Leggende

Il mostro delle cave che terrorizzò Verolavecchia

Un mistero, una burla e persino la fauna locale ci ha messo lo zampino: gli ingredienti per una storia horror ci sono tutti

Il mostro delle cave che terrorizzò Verolavecchia
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Grandi e piccini drizzano le orecchie quando si raccontano stranezze, fatti insoliti e soprattutto quando si insinua il dubbio che creature fantastiche possano aggirarsi nella torrida Bassa, in particolare a Verolavecchia.

Una storia misteriosa

Giancarlo Laffranchi Paletti lo sa, verolavecchiese doc, ama raccontare il suo paese con estro e un piglio sicuramente accattivante e quando ha rispolverato una vecchia vicenda sui suoi social in tanti sono rimasti catturati: qualcuno la conosceva, per altri è una bella novità e c’è da scommettere che qualcun altro andrà a scrutare tra i campi all’imbrunire.

"Fu una sera d'estate di molti anni fa, trentacinque, quaranta all'incirca, eravamo poco più che bambini, era la fine degli anni '70. Stavamo vivendo l'adolescenza nella nostra bassa, tra frumenti, mais, mari d'erba e tanta tranquillità, al limite della noia e dell'inettitudine. Il fiume Strone con qualche scalcagnata canna da pesca e il campetto “da calcio” delle scuole a farci compagnia nei lunghi e afosi pomeriggi delle estati che si susseguivano lente, nella nostra bucolica località della bassa bresciana. Per le strade qualche trattore, poche automobili, facevano comparsa le prime pericolosissime moto giapponesi e per noi più piccoli il tanto agognato cinquantino comprato con i primi stipendi della fabbrica",

Giancarlo ha descritto un quadro familiare, uno scenario in cui ognuno si riconosce.

Il mostro delle cave

"Una sera appunto, un giovanotto, che poco prima si era assentato in compagnia della sua morosa per trovare un po' di intimità, qui in una delle località campestri più frequentate dalle coppiette di allora, accorse poco dopo al bar, spaventatissimo, a raccontare ciò che aveva sentito in fondo al campo dove si era appartato con la ragazza: delle urla terrificanti provenire da “là in fondo”, versi mai sentiti prima, figuratevi. Lo prendemmo sul serio, eccome, tra lo spavento e il divertimento"

ha continuato spiegando che in quel preciso istante è nata la leggenda del mostro delle Cave. Ecco allora che la curiosità vince sulla paura e in tanti iniziano a recarsi in mezzo ai campi dove «fra il mais e l'erba medica fa capolino la Madonnina della Cava, una chiesetta mantenuta con cura e devozione. La stradina per raggiungerla è frequentata quotidianamente, ancora oggi, da sportivi e dilettanti per corse e allenamenti immersi nella natura». Da quel momento è nato un bel via vai, di giorno, di notte, in tanti hanno cercato di sentire o vedere qualcosa di strano o magari trovarsi proprio davanti al Mostro della cava.

"File interminabili di biciclette, motorini e qualche auto, erano ormai di abituale incontro su quel pezzo di sterrato vicino a Scorzarolo. Anche le forze dell'ordine non disdegnavano la visita quotidiana alla Cava, unendosi a noi civili nel sentir comune del mostro. Nascevano discussioni sulla natura della bestia, semmai bestia fosse stata. In paese, in via Trento, un cartello indicava: “Per il mostro della Cava” - e qualcuno ha preso la cosa forse un po’ troppo sul serio - Una notte di luglio, al ritorno da una cena aziendale con qualche collega passammo alla Madonnina, erano le due, forse le tre di notte, un omino offuscato dall'alcool si stracciava le vesti dicendo che “si facevano sentire”, era la Madonna che di fronte a tante brutture (chissà che dovrebbe dire ora) si lamentava e mostrava il suo disappunto ai nostri misfatti e alle nostre tentazioni. Si buttava nel fosso che passa sotto alla chiesetta, e si fustigava con frasche bagnate, i militi della caserma di Verolanuova basiti assistevano allo spettacolo che questo posseduto dava di se, increduli e forse velatamente d'accordo con ciò che l'uomo sosteneva".

Uno scherzo riuscito e una coppia di barbagianni

E come tutte le storie alla fine si trova una risposta.

"L'episodio che ricordo con grande allegria è quando una sera, il pubblico era vastissimo, posti in piedi totalmente esauriti fin dalle prime ore del dopo cena, ad un certo punto ci fu un attimo di panico tra i presenti, si sentì infatti tra le alte piante di mais, un divergersi di fusti avanzare verso la stradina accalcata. La polizia locale intimò l'alt, nessuno si fece vivo, un silenzio da film horror calò su tutti noi, terrore, curiosità, chissà cosa ci aspettavamo uscisse da quel mais. Dopo qualche istante, nel pieno incredibile silenzio un altro paio di piante divelte agitò la coltivazione, stavolta le forze dell'ordine estrassero le armi intimando un alt molto più deciso... "FERMI, CHI VA LA', ATTENZIONE CHE SPARIAMO!". Dopo pochi istanti di terrore totale dalla coltivazione usci un clamoroso “PAAPAAALUUUU” (allocco, babbeo), che ci fece rimanere pietrificati. Se ne uscì dal campo il nostro caro amico Gioele, che con il suo fare giocoso e sfottente ci fece esplodere subito dopo in una comune, liberatoria e immensa risata con tanto di applauso. Sembrava di stare a teatro. Pensai che una situazione simile non l'avrei mai più rivissuta, una serie di elementi e fatti si erano inspiegabilmente messi insieme quella sera per timbrare nella mia memoria uno dei più bei periodi in assoluto della mia vita. Gli agenti si avvicinarono a Gioele dicendogli che insomma se la poteva evitare, e che aveva rischiato la vita, sai com'è loro erano armati. “Eh eheh...” sorrise incurante Bernardo e subito dopo ricominciammo tutti quanti dal punto in cui eravamo rimasti con le ipotesi e le invenzioni fantastiche, qualcuno parlò di esseri venuti da un altro pianeta per capire le nostre coltivazioni, gli agricoltori avevano un'aria terribilmente preoccupata. Dopo settimane di postazioni e favole un noto ornitologo della zona espose la sua tesi: erano coppie di barbagianni, o di allocchi (se la memoria non mi tradisce) in amore. Noti per il loro richiami gutturali nei confronti delle femmine della stessa famiglia di predatori. Si chiuse così un estate a dir poco memorabile. Molti, dopo la rivelazione del nostro ornitologo continuarono imperterriti i loro pellegrinaggi. Ormai era nato un mito, erano nate amicizie, compagnie, nei bar della zona non si parlava d'altro: era nata la leggenda del Mostro della Cava".

E c’è da scommettere che, grazie a Giancarlo, che ha rispolverato questa vecchia storia, qualcuno passeggiando vicino alla Madonna delle Cave tenda l’orecchio e aguzzi lo sguardo in cerca di qualcosa.

Commenti
Tiziano Cervati

Be'... credo di essere l'unico ad aver fotografato il "mostro" quando venne catturato: un bellissimo allocco 😀

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