Imprese funebri

"Il Coronavirus uccide nel peggiore dei modi", il duro lavoro degli impresari funebri

Davide Bodei, 32 anni, titolare della Dea Onoranze Funebri di Calcinato è colui che ha gestito il primo caso di Covid in paese. Era il 2 marzo.

"Il Coronavirus uccide nel peggiore dei modi", il duro lavoro degli impresari funebri
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Un giovane imprenditore, alle prese con una guerra combattuta con forza e coraggio, fin dal primo giorno.  Davide Bodei, 32 anni, titolare della Dea Onoranze Funebri di Calcinato è colui che ha gestito il primo caso di Covid in paese. «Era il 2 marzo. Purtroppo siamo venuti a conoscenza della positività della prima vittima proprio mentre gestivamo la pratica. Eravamo impreparati, perché inizialmente non c'era ancora nessuna conferma che l'epidemia avesse coinvolto anche Calcinato. E invece eravamo all'inizio di quella che poi si è trasformata in una pandemia, in cui i morti aumentavano giorno dopo giorno, non solo a Calcinato».

La corsa alle precauzioni

«Siamo stati fortunati perché non siamo mai rimasti sprovvisti dei dispositivi di sicurezza, grazie anche al Soccorso Pubblico che nei propri approvvigionamenti ha sempre tenuto conto anche delle nostre necessità» - spiega Davide.  Un lavoro che il giovane ha creato da sé, 4 anni fa, aprendo la sua prima attività e che mai si sarebbe immaginato una simile situazione.  «E' un lavoro difficile m rimane per me un lavoro, anche se è drammatico dover gestire le pratiche ordinarie in un modo totalmente diverso, senza poter dare alla famiglia ciò di cui ha bisogno per gestire la perdita. Quando ricevo la chiamata mi precipito, cercando di fare il possibile per alleviare un dolore grandissimo. Non esiste messa, non esiste preparazione, non esiste nessuna di quelle fasi necessarie per la rielaborazione del lutto, dalla vestizione, all'addio da parte della famiglia. Tutto viene svolto asetticamente, con guanti e mascherine per ridurre al massimo le possibilità di contagio, ma è difficile, è dura. In alcuni momenti ho pensato di non farcela. In questi giorni, le richieste sono notevolmente diminuite, non so se sarei riuscito a continuare con quei ritmi».

Tra le difficoltà anche quella relativa ai tempi  per la cremazione

«Sì, purtroppo, spiega Davide, il numero di decessi è aumentato a tal punto che siamo stati costretti, per chi aveva scelto la cremazione, a trovare disponibilità fuori provincia e in alcuni casi fuori regione. Per un lasso di tempo breve ci è stato concesso di depositare temporaneamente le salme al teatro don Bertini, ma ora la Regione ha imposto il limite massimo di 3 giorni, se entro quella data la salma non viene cremata, non può rimanere nell'edificio e si deve procedere con l'inumazione, questo per ragioni igienico sanitarie».

La conservazione di un ricordo

«Gli effetti personali del defunto non vengono bruciati, ma devono essere contenuti in un apposito contenitore e aperti solo dopo 20 giorni dal ritiro. Il coronavirus è un fantasma che ti uccide nel peggiore dei modi, sei solo quando si impossessa di te e, nel peggiore dei casi, sei solo quando devi morire. Nessuno vicino a te, nessuno che ti tiene la mano, nessuno per un ultimo saluto. Leggo nei volti di chi mi chiama la disperazione e l’impotenza e capisco quanto, ora più che mai, una mia parola o un mio silenzio sia indispensabile. Ci è stato insegnato che per svolgere nel migliore dei modi la nostra professione dobbiamo essere una presenza costante ma mantenere un certo distacco per poter dare sempre il meglio ed essere sempre molto efficienti. In tutti i lavori c’è sempre l’eccezione, il coronavirus per me rappresenta quella eccezione, il distacco va bene ma la mia mano, il mio abbraccio virtuale a tutte le famiglie colpite sarà la mia forza. E spero anche la loro. Vi sono immensamente vicino non siete soli».

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