Il coraggio di una mamma: dona un rene per salvare la figlia
Barbara a soli 23 anni ha sentito che la sua vita era appesa a un filo, ma al suo fianco aveva un "angelo custode".

di Stefania Vezzoli
Ha un sorriso spontaneo, che ti mette subito a tuo agio, due splendidi occhi chiari e una bellezza radiosa, che va oltre quella esteriore. Barbara Farimbelli ha soltanto 23 anni, ma nonostante la giovanissima età sa cosa significa scoprire, da un giorno all’altro, che la tua vita è appesa a un filo. Ma sa anche che l’amore è più forte di ogni cosa. E che al suo fianco ha un angelo custode: la sua mamma, Chiara Cominardi, che è stata disposta a donarle una parte di sé.
Una diagnosi che cambia la vita
Fino a due anni fa, Barbara era una ragazza in perfetta salute, con una vita normalissima: la famiglia, gli amici, il lavoro da operaia in fabbrica. Poi, all’improvviso, nell’ottobre 2018, tutto è cambiato. Da alcuni esami che le erano stati prescritti è emersa un’insufficienza renale, ma lo shock è arrivato poco dopo, a novembre, quando i medici l’hanno messa di fronte a un bivio: o il trapianto, o la dialisi. "E’ stato un forte shock, quando ho sentito la parola trapianto non riuscivo più a capire niente - ha raccontato la 23enne, che vive nella frazione Zocco - Mi veniva da piangere. Non avevo mai avuto nulla, non ero nemmeno mai stata in ospedale"». Di fronte alle liste d’attesa di tre o quattro anni e alla prospettiva della dialisi, i genitori di Barbara Farimbelli si sono messi a disposizione per aiutarla. Da subito la mamma è risultata compatibile e la scelta di donare un rene alla figlia è stata per lei quasi automatica. "Sono momenti in cui non ti poni domande - ha sottolineato - Semplicemente, è un gesto d’amore".
Il coraggio di una mamma
Individuato il donatore nella mamma della 23enne, la procedura si è però rivelata più complicata del previsto. Attualmente l’ospedale Civile di Brescia è attrezzato per l’esecuzione del trapianto da donatore deceduto, mentre è ancora in fase di attivazione il programma di trapianto da donatore vivente. Tra marzo e aprile l’epidemia di Covid-19 ha causato ulteriori rinvii e alla fine, non potendo attendere oltre, si è deciso di effettuare l’intervento a Padova. Tutto, per fortuna, è andato bene e, anche se la convalescenza non è ancora finita, Barbara guarda ora al futuro con grande fiducia. Durante tutto il periodo trascorso dalla diagnosi al trapianto vero e proprio, madre e figlia non si sono mai sentite sole. Sia a Brescia che a Padova madre e figlia hanno sperimentato la professionalità di tutto il personale ospedaliero, ricevendo anche qualcosa in più: sensibilità e gentilezza. L'articolo completo su Chiari Week, in edicola dal 31 luglio.