazione

L'epidemia in seguito fu declassata dai magistrati bresciani a non epidemia anche se l'Istituto Superiore di Sanità rimarcò quanto successo nel bresciano ha precedenti a livello mondiale. Ci furono interrogazioni parlamentari e europee, conferenze, dibattiti, inviti in tv, marce di protesta per ricordare le vittime, audizioni presso il ministro dell'ambiente grazie all'impegno del comitato, dell’avvocato ghedese Donatella Mento del foro di Brescia, che si rese disponibile per una class action e per l’assistenza legale ai contagiati e del dottor Sergio Perini, socio ISDE, International Society Of Doctors For Enviroment, che studiò i diversi sierotipi di contagio. I laboratori ospedalieri bresciani erano attrezzati solo per il sierotipo 1 e non per il 2 e 14, appunto atipici e mai riscontrati fino ad allora. «L'epidemia di legionella e polmoniti atipiche sull'asta del Chiese dovrebbe far riflettere chi sostiene la depurazione dei reflui del Garda a Gavardo e Montichiari con scarico nel Chiese, fiume torrentizio con una portata minima vitale che non potrebbe mai diluire i residui di queste acque e che danneggerebbe la flora e la fauna esistente con il pericolo di altre epidemie».

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