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L'arte senza tempo di Pierluigi Beschi, a Montichiari il re delle carrozze

Nel suo laboratorio-museo a Montichiari, tra ferro, legno e tessuti, custodisce capolavori unici. Ora sogna un'esposizione

L'arte senza tempo di Pierluigi Beschi, a Montichiari il re delle carrozze
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Mentre Pierluigi Beschi si muove tra le carrozze che ha costruito o restaurato, tra i cavalli di legno, i velocipidi o le lampade che ha realizzato, non si può fare a meno di osservare con attenzione le sue mani e guardandole si resta senza fiato pensando a quanta meraviglia sono in grado di creare. Pierluigi è il «signore delle carrozze» e nella sua grande officina monteclarense custodisce un tesoro che andrebbe valorizzato in un museo.

Una passione che nasce in famiglia

«La passione per i cavalli e le carrozze - racconta - è iniziata da giovanissimo, quando sedevo sul calesse accanto a nonno Pietro. A vent'anni ho allevato il mio primo cavallo, il mio primo regalo di Santa Lucia è stato un carretto trainato da un cavallino, avevo sei anni. Un mondo che mi appartiene da sempre e ancor oggi, a ottantadue anni, riempie la mia vita. Tutte le mattine entro in officina e mi rilasso».
L'officina di Pierluigi, ci lavora anche il figlio Bruno, in realtà è anche una sorta di museo che racchiude una ventina di carrozze meravigliose, sculture, oggetti di altissimo pregio che lui realizza manipolando ferro, legno, pelli e tessuti con maestria raffinata ma anche con forza da Efesto, perché di forza ce ne vuole tanta per piegare il ferro su un'incudine dei primi anni del Novecento che sembra un toro picassiano tanto è bella.

Dal restauro alla creazione

La creatività di Pierluigi si concretizza in tante opere ma la sua vera, grande passione sono le carrozze e ricorda: «È stato Leone Tadini a inserirmi nel mondo delle carrozze facendomi conoscere Marco Zane, grande esperto del settore e importatore di carrozze dalla Francia. Zane le acquistava anche quasi distrutte e io le restauravo. Dal restauro sono passato alla creazione vera e propria basandomi sui disegni».
Ancor oggi Pierluigi, con l’aiuto del figlio Bruno, costruisce o ripara carrozze su commissione e ne è fiero. Ma vorrebbe con tutto il cuore che i «pezzi» più belli della sua collezione fossero esposti e conservati in una sede opportuna. Lo meriterebbero davvero. Oltre al loro grande significato estetico, se adeguatamente valorizzati, sarebbero occasione di arricchimento culturale per tutti. Mentre Pierluigi si muove nella sua officina-museo racconta di carrozzine da pony, di Grand Breack de Chasse, di American Gig Buggy. Di come il cilindro di un proprietario di carrozza fosse grigio e quello del vetturino nero. E ancora: le lampade delle carrozze padronali erano tonde, quadrate quelle delle carrozze di servizio.

Curiosità e aneddoti dal fascino unico

Si resta ammutoliti mentre mostra l’interno di una carrozza francese dell’Ottocento: raso giallo, capitonné, con 560 bottoni realizzati a mano. Curiosità ma anche storia e storie che dovrebbero diventare patrimonio condiviso. Aspettando che ciò possa accadere davvero Pierluigi si aggira tra le sue creazioni, accarezzandole, e di tanto in tanto si siede su una slitta appartenuta ad un arcivescovo di Gorizia durante la dominazione austriaca a cui lui ha ridato vita e bellezza: «È la mia preferita», conferma con un bagliore di felicità negli occhi.

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