Hugh Hefner, maiale o liberatore?

Hugh Hefner, maiale o liberatore?
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Tutto come da progetti per Hugh Hefner, morto nella – non più sua – Playboy Mansion (pagava un milione di dollari d’affitto al mese), sede della omonima rivista che lo ha consacrato come una delle più importanti personalità del secolo scorso.

A qualsiasi donna, un personaggio del genere pone l’alternativa: odiarlo come il peggior maniaco maiale (e dunque essere tacciata di chiusura mentale e rigidità) oppure stimarlo come il promotore di una sessualità della donna finalmente libera e sensuale negli anni del puritanesimo e moralismo americano (e dunque passare per una coniglietta wannabe col QI del coniglio pasquale dopo il soffritto). Quello che resta è la disarmante (a tratti forse irritante) onestà del soggetto e dell’impero che ha costruito.

Può essere fastidioso e causa di indignazione, ma nel mondo di Hugh Hefner (laureato in psicologia) una donna bionda con labbra carnose (sempre più lucide e plasticose nel corso dei decenni), un sedere rotondo (sempre più gonfiato e siliconico anche quello) con relativa codina, calze a rete, tacchi alti, e uno smoking del quale rimanevano parti essenziali, quali papillon, polsi e body, faceva pagare una rivista a molti distinti signori delle più variegate tipologie. Alcuni di questi signori leggevano le interviste di Kurt Vonnegut, Murakami, Fidel Castro, Oriana Fallaci (sì.), altri prediligevano le fotografie di Pamela Anderson; probabilmente la maggior parte fa entrambe le cose.

Possiamo scegliere se considerarlo un pappone che ha mercificato il corpo delle donne per anni oppure un liberatore, ma la triste verità è che una figura del genere è insensibile a qualsiasi giudizio, perché contiene un messaggio e il suo contrario. La figura coniglietta delle sue donne è caricaturale e limitante almeno quanto la sua: sono talmente banali da essere iconici, la pipa e la vestaglia. Hugh Hefner vestito da Hugh Hefner che interpreta Hugh Hefner che gioca a fare Hugh Hefner. E quindi dov’è la liberta della donna, lì esposta come carne da macello? Ma proprio lì, sotto le gonne castigate lunghe fino alle caviglie e lontana anni luce dai fornelli e dai bambini. Quello che c’è dietro la maschera, dietro il personaggio, prima del primo numero di Playboy, prima di Pamela, prima delle femministe, è difficile capirlo.

Per cogliere un po’ dell’essenza di Playboy, del suo creatore e del suo approccio al femminile, ci si può far aiutare dallo scambio fra lui e Oriana Fallaci (altra figura che non è possibile etichettare e tutt’altro che coniglietta): «Il sesso è una delle poche cose che puoi fare anche quando sei povero», le dice in un’intervista. In seguito i ruoli si scambiano, il creatore di Playboy le chiede se era lesbica: «Mi porti suo fratello, spero sia carino. Così glielo dimostro». Viene – anche se forse un po’ troppo romanticamente – da sospettare che fra le pagine della sua rivista, una donna potesse essere un feticcio, un pupazzo, una giornalista e a tratti anche un maschio. Proprio come lui.

Sarà seppellito nel mausoleo acquistato per 85mila dollari di fianco a Marilyn Monroe, la donna che nel 1953 era apparsa sul primo numero di Playboy, la bionda che gli ha aperto le porte del paradiso. «Quale uomo non vorrebbe dormire per l’eternità di fianco a Marilyn Monroe?».


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