«La crescita dei giovani è da sempre il nostro obiettivo»

Maria Maddalena Conzadori è arrivata a Montichiari due anni fa, assegnata all’Istituto «G.B. Alberti» proprio nel momento di trasformazione in «Comprensivo I Renato Ferrari», un momento sicuramente delicato che ha però saputo gestire con la grande professionalità e decisione che la contraddistinguono da sempre. Montichiari è la sua prima collocazione come dirigente scolastico, giunta dopo un brillante concorso nazionale durante il quale ha dovuto sostenere ben cinque prove tra preselezioni, scritti, orali e progetti vari.
Un percorso professionale sempre in itinere verso traguardi prestigiosi il suo, sicuramente non facile per una donna che è anche madre di due ragazzi, Anna di 21 anni e Marco di 17, ma portato a termine con grande determinazione. Originaria di un piccolo paesino della provincia di Cremona, si è trovata catapultata in una comunità che, seppur in provincia, ha tutte le caratteristiche e le problematiche di una grande città.
Quali sono i segreti per amministrare bene un istituto comprensivo?
«La domanda è complessa. Il Comprensivo I raccoglie 1170 alunni, 130 docenti, 16 collaboratori scolastici e 6 amministrativi, una realtà sicuramente grande nella quale occorre la collaborazione di tutti. Ci vuole molta umiltà e il prendere coscienza che la bacchetta magica non la può avere nessuno. Il risultato positivo è la somma di diversi fattori: la presenza di persone che credono molto nella scuola e nel proprio lavoro, che si spendono con grande generosità per gli alunni, che ti supportano in modo attento e propositivo, anche attraverso le critiche ma sempre in modo costruttivo. L’importante è avere un occhio di riguardo per la verticalità e facilitare il passaggio degli alunni dalla Primaria alla Secondaria, lavorando sul confronto tra docenti che in un comprensivo risulta sicuramente più facile perché ci si conosce un po’ tutti. Per questo nel nostro istituto abbiamo creato anche una Commissione Continuità che lavora ottimamente proprio in questo senso».
Quanto sono cambiati i giovani d’oggi rispetto alla sua generazione? Di quali stimoli hanno bisogno?
«Sono cambiati parecchio. Nei miei primi anni di insegnamento, i ragazzi avevano sicuramente più tempo per riflettere, per lasciar sedimentare le informazioni, per approfondire anche attraverso tempi morti la propria conoscenza. Oggi sono bersagliati da stimoli e questo se da un lato è positivo perché li rende più reattivi, dall’altro scatena disturbi del comportamento quali l’iperattività. Sono troppo impegnati in attività esterne che riempiono loro tutti i pomeriggi lasciando poco tempo per lo studio e per riflettere su se stessi, mancano i momenti di aggregazione libera che noi eravamo soliti gustare durante l’adolescenza e questo non permette loro di padroneggiare l’emotività, di imparare a stare in gruppo. Si isolano davanti ai pc, alle piattaforme social che anziché aiutare la socializzazione fanno loro disimparare l’arte del confrontarsi viso a viso, dello stare insieme nel reale. E le famiglie spesso sono troppo occupate con il lavoro per accorgersene».
Quanto è impegnativo dal punto di vista personale gestire un istituto di grandi dimensioni?
«Tenga conto che arrivo a scuola verso le 9 del mattino e riparto alle 17.30. Nel caso in cui si svolgano Collegi Docenti o riunioni varie la mia permanenza si protrae fino alle 20. È un impegno non indifferente. Da neofita volevo avere tutto sotto controllo, ci tenevo molto ma ho capito che per tutelare anche il proprio equilibrio psicofisico bisogna saper delegare alcuni compiti e adempimenti. Fortunatamente mi affiancano collaboratori validissimi, tra questi in particolar modo la mia vice, professoressa Laura Zizioli, che non solo è la memoria storica dell’Istituto e per questo conosce tutti o quasi, ma è dotata di grande personalità, competenza, carattere, diplomazia e tante altre doti che la rendono indispensabile. Importantissimi anche tutti gli altri collaboratori, gli impiegati delle funzioni strumentali, come la maestra Adriana Mori, che lavorano con grande cuore e una passione che va al di là del riconoscimento economico e della mia stima personale».
Ampliamo il panorama. L'istruzione in Italia funziona? Cosa andrebbe migliorato e cosa invece va già bene?
«Se guardiamo i dati ufficiali non sono molto consolanti. L’Invalsi mostra un’Italia divisa tra una parte che raggiunge ottimi risultati, forse anche per forma mentis, ed un’altra che fatica ad emergere. Ci sarebbe inoltre l’esigenza di un Ministero attento ai bisogni dei docenti: il contratto è bloccato dal 2008, non c’è un riconoscimento sociale ed economico e gli stessi dirigenti non sono compresi dagli uffici provinciali e regionali. Prima di assumere il mio ruolo credevo che avrei trovato un appoggio concreto dagli uffici scolastici della regione e invece talvolta c’è mancanza di coordinazione, organizzazione e comprensione. Anche la normativa, spesso attenta più alle economie di bilancio dello Stato che ai servizi al cittadino non aiuta chi è responsabile delle risorse umane di una realtà complessa come un Istituto Comprensivo. Faccio un esempio: ho 6 amministrativi e, secondo la legge di stabilità del 2015 che vale fino alle tre unità, fossero assenti per malattia o altro, non posso sostituirli. Altro esempio: i docenti supplenti possono cambiare sede di servizio in corso d’anno perché il Ministero attua un aggiornamento delle graduatorie, così come accaduto nel seguente anno scolastico, e questo crea un danno alla continuità al quale noi dirigenti non possiamo sopperire ed è drammatico quando questo avviene magari con casi di docenti che seguono i ragazzi disabili. I genitori chiedono stabilità nel percorso scolastico ma noi abbiamo le mani completamente legate in questo senso.»
Quanto è importante, specialmente ai giorni nostri, il sodalizio famiglia scuola per la crescita dei ragazzi?
«Il rapporto scuola-famiglia è fondamentale. In una relazione tra due realtà così importanti nella vita dei giovani è normale che talvolta ci siano equivoci e mancanza di comunicazione ma lo sforzo deve essere reciproco. Per questo chiedo sempre ai genitori che, prima di passare da me, si confrontino con i docenti di riferimento e facciano lo sforzo per parlarsi e comprendersi. C’è bisogno che le famiglie tornino a responsabilizzare i ragazzi, il che non vuol dire sostituirsi a loro ma lasciare che possano crescere anche sbagliando, anche facendosi redarguire per gli errori, imparando a saper far tesoro degli errori commessi. Per fare questo serve in primis la fiducia reciproca».
Lei viene da un piccolo paese, come si è trovata a Montichiari?
«Era una città che conoscevo poco, la sapevo molto vivace e piena di attività. L’aspettativa era alta. Mi sono trovata a fare i conti con una realtà complessa, non dissimile a quella di una grande città. Molte famiglie sono attente, altre hanno diverse criticità ma io e i miei collaboratori applichiamo una attenta sorveglianza sui ragazzi e tutto il supporto possibile perché crescano e si formino nel modo più sereno possibile».