Frana di Tavernola, dito puntato contro l'attività estrattiva del cementificio
Molto critiche le posizioni di Legambiente Basso Sebino e del consigliere regionale pentastellato Dino Alberti.
"Cessare ogni attività estrattiva e fare luce sulle responsabilità di questo ennesimo disastro ambientale". E’ l’appello lanciato dal consigliere regionale pentastellato Dino Alberti, che già in passato aveva sollevato polemiche sull’impianto ambientale del cementificio di Tavernola. Alberti con un’interrogazione ha chiesto a Regione quali siano le cause delle continue frane che si verificano in zona e di far luce su eventuali responsabilità. Legambiente Basso Sebino, invece, ha aperto una raccolta firme online su change.org per far chiudere il cementificio.
Frana di Tavernola, dito puntato contro l'attività estrattiva del cementificio
Già nel 2009 la bretella tra Cambianica e Parzanica era stata chiusa per via di una frana (ed era stata riaperta solo dieci anni dopo, nel 2019). In questi giorni il problema si è ripresentato, ma con dimensioni maggiori, tanto da mettere in allarme tutto il lago. E mentre i Comuni e gli enti sovraordinati attendono i modelli dei geologi e aggiornano i piani di emergenza per stabilire il da farsi, il fronte degli ambientalisti vuole indagare sulle responsabilità legate alla frana.
"Non bastava l’ingombrante presenza di un cementificio sulla riva del lago - ha sottolineato il consigliere Alberti - Nemmeno la minaccia dell’utilizzo dei rifiuti come combustibile (Css). Ora su Tavernola e il suo cementificio incombe la minaccia di una frana che ha le sue origini proprio dall’attività estrattiva che alimenta l’impianto della ItalSacci di proprietà del gruppo Italcementi. E non è la prima volta che succede, ma cos’altro deve accadere per dire basta ad ogni attività estrattiva in quel sito?".
A puntare il dito sull’attività estrattiva è stato anche il circolo Legambiente Basso Sebino, presieduto da Dario Balotta.
"L’instabilità del versante di Tavernola, causata dalle attività estrattive ed edificatrici dell’uomo, ripropone con forza il tema dello sfruttamento intensivo del territorio e della sicurezza dei cittadini di Tavernola e non solo - ha sottolineato Balotta - Lo sfruttamento delle cave di marna per le attività del cementificio e la selvaggia edificazione di Parzanica hanno compromesso un’intera porzione di territorio".
Secondo Legambiente serve un piano di riassetto del territorio
Secondo Legambiente serve tornare alla normalità con un piano di riassetto e di prevenzione del territorio, la fine delle estrazioni e la chiusura del cementificio, che i residenti di Tavernola avevano già detto di "voler riconvertire" nell’ambito del referendum sull’utilizzo dei Css come combustibili all’interno dell’impianto.
"È da decenni che la montagna su cui il cementificio ha le sue attività di estrazione e deposito ha problemi di frane e continua instabilità del terreno - ha proseguito Alberti - Il tutto su un’area che è una vasta zona carsica con settori di ammassi rocciosi classificati come particolarmente scadenti e quindi molto fragili strutturalmente e non adatti a scavi per estrarre o depositare materiale. Tutto questo è noto, ma azienda e autorità competenti continuano a girare la testa dall’altra parte facendo finta di niente".
Alberti è andato a recuperare dei documenti in cui si riconducono episodi franosi avvenuti nel passato all’attività estrattiva.
"In una relazione della Geoter del 2008, successiva alla frana del 1970 avvenuta in località Pozza, si legge che l’attività estrattiva sarebbe stata la causa dal cedimento del terreno e dell’attivazione dei diversi fenomeni localizzati antecedenti la frana - ha ribadito - Ma soprattutto si legge che i successivi interventi di mitigazione non sono riusciti a stabilizzare i fenomeni di continuo scivolamento del materiale a valle".
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Petizione per "fermare l'impianto" e interrogazione a Regione
Alberti, come Legambiente, ritiene che l’impianto e l’attività estrattiva vadano fermati.Il consigliere regionale ha quindi depositato un'interrogazione chiedendo a Regione Lombardia quali siano le cause delle continue frane.
"Per questo motivo con un’interrogazione ho chiesto a Regione Lombardia quali siano le cause delle continue frane e movimenti dei terreni - ha concluso Alberti - E se ci fosse la conferma anche da parte dell’ente lombardo che questi siano riconducibili all’azienda ItalSacci, di considerare, nelle opportune sedi, l’opzione della chiusura definitiva del cementificio di Tavernola e di tutte le attività ad esse connesse presenti sul monte Saresano. Non solo: ho chiesto se la Regione non intenda interessare i competenti organi della magistratura per poter indagare in merito alle responsabilità collegate alle cause delle numerose frane, memore di quanto successo nel 2010 per un episodio analogo che aveva visto tre dirigenti della ItalSacci accusati di disastro ambientale per una frana in provincia di Firenze".
Legambiente Basso Sebino, invece, ha aperto una petizione online per "liberare Tavernola dal cementificio". Il circolo presieduto da Dario Balotta ha puntato il dito contro l'azienda ItalSacci, che secondo gli ambientalisti avrebbe messo a rischio tutto il lago.
"Va chiusa chiusa la cementifera - hanno sottolineato Balotta e gli esponenti di Legambiente - L'attività è un residuo del modello produttivo del ‘900: sfruttamento del territorio con l’unico obiettivo di far man bassa delle risorse naturali per generare ricchezza privata ai danni dell’ambiente. Non valgono più le giustificazioni occupazionali, visto
che sono impiegati poco più di 60 addetti contro i 400 degli anni ’60. Essi verranno rioccupati nella bonifica del sito. Le disastrose conseguenze dell’attività produttiva dell’impianto sono purtroppo note da tempo. Nel pregiato contesto paesaggistico e naturalistico del lago, il cementificio è ora più che mai incompatibile, anche con gli sbandierati obiettivi turistici Comuni locali".