DOPO 60 ANNI COME FAREMO SENZA QUEL CAFFE'?

DOPO 60 ANNI COME FAREMO SENZA QUEL CAFFE'?
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CALVISANO - In un piccolo paese un’attività che chiude è un po’ come la perdita di un vecchio amico, una persona su cui si è sempre potuto contare. Deve sentirsi in questo modo la comunità di Calvisano alla notizia della chiusura definitiva del «Bar della Sporta» di  Giuseppe Binosi, che il 26 dicembre è stato dietro il bancone a mezzaluna per l’ultima volta.

In tantissimi hanno manifestato commozione e dispiacere per la perdita di una vera e propria istituzione in paese che era arrivata alla venerabile età di 50 anni. Quando Giuseppe l’ha rilevato nel 1995 infatti il «Bar della sporta» aveva già un’esperienza trentennale portata avanti da due gestioni differenti. Terza e ultima quella di Giuseppe che per 21 anni si è dedicato anima e corpo al bar fino alla recente decisione di ritirarsi e godersi la meritata pensione. «Io sono originario di Acquafredda – racconta l’ex proprietario – ma quando avevo due anni i miei genitori si trasferirono a Calvisano e iniziarono a lavorare come lattai. Abitavo proprio nelle vicinanze del bar della Sporta e ci andavo molto spesso, ma certo non potevo sapere che un giorno ne sarei stato il proprietario. Provo molto affetto per il locale, per i clienti affezionati che mi stanno manifestando il loro affetto in questi giorni e per questo lavoro, che ho fatto sempre volentieri. Tuttavia ci sono tante cose a cui voglio dedicarmi finché posso permettermelo: innanzitutto la mia famiglia, la mia casa, mia mamma 93enne, ma anche alcuni hobby come la fotografia, il giardinaggio e i miei numerosi animali».

Giuseppe da ragazzo, appena terminati gli studi, ha appreso il mestiere di tranciatore di pellame a Mezzane di Calvisano, per poi trovare lavoro in una fabbrica di calzature in paese, per la quale ha lavorato ben 23 anni. Dopodichè, già abituato a rapportarsi con la clientela avendo aiutato i genitori nella gestione di un piccolo negozio, ha preso l’occasione al volo e ha iniziato a gestire il noto bar del centro. «In questi anni ne sono cambiate di cose- ci confida- non ci sono più le grandi compagnie di una volta e il lavoro è davvero molto diminuito forse anche perché c’è molta più concorrenza».

La Sporta è sempre stato uno di quei posti dove sentirsi a casa anche fuori casa, forse proprio questa è stata la sua vera forza fino ad ora. Gli arredamenti in legno, le sedie blu, i tavolini rossi hanno fatto storia e non saranno dimenticati troppo in fretta. Negli ultimi tempi, soprattutto il giorno di mercato (che si svolge proprio nella piazzetta vicina) ad aiutare «Beppe», soprannome con cui è conosciuto in paese, c’erano la figlia Gloria Binosi e la compagna Maria Nechita, che lunedì si sono ritrovate insieme dietro al bancone per l’ultima volta. «Avevo un contratto d’affitto quindi ho dovuto togliere tutto e riconsegnare lo stabile così com’era ma non mi dispiacerebbe se qualcuno decidesse di portare avanti la tradizione. - Ha ipotizzato - Avrebbe già le insegne e tutto il materiale e perché no, darei volentieri una mano».

Per il momento il proprietario dello stabile non sembra avere intenzione di affittarlo nuovamente ma sono in molti a sperare che il bar della Sporta torni a vivere presto e soprattutto a far rivivere una delle zone più frequentate del centro storico. In pochi sanno che la «sporta» era in gergo una piccola borsa con cui le donne arrivavano dalle cascine al mercato per vendere pulcini, ochette o coniglietti. Una volta svuotata e raccolti i soldi necessari la sporta veniva lasciata in un angolo del bar mentre la massaia svolgeva le sue compere. Un prezioso stralcio di storia locale racchiuso tra le mura ora spoglie. 


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