Il mondo dello spettacolo viaggiante

Gli imprenditori dello spettacolo viaggiante "Chiediamo di tornare a lavorare"

Si sono sfogati dopo esser stati costretti a diverse difficolta. "Non siamo più disposti ad accettare quello che è successo in questo 2020, chiediamo soluzioni"

Gli imprenditori dello spettacolo viaggiante "Chiediamo di tornare a lavorare"
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“Non siamo più disposti ad accettare quello che è successo in questo 2020 – hanno fatto sapere gli imprenditori dello spettacolo viaggiante – Siamo consapevoli dell’emergenza, quello che chiediamo è tornare a lavorare”.

Gli imprenditori dello spettacolo viaggiante "Chiediamo di tornare a lavorare"

Si sono mossi grazie al "Movimento Giostre Lombardia", i colleghi di Sergio Antonioli, giostrai molto conosciuto a Verolanuova, nel bresciano e nel cremonese, che come lui vivono le sue stesse difficoltà, per tessere rapporti e avere confronti costruttivi.

I rapporti con le istituzioni

Nei mesi scorsi hanno manifestato a Roma e sono riusciti ad avere una maggior attenzione dello Stato, presentando le problematiche quotidiane della categoria dello spettacolo viaggiante per trovare delle soluzioni. Questo ha portato a ricevere anche un piccolo contributo statale a fondo perduto per le professioni del settore di tutta Italia che, tradotto per ogni realtà imprenditoriale è un aiuto, non disprezzato ma comunque non sufficiente al mantenimento delle attività stesse.
Anche la Regione Lombardia ha più volte dato loro udienza e ha cercato di dare un aiuto economico ai professioni lombardi di questo settore. "Ringraziamo chi si è mosso a nostro favore, dagli esponenti regionali ai sindaci che hanno scelto di starci vicini, a rappresentanti di vari enti a vari livelli".
Emblematica la lettera del Gruppo consiliare della Regione Lombardia al vicepresidente Anci Lombardia Giacomo Ghilardi nella quale il presidente della IV Commissione regionale Gianmarco Senna ha sottolineato che seppur sagre e fiere si potessero, nell’estate scorsa, svolgere per legge i Comuni italiani hanno continuato ad annullarle mettendo in ginocchio le famiglie degli operatori che svolgono le proprie attività principali in questi eventi, tra questi il riferimento ai giostrai flagellati da questa emergenza. Senna comprendendo anche la pesante assunzione di responsabilità in questo senso dei primi cittadini chiedeva di trovare però un punto di incontro per tutelare chi rischiava e tuttora rischia di chiudere per sempre.

La situazione, così, non è più sostenibile

D’altro canto i giostrai che ogni volta, ad ogni occasione, in diversi momenti durante l’anno, riportano calore e colore nella nostra quotidianità hanno puntato i piedi. "E’ fondamentale far sapere alle Amministrazioni comunali che non accetteremo più una mancanza di rispetto e mancanza di una giusta attribuzione di valore alla nostra categoria, siamo anche noi lavoratori – ha spiegato il presidente del movimento Marco Morandi – In questo 2020 abbiamo accettato con tranquillità i “no”, abbiamo capito le loro posizioni seppur potessimo far valere le nostre ragioni, ma dal 2021 questo atteggiamento da parte loro nei nostri confronti sarà inacettabile. Quando lo Stato e Regioni daranno il via per esercitare noi torneremo a lavorare, perché siamo stanchi di essere discriminati, stiamo collaborando con chiunque ma noi siamo i più castigati, come noi gli ambulanti fieristici, anche loro considerati zero. Non ci hanno permesso di lavorare durante l’estate seppur eravamo ben contenti di poterci attenere alle regole pur di farlo. Ora basta".
A questo si aggiunge infine quella che loro ritengono una ulteriore "discriminazione" ossia rispetto al pagamento del plateatico, meglio conosciuta come tassa occupazione del suolo pubblico. Quest’anno in alcuni Comuni le attività come bar, alcuni locali, e simili hanno avuto la possibilità di ampliarsi talvolta anche impegnando alcuni posteggi pubblici, ma a differenza degli altri anni, non è stato chiesto loro di versare la tassa per favorirne la ripartenza. Questa «premura» non è stata però riservata ai giostrai. Nell’80 per cento dei casi, di quelle poche date messe a segno, hanno non solo pagato l’occupazione ma si sono visti decurtare giorni di permanenza e orari di apertura. Per questo e per altri motivi affermano "c’è ancora molta strada da fare".
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