Il racconto

Il Coronavirus "come un film di guerra": la testimonianza della presidente delle Acli

Monica De Luca, presidente delle Acli del Sebino, Franciacorta e Ovest bresciano, ha raccontato la sua esperienza con il Coronavirus.

Il Coronavirus "come un film di guerra": la testimonianza della presidente delle Acli
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di Federica Gisonna

Non riesce a parlarne ancora. Ha preferito scriverlo. Mettere nero su bianco la sua testimonianza, la sua guerra. Affidare i suoi pensieri a un foglio bianco. Parlarne, ad alta voce, avrebbe fatto troppo male, sarebbe andato a toccare ricordi e sensazioni che ancora fanno venire i brividi.

La testimonianza - Il Coronavirus "come un film di guerra"

Monica De Luca, classe 1967, presidente delle Acli del Sebino, Franciacorta e Ovest bresciano (dopo un doppio mandato a Chiari), ha raccontato la sua esperienza con il Coronavirus.

"Ho combattuto contro il Covid-19 - ha iniziato - Dopo 10 giorni di febbre il 18 marzo sono stata ricoverata all'ospedale di Chiari, in seguito trasferita a Brescia alla Clinica San Camillo da cui sono stata dimessa il primo di aprile e posta in quarantena a casa. Anche mio marito Sergio (Arrigotti, coordinatore del Pd di Chiari, ndr) si è ammalato, ed è stato curato a casa".

Un racconto arrivato solo al termine della malattia. "Quello che mi chiedevano tutti è: come che ti sei infettata? - ha pazientemente spiegato - Quando è successo? Domande da un milione di dollari. Perché questo virus è subdolo, il contagio è invisibile. E quando arriva la febbre, pensi alla normalità, speri che sia solo influenza. Quando il medico ti dice che i polmoni non vanno, che la saturazione è troppo bassa, ti senti cadere il mondo addosso, ma non hai ancora visto niente. Hai paura, ma dell’ignoto, non sai quello che ti aspetta".

La presidente ha vissuto sulla sua pelle quello che tanti hanno solo sentito nei racconti di chi se l’è vista brutta. "E’ quando arrivi al pronto soccorso, accompagnata fin sulla porta dal marito che ti ha lasciato obbligatoriamente all'ingresso e che non sai se, e quando, lo rivedrai, che provi un vero e proprio uno shock, che ti rendi conto, e cominci a capire - ha aggiunto - Mi è sembrato di vedere un film di guerra. Tutti accatastati, nei corridoi, sulle sedie, sulle brande, pochi letti, infermieri che corrono dappertutto. Intorno a me molti anziani".

Un virus subdolo e invisibile

Chi fortunatamente non si è ammalato non saprà mai cosa è realmente accaduto in quei reparti. Cosa hanno visto i malati e soprattutto cosa hanno dovuto fronteggiare i medici.

"E tu sei lì, su una sedia, perché di letti non ce ne sono, ad aspettare mentre stai male, disposta a farti fare di tutto: prelievi, radiografie, iniezioni, il tampone, la flebo - ha proseguito la clarense - Il Covid è una grande livella, lì eravamo tutti uguali, tutti positivi".
Il virus, subdolo e invisibile, non ha permesso nemmeno che gli affetti potessero stare vicini. Ha creato la solitudine intorno ai malati. Anche medici e infermieri erano spaventati e non potevano rassicurare nessuno su come sarebbe andata. Il Coronavirus è troppo imprevedibile.

"Lo strazio è stato di vedere persone anziane morire sole, raggomitolate, rannicchiate in posizione fetale, senza conforto, senza un abbraccio, una carezza, sentendole rantolare, tossire di continuo, con colpi di tosse profondi e ripetuti - ha continuato la De Luca - E poi la faccia e gli occhi degli infermieri: ti davano l’idea che nessuno sapeva bene come andava a finire. Ti manca il fiato, la paura cresce e inizi a pensare che non è detto che ce la farai. Pensi di respirare ma l’aria non va giù, hai fame d’aria e se tenti di respirare senti che i polmoni bruciano. Diventi dipendente dalla maschera del gas, e sei consapevole che senza non vai avanti. E poi la franchezza raggelante del dottore che ti dice: “non possiamo dare garanzie a nessuno, proveremo di tutto, ma non sappiamo come andrà a finire".

I ricordi positivi e il rigraziamento

Ma tra tanto dolore ci sono anche ricordi positivi.
"Ma ho visto anche cose belle - ha aggiunto la presidente - La grande dedizione del personale. Impegnato tutto bardato pancia a terra in ogni momento, al punto che non avevano tempo di andare in bagno in diversi operavano con il pannolone. E poi un senso di solidarietà tra i pazienti, di attenzione gli uni per gli altri". In questo momento così difficile, per la clarense così come per tantissime altre persone, anche la fede è stata un grande conforto. Inoltre, la presidente de Luca, ha anche ringraziato il Signore per aver superato la malattia. E non è mancato nemmeno un pensiero ai medici che si sono presi cura di lei.

"Le tante preghiere. Le mie, ma anche quelle di colleghe, amici, parenti, i tanti che mi conoscono - ha aggiunto - I loro messaggi “stiamo pregando per te”, che mi arrivavano sul cellulare, mi davano grande conforto. Io oggi devo ringraziare il Signore se sono tornata a casa. Assieme ai medici che mi hanno curato. E penso sempre al sorriso del medico che mi ha dimesso, che mi ha detto “cosa ci fa ancora in ospedale? Vada a casa signora”. Ero contenta io, era contento lui. Perché un’altra vita, la mia, era salva".

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