Il galateo ideale dello smartphone
Stiamo per esplorare il galateo del telefonino. Sì, c’è scritto “telefonino”, come nei favolosi Anni Novanta. Rientra nel campo semantico il cui scopo qui è puramente quello di rievocare quei tempi in cui il telefonino, appunto, iniziava a modellare le nostre vite. Tecnologia di avanguardia nel palmo della mano e noi, increduli e riverenti di fronte ad essa, cercavamo di adattarci prima e assuefarci poi. Non si capiva esattamente come funzionassero e l’attenzione era così catturata queste micro-macchine tecnologiche da scordarsi che queste avrebbero dovuto essere una ulteriore opportunità per le connessioni umane.
Purtroppo, alcuni hanno sviluppato un rapporto simbiotico con il telefonino che è diventato un locus esterno della personalità. Fammi vedere come telefoni e ti dirò chi sei. E il mondo intorno non conta, ci sono solo io e la mia estensione hi-tech. Suoneria da cafonaccio? Bene. Volume altissimo? Molto bene. Parlare ad alta voce? Eccellente!
Sono passate due decadi e il telefonino è diventato smartphone e, più che modellare, è diventato il mouse con cui organizziamo le nostre esistenze sul grande schermo della vita. E qualcuno ancora non ha capito come si usa. Non tanto come fare un bel selfie che ci porta 100 like, ma come inserirlo nella trama di un tessuto sociale dove “gli altri” potrebbero non essere interessati a come interagisco con il telefono. Ecco quindi le cinque regole d’oro per vivere la nostra iper-connessa vita senza infastidire chi ci sta intorno.
1) La regola dei cinque squilli
La prima e più la importante. Il telefono squilla e siamo alla cassa del supermercato: la tempesta perfetta. Possiamo rispondere rallentando il processo di passaggio delle leccornie dal carrello al nastro trasportatore e scatenando lo sdegno di chi sta dietro di noi, oppure lasciamo suonare e… scateniamo lo sdegno di chi sta dietro di noi. Con questo in mente, quando siamo noi a chiamare, occorre pensare che la persona chiamata potrebbe essere occupata in altro oppure, vivaddio, non voglia parlare con noi. Sebbene il reato di tortura in Italia abbia confini labili, la Corte di Strasburgo dovrebbe considerare la penalizzazione del “numero inopportuni di squilli”. 5 squilli sono più che sufficienti per essere sentiti, se non abbiamo risposta, riappendiamo.
2) La suoneria a volumi umani
Immaginiamo di essere in un luogo tranquillo, un telefono emette una suoneria da tazzabbauro di foresta (o versi di animali vari) a volume altissimo e il proprietario annaspa ricercando il telefono tra tasche e borsa. Dopo averlo trovato resta a guardarlo adorante, lo allontana dal naso e poi, con lentezza zen cerca, trova e inforca gli occhiali. A questo punto vede il display, guarda il display e con lo sguardo che farebbe pensare ad una overdose di torazina chiede «Chi è che mi chiama?» ad alta voce. Nel frattempo il telefono continua a urlare, in senso neanche tanto figurato, la proverbiale vendetta al cospetto di dio. Tutto questo ha anche scatenato negli astanti una genuina e irrefrenabile irritazione. Vibrazione, suoneria progressiva e suoni discreti non sono come l’olio di palma: si possono usare tranquillamente per la felicità di tutti.
3) “Cornettare” con cortesia
Neologismo che trae le sue radici dal telefono fisso e descrive l’azione di agganciare violentemente la cornetta in segno di disappunto. Se tutti si attenessero alla regola 1 non ce ne sarebbe bisogno ma a volte non possiamo o non vogliamo rispondere e chiudere la chiamata “sul muso” del chiamante insistente resta l’unica soluzione praticabile. È un’extrema ratio ma sicuramente un nostro diritto. È comunque buona regola mandare un messaggio per spiegarne i motivi. Vale anche quando lasciamo squillare a vuoto.
4) Il tono della voce contenuto
È una tendenza naturale: alzare il volume della voce quando si hanno le orecchie impegnate. È però da creature senza pollice opponibile non riuscire a controllarsi. Il Bonobo Kanzi ci riesce senza problemi. Basta un semplice test per capire se abbiamo passato il limite. Se dando un rapido sguardo attorno a noi vediamo: a) persone inclinate verso di noi con l’orecchio (tipicamente il destro) protrundente, b) persone che ci guardano come se stessimo spiumando viva una gallina, c) persone che non ci guardano ma serrano le labbra scuotendo la testa, beh, forse stiamo parlando a voce troppo alta.
5) Sii sincero o “teoria della negazione plausibile”
La negazione plausibile è la capacità di sottrarsi alla responsabilità attraverso la negazione supportata da ragioni più o meno valide e imputando la colpa a qualcuno/qualcosa d’altro. «Ho una chiamata sotto»: qualcuno sta chiamando dalla cantina? «Guarda, sono arrivato/a, devo andare»: ha parlato guidando fino ad ora. «Ti richiamo fra cinque minuti?»: incredibilmente qualcuno ci crede ancora. Chiamiamo a raccolta l’orgoglio e un briciolo di dignità e diciamo le cose come stanno: non abbiamo hai più voglia di stare al telefono! L’interlocutore potrebbe offendersi? Pensiamo un po’ cosa farebbe se non venisse richiamato dopo cinque minuti o se scoprisse che lo stiamo bellamente prendendo in giro.