La dimettono, lei partorisce sul divano di casa
Ha davvero dell’incredibile la vicenda che ha toccato da vicino una giovane coppia calvisanese, alla nascita del loro terzo figlio.
Per Ilaria Cottali, 28 anni e il suo compagno Simone Silini di 30, questo venerdì 17 non poteva essere più fortunato. Era un mercoledì quando Ilaria aveva iniziato ad avvertire le prime contrazioni: «Non erano nè troppo ravvicinate nè troppo forti – ha raccontato la neomamma – ma per sicurezza mi hanno ricoverata in serata all’ospedale di Asola. Giovedì mattina i dolori erano completamente spariti per poi tornare in serata, cosa che mi era già successa anche con il secondo parto. Nonostante io continuassi a lamentarmi per le fitte, dai monitoraggi non risultava nulla e venerdì in mattinata sono stata dimessa».
Le parole di Ilaria al «Carlo Poma» di Asola non hanno potuto nulla contro le rilevazioni dei macchinari e i medici alle 11.30 di venerdì mattina hanno optato per dimettere la giovane ancora in preda alle convulsioni, con un bambino che poteva nascere da un momento all’altro. «Tempo di arrivare a casa, a Calvisano, era già mezzogiorno. I miei piani erano di riposarmi un’oretta e andare in un altro ospedale per ascoltare un altro parere». Non certo i piani del piccolo Andrea, che da tutta notte premeva per venire al mondo. «Non ho avuto nemmeno il tempo di sdraiarmi sul divano che ho iniziato a sentire le spinte, sempre più forti». E’ successo tutto talmente in fretta che Ilaria ha potuto solo chiamare il marito che stava lavorando in cascina a cinque minuti di distanza e la cognata Sonia Silini che si è precipitata nell’abitazione.
«E’ stato Simone a far nascere il piccolo Andrea, mentre Sonia chiamava i soccorsi». La porta lasciata aperta, quasi come sentisse che avrebbe avuto bisogno di aiuto, è stata essenziale nella catena di fortunate coincidenze che hanno trasformato i potenziali pericoli in momenti sereni, in attesa che arrivasse un’ambulanza. «Ero talmente fuori dal mondo che sono rimasta tranquillissima tutto il tempo. Non capivo quello che mi stava succedendo, non ho avuto nemmeno il tempo per spaventarmi, anche se attorno a me vedevo solo facce preoccupate. Forse il momento che mi ha spaventata di più è stato quando è arrivata la Croce Rossa con ambulanza e auto medica, erano molto agitati per la situazione, così come quando sono arrivata a Manerbio, in ospedale. Attorno a me vedevo tanti medici e infermieri, erano pronti al peggio».
Già pronte eventuali trasfusioni e mobilitata la terapia intensiva per fronteggiare qualsiasi emergenza. Fortunatamente niente di tutto questo è servito. Dopo il taglio del cordone ombelicale Andrea era in piena salute, così come la mamma, che ha potuto godersi nella massima tranquillità il suo lieto evento. «Riguardo l’ospedale di Asola c’è solo tanta amarezza. Avevano il mio numero e sapevano quello che era successo dopo avermi dimessa eppure nessuno si è degnato di chiamare per chiedere delle mie condizioni. Ma non intendiamo prendere provvedimenti, quello che conta è che alla fine sia andato tutto bene».