Chiari

Incassano un assegno falso per un Rolex da 50mila euro: commercianti truffati

L’odissea dei fratelli Ravelli che hanno puntato anche il dito contro la loro banca, che rifiuta la strada della conciliazione.

Incassano un assegno falso per un Rolex da 50mila euro: commercianti truffati
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Qualcosa non lo convinceva. Non si fidava di quell’uomo che, dopo aver risposto a un suo annuncio su "Subito.it", stava per comprare il "Rolex" con un assegno circolare da 50mila euro. "Per questo motivo ho chiesto più volte al direttore della mia banca se fosse tutto in regola. Mi aveva detto di stare tranquillo, e invece....".

Incassano un assegno falso per un Rolex da 50mila euro: commercianti truffati

E, invece, l’assegno che il clarense Gian Angelo Ravelli aveva incassato era falso: l’acquirente, che si era presentato con il nome (anche questo falso) di Carlo Marelli si è intascato così un orologio dal notevole valore economico. Truffato e "mazziato". Sì perché nel frattempo, tramite il proprio legale, l’ex commerciante di del Gin-Market di Chiari (storico negozio chiuso nel 2012 dopo 50 anni), ha chiesto i danni alla sua banca, che però ha ribadito con fermezza di non aver intenzione di aderire alla procedura di mediazione in quanto "vi è infatti la convinzione di aver agito nel rispetto della normativa". Inoltre, il direttore avrebbe raccontato una versione diversa agli inquirenti, sostenendo anche che non è possibile essere certi al 100%. E’ doveroso sottolineare che l’assegno era stato "letto" dall’apposita macchinetta e non era emerso nulla.

Il fatto

"Avevo messo in vendita l’orologio, un Rolex Daytona movimento Zenith scala 2:25 con quadrante Singer, per 60mila euro - ha spiegato Ravelli, accanto a lui il fratello Mario Andrea - Ero stato contattato da quest’uomo e avevamo concordato il prezzo: 50mila euro".

L’annuncio era stato pubblicato il 19 ottobre dell’anno scorso, mentre l’appuntamento tra Ravelli e il truffatore è andato in scena il giorno seguente fuori dalla banca del clarense.

Volevo accertarmi che fosse tutto regolare e la prima volta che sono andato in banca erano le 11.30 - ha continuato Ravelli, classe 1948 - Ho mostrato al direttore la foto dell’assegno che il tizio mi aveva inoltrato su Whatsapp. Avevo un brutto presentimento e in più di un’occasione, visto che avevo confidenza, ho detto al direttore “mi raccomando, non sono caramelle”. Poi, io e mio fratello siamo tornati in banca con l’acquirente e anche in quel caso l’assegno è risultato regolare dopo essere stato inserito nell’apposita macchinetta e il direttore mi ha di nuovo rassicurato sull’autenticità.

Ravelli ha tenuto controllato il conto sul suo smartphone: "Purtroppo, dopo tre giorni, mi sono accorto che l’accredito della somma era stato stornato, in quanto era emerso che si trattava di un assegno falso. Ma come è possibile? Avevo più volte chiesto al direttore di controllare". Il 25 ottobre, il giorno stesso in cui hanno presentato querela presso la stazione dei carabinieri di Chiari, i fratelli Ravelli sono stati in banca, dove è nata anche un’accesa discussione.

La questione con la banca

I Ravelli si sono rivolti al proprio avvocato di fiducia, che a dicembre, al termine di una dettagliata ricostruzione, aveva chiesto il risarcimento dei danni. Ma, come abbiamo visto, i legali della banca, a febbraio, avevano ribadito che «a seguito di istruttoria le pretese contenute nella domanda non risultano fondate".
Il legale dei due clarensi aveva scritto anche alla banca emiliana (per l’esattezza la filiale di San Giorgio di Piano, Comune in provincia di Bologna), secondo la messa in scena emittente dell’assegno. Ma la risposta è stata chiara e per certi versi sorprendente:

L’assegno riporta come emittente la stessa banca anziché la Capogruppo, unica titolata a emettere, per le consorziate, assegni circolari. Anche per questo stupisce fortemente che altro Istituto bancario non abbia riconosciuto tale palese e manifesta falsità, ravvisabile ictu oculi e con la più ordinaria diligenza professionale richiesta al comune operatore di settore. Inoltre, dalla filiale di Chiari non è pervenuta alcuna richiesta di bene-emissione.

Ravelli ha spiegato che il direttore di Chiari aveva chiamato la banca emiliana per avere conferme. Come si spiega? Qualcuno non dice la verità? Stando a quanto emerso negli anni e riportato anche in diversi servizi televisivi, la situazione potrebbe essere molto più complicata: in alcuni casi un complice ha messo fuori uso le linee telefoniche, intercettando le chiamate. Dunque è probabile che il direttore abbia parlato proprio con il secondo delinquente. Ma su questo non ci sono certezze per ora.

Una truffa clamorosa

Una situazione complicata, sulla quale è doveroso fare chiarezza. La cosa certa, invece, è che Ravelli è stato truffato da un delinquente senza scrupoli. Un criminale che a loro si era presentato come Carlo Marelli, ma che a un altro bresciano, che ha rischiato di finire nella stessa trappola, aveva detto di chiamarsi (mostrandogli anche una patente) Alessandro Righetti. L’unica cosa vera di quel documento? La foto, Ravelli lo ha riconosciuto. I carabinieri di Chiari stanno indagando sull’episodio, anche se non è per nulla facile, visto che l’unico elemento che hanno a disposizione è la targa dell’auto dell’uomo. Auto che, però, è stata noleggiata. Ma le indagini continuano.

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